“Signor Guterres, cosa intende fare per affrontare la sfida di Gaza?”

Sul versante israeliano, resilienza dei cittadini e difese militari garantiscono calma e sviluppo. Ma l’Onu deve trovare il modo di indirizzare verso la pace, e non le armi, i miliardi che getta nel pozzo senza fondo palestinese

Di Gadi Yarkoni

Vivo vicino alla striscia di Gaza e so che quei miei vicini sono disoccupati, oppressi, senza elettricità e acqua e che necessitano di enormi aiuti. Ma non bisogna per forza fare un’altra guerra contro Hamas perché a Gaza possano aver luogo cambiamenti e sviluppo.

Al Segretario Generale dell’Onu Antonio Guterres, che in questi giorni visita la striscia di Gaza, spetta un compito importante: esercitare forti pressioni sul potere che controlla Gaza, cioè Hamas, affinché investa a favore degli abitanti anziché spendere soldi e risorse nell’accumulo di armi e munizioni e in altri tragici round di combattimenti.

Invece di stare qui a domandarci quando arriverà la prossima guerra con Hamas, vorremmo poterci occupare di quali sono le strutture necessarie per accogliere nuove famiglie nella nostra comunità locale.

Volgendo lo sguardo a tre anni fa, l’ultima guerra di Gaza dell’estate 2014 è stata il fattore che ha sparigliato le cose, per la regione d’Israele ai confini con Gaza, interrompendo 13 anni consecutivi di lanci di razzi contro di noi. Da allora abbiamo conosciuto un livello di calma come non vedevamo da quando Hamas aveva lanciato il primo dei circa 18.000 razzi e proiettili di mortai sparati su di noi a partire dal 2001.

Ne vediamo ogni giorno i risultati e gli effetti. La popolazione della regione di Eshkol, al confine con Gaza, è cresciuta a livelli record. Nelle nostre comunità praticamente non ci sono case libere, anche adiacenti alla recinzione di confine. Le comunità sono indaffarate ad ampliare le loro infrastrutture in vista di ulteriore crescita e sviluppo. Abbiamo aumentato gli scuolabus e stiamo pianificando la costruzione di nuove scuole materne ed elementari.

Gadi Yarkoni, del kibbutz Nirim, nell’agosto 2014 perse le gambe in un attacco di mortaio palestinese in cui morirono i suoi compagni Ze’ev Etzion e Shahar Melamed mentre riparavano una linea elettrica danneggiata da un attacco precedente. Un anno dopo Yarkoni è stato eletto a capo della municipalità di Eshkol

Il motore della crescita delle comunità israeliane attorno alla striscia di Gaza è dato innanzitutto dalla resilienza collettiva dei residenti. Persone che amano la gente e la terra, che vivono qui perché prediligono una vita di comunità, dedicandosi a lavorare la terra e crescere ed educare i propri figli.

D’altra parte, anche la difesa è presente alla grande nelle comunità israeliane tutt’attorno alla striscia di Gaza, a cominciare dal progetto “barriera”: un’impresa massiccia e molto costosa che ha lo scopo di proteggere i nostri civili dai terroristi di Hamas, i quali ci annunciano apertamente e sfacciatamente che scavano gallerie sotto la linea di confine per compiere aggressioni e sequestri a nostro danno. Da parte nostra, continuiamo a rafforzare e migliorare le nostre difese sapendo benissimo che Hamas a Gaza non sta con le mani in mano e continua a sviluppare il suo arsenale.

Questa è la sfida che vedo per Guterres. E’ tempo di adoperarsi sul serio per imprimere un cambiamento a questa realtà affinché non si debba continuare a investire le nostre risorse in sistemi di difesa sempre più onerosi, in una corsa infinita alle armi il cui prodotto finale è solo quello di dare a vita ad altre generazioni di bambini pieni di paura e di rancore.

I palestinesi di Fatah e Hamas, con le loro limitate risorse e la loro inettitudine, non sono capaci di mettere ordine nemmeno fra loro. Noi israeliani saremmo felicissimi di vedere una striscia di Gaza riabilitata e in pieno sviluppo, come avviene dalla nostra parte del confine. Vorremmo poter vivere come buoni vicini.

Personalmente sono soltanto a capo di un Consiglio locale. Antonio Guterres è a capo di un organismo mondiale che conta quasi duecento paesi, e so per certo che fra i funzionari di quell’ente vi sono persone di talento e buona volontà. Vorrei sentire da lui come intende affrontare questa sfida e come agirà per cambiare le norme che governano i miliardi di dollari che la sua organizzazione getta in continuazione nel pozzo senza fondo palestinese. L’ente mondiale deve trovare il modo di responsabilizzare i palestinesi e riportare Gaza su un cammino produttivo e di sviluppo, che non consista nel minacciarci costantemente di guerra.

Sappiamo bene che avremo stabilità nella regione solo quando gli abitanti di Gaza potranno avere un’esistenza pacifica e una migliore qualità di vita. Il Segretario dell’Onu saprà costringere i capi palestinesi a permettere questo sviluppo?

(Da: Jerusalem Post, 28.8.17)