Sì, quando è necessario gli agenti di sicurezza devono sparare

Il terrorista ha aggredito a freddo per uccidere e in questi casi gli agenti devono prendere decisioni vitali in una frazione di secondo per sventare la perdita di vite innocenti

Editoriale del Jerusalem Post, documentazione di PMW

L’incidente di sabato in cui due agenti della polizia di frontiera israeliana hanno sparato e ucciso un terrorista che giaceva a terra ha suscitato un putiferio. Il filmato dell’attentato alla Porta di Damasco di Gerusalemme, diffuso dalla polizia, mostra l’accoltellamento da parte del terrorista e la risposta della polizia. Nel video, diventato virale, si vede uno degli agenti che spara una seconda volta al terrorista mentre questi si muove a terra.

Mettiamo bene in chiaro i fatti. E’ il terrorista, il 25enne Mohammed Shawkat Salima, che è uscito sabato con il preciso intento di compiere un attentato. I due agenti della polizia israeliana non hanno iniziato il loro turno con l’intenzione di uccidere, e hanno fatto esattamente quello che sono stati addestrati a fare: agire in modo estremamente rapido per prevenire la perdita di vite umane innocenti. La vittima non è il terrorista morto, uno che era già stato arrestato in passato per istigazione e che si era vantato sui social network della sua intenzione di diventare uno shahid (martire). Shawkat Salima ha pugnalato al collo Avraham Elimelich, ebreo di 21 anni, e ha poi cercato di aggredire le forze di sicurezza, che hanno reagito.

Alcuni hanno criticato la risposta degli agenti di polizia paragonandola scorrettamente all’incidente che vide protagonista il soldato Elor Azaria a Hebron nel 2016. Sbagliano. Azaria sparò al terrorista, già reso inoffensivo, undici minuti dopo che era stato neutralizzato (e per questo venne condannato da un tribunale israeliano ndr). Sabato scorso, gli agenti della polizia di frontiera hanno sparato al terrorista una seconda volta pochissimi secondi dopo l’inizio dello scontro, e quando il terrorista non era immobile o neutralizzato.

Vale la pena ricordare gli attacchi mortali all’arma bianca che avvennero nel quartiere Baka di Gerusalemme nel 1990. In quel caso, un terrorista palestinese si scatenò a colpi di baionetta uccidendo tre persone. L’agente di polizia fuori servizio Charley Chelouche gli sparò alle gambe ma il terrorista, non completamente neutralizzato, riuscì a rialzarsi e uccise Chelouche. Quel caso è diventato emblematico di ciò che può accadere quando le forze di sicurezza non intervengono con la massima determinazione, anche a costo di uccidere.

Va inoltre sottolineato che in questo tipo di situazioni gli agenti di polizia, i soldati e i civili muniti di armi devono prendere in una frazione di secondo decisioni letteralmente di vita o di morte: impedire a un aggressore di compiere ulteriori attacchi cercando di neutralizzare l’attaccante senza ucciderlo, con il rischio che sia ancora armato e pericoloso e che possa anche indossare una cintura esplosiva.

Avraham Elimelich, il giovane vittima dell’attentato all’arma bianca sabato a Gerusalemme

Alcune delle reazioni all’intervento degli agenti di polizia di sabato sono state semplicemente scandalose. Il ministro della cooperazione regionale Issawi Frej, membro della coalizione di governo col partito Meretz, ha twittato che l’uccisione del terrorista è stato un “atto di indifferenza verso la vita umana” che “deve essere indagato”. I parlamentari della Lista (araba) Congiunta Aida Touma-Sliman e Ofer Cassif hanno accusato gli agenti d’aver compiuto una “esecuzione”, che Touma-Sliman ha definito un “crimine orribile e terribile” mentre Cassif si è spinto al punto di etichettarlo come “un palese crimine di guerra”. Tutto questo nel tentativo di trasformare il terrorista nella vittima. Ma Shawkat Salima non era un passante innocente improvvisamente abbattuto dalle forze di sicurezza. Tutto il contrario. Aveva accoltellato Elimelich, un vero innocente che attraversava la strada e il cui unico “crimine” era quello di essere ebreo.

Il primo ministro Naftali Bennett ha elogiato gli agenti dicendo che hanno agito “rapidamente e con determinazione”, che è esattamente ciò che “ci si aspetta da loro”. Anche il ministro della pubblica sicurezza Omer Bar Lev, un ex comandante dell’unità d’élite Sayeret Matkal delle Forze di Difesa israeliane, ha difeso gli agenti sottolineando che in pochi secondi hanno dovuto valutare la situazione e il grado di pericolo e decidere una linea d’azione. “In caso di dubbio, non c’è spazio per i dubbi” ha twittato Bar Lev, ricordando che gli agenti non potevano essere sicuri che il terrorista non stesse per innescare un giubbotto esplosivo.

Ovviamente qualunque possibile azione impropria deve essere indagata. Dopo ogni incidente, le forze di sicurezza competenti effettuano le dovute verifiche operative su come è stata gestita la cosa e sulle lezioni che se ne devono trarre. Ma questo non significa trasformare la polizia o i soldati nei cattivi della vicenda. Di recente a Gerusalemme si è verificata un’ondata di attacchi di cosiddetti “lupi solitari”, tra cui l’attentato fatale in cui è stato assassinato Eli Kay nella Città Vecchia il mese scorso. La popolazione fa affidamento sulle forze di sicurezza che svolgono il loro lavoro per proteggerci tutti. Esse meritano il nostro supporto e sostegno. Se polizia e soldati dovessero essere intimoriti al punto di non agire per paura di essere criminalizzati, nessuno sarà più al sicuro.

(Da: Jerusalem Post, 6.12.21)

 

Di fronte a un terrorista che cerca di uccidere civili innocenti, gli agenti di sicurezza e persino i civili sono legalmente autorizzati a usare tutta la forza ragionevole per neutralizzare l’aggressore. Ciò include l’eventuale uccisione del terrorista per prevenire il pericolo che rappresenta per la vita e l’incolumità di tutti. C’è sempre anche il rischio che il terrorista sia armato di esplosivo (cintura suicida, bomba a mano, ordigni vari ecc.) ed è quindi accettata la procedura antiterrorismo che richiede agli agenti di sicurezza di usare le armi da fuoco finché il terrorista non sia chiaramente impossibilitato a nuocere ulteriormente. In questo senso, l’intervento degli agenti di polizia israeliani di sabato scorso a Gerusalemme è stato identico a quello delle forze dell’ordine di tutto il mondo.

Ma la dirigenza dell’Autorità Palestinese, ignorando totalmente il fatto che l’intero evento è stato scatenato dal terrorista che ha aggredito e accoltellato un israeliano innocente, si è prodotta in una serie di condanne a tutto campo contro Israele inventandosi regole di ingaggio che non esistono e sostenendo che l'”esecuzione” del terrorista è un esempio della presunta politica israeliana di sparare arbitrariamente a palestinesi innocenti.

Il tweet di Hanan Ashrawi (clicca per ingramdire)

L’ufficio del presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen ha dichiarato: “L’esecuzione di Muhammad Shawkat Salima è la continuazione di omicidi quotidiani che non possono essere ignorati in silenzio”. Anche il primo ministro dell’Autorità Palestinese, Muhammad Shtayyeh, ha fatto riferimento all’“esecuzione” del terrorista dicendo che “i soldati assassini dell’occupazione commettono i loro crimini in diretta tv” ed ha esortato la Corte Penale Internazionale ad “aggiungere questo crimine alla causa contro gli efferati crimini israeliani”. Mahmoud Al-Habbash, giudice supremo della shari’a e consigliere di Abu Mazen per gli affari religiosi, ha condannato le “esecuzioni da parte dei soldati dell’occupazione”, definendo l’uccisione del terrorista “il comportamento di bande criminali”. Il Ministero degli Esteri dell’Autorità Palestinese ha definito la reazione della polizia israeliana all’attentato terroristico “un’ulteriore prova delle istruzioni date ai soldati e alla polizia di occupazione dalla dirigenza e dal livello politico dello stato d’occupazione, che consentono loro di uccidere e giustiziare qualsiasi palestinese a loro discrezione e senza essere in pericolo”, il che “riflette una mentalità d’occupazione razzista che tratta i palestinesi come bersagli da addestramento e da tiro a segno”. Osama Al-Qawasmi, membro del Consiglio rivoluzionario di Fatah e portavoce ufficiale di Fatah, ha dichiarato: “L’esecuzione del giovane Muhammad Salima nella Gerusalemme occupata è un efferato crimine di guerra che esprime l’essenza di Israele, la sua mentalità aggressiva ed estremista e le istruzioni date ai soldati dai vertici politici secondo cui devono sempre sparare e uccidere. Il sangue dei martiri continuerà ad illuminare il nostro cammino verso la libertà e l’indipendenza”. Tutte queste dichiarazioni sono riportate dal quotidiano ufficiale dell’Autorità Palestinese Al-Hayat Al-Jadida in un articolo del 5 dicembre 2021 sotto il titolo: “Esecuzione a Gerusalemme da parte dell’occupazione del giovane Muhammad Salima. Bennett e Lapid sostengono il crimine dei militari”.

Subito dopo l’attentato la nota esponente palestinese Hanan Ashrawi ha twittato che la polizia israeliana aveva “giustiziato un giovane ferito” commettendo un “assassinio a sangue freddo” (sic), mentre l’attivista Mohammed El-Kurd postava il video fatto circolare dalle fonti palestinesi, tagliato sui pochi secondi finali dell’incidente, e scriveva: “Le forze di occupazione israeliane sparano a un giovane palestinese vicino alla porta di Damasco nella Gerusalemme occupata”, senza fare alcun riferimento al fatto che il giovane aveva appena cercato di accoltellare un passante ebreo e due agenti di sicurezza. El-Kurd non è un qualunque propagandista anti-israeliano: su Twitter ha più di 240.000 follower e le sue menzogne sull’uccisione del terrorista Salima sono state ritwittate da 4.700 persone e apprezzate da oltre 6.000. Pochi giorni fa, il propagandista El-Kurd è stato anche invitato a intervenire all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite in occasione dell’anniversario del piano di spartizione del 1947, offrendogli un palco internazionale da dove diffondere le sue affermazioni diffamatorie.

(Da: palwatch.org, israele.net, 6.12.21)