Siria, Iran e la Bomba nordcoreana

Le ricadute in Medio Oriente dell’ultimo test nucleare di Pyongyang.

Di Uzi Even

image_3662La Corea del Nord ha fatto esplodere il suo terzo ordigno nucleare, dopo i primi due del 2006 e 2009. L’esplosione di questa settimana indica lenti ma costanti progressi in questo campo da parte del paese più povero ed emarginato del pianeta.
Il primo test fu un clamoroso fallimento (l’esplosione produsse una forza di un kilotone, quando un’esplosione “normale” sprigiona una forza di 20 kilotoni), a mio parere a causa della bassa qualità del plutonio arricchito nel suo impianto nucleare, ed anche della piccola quantità usata (solo due chilogrammi, rispetto ai quattro chili normalmente necessari). Già il secondo test indicò un progresso nel progetto della testata, ma la forza esplosiva prodotta era ancora di basso livello (due kilotoni). L’esplosione di questa settimana ha sprigionato una “rispettabile” forza di sei kilotoni. Nel loro annuncio, i nordcoreani si sono anche vantati d’essere riusciti a “miniaturizzare” la bomba che hanno testato, rendendo possibile il suo assemblaggio su un missile balistico, a sua volta già in fase di sviluppo.
Questo costante progresso è stato ottenuto mentre il resto del paese versa in gravissime ristrettezze economiche (sull’orlo della morte per fame), nell’isolamento internazionale e sotto severe sanzioni economiche. Anche il suo unico amico, la Cina, ha condannato questa corsa agli armamenti, sebbene non si sia unita agli altri paesi nell’imporre sanzioni. Finché la Cina si astiene dal brandire la sua influenza, non credo che vi saranno reali possibilità che la Corea del Nord modifichi la sua bellicosa posizione. Secondo i cinesi, aderire alle sanzioni destabilizzerebbe il regime di Pyongyang al punto che potrebbe crollare, permettendo successivamente all’intera penisola coreana di unificarsi sotto l’egida della Corea del Sud, che è alleata dell’occidente. La risposta della neo eletta dirigenza cinese sarà cruciale riguardo a come si svolgeranno le cose.
Cosa ha a che fare tutto questo con Israele? La tecnologia nucleare sviluppata dalla Corea del Nord è stata trasferita alla Siria, che l’ha usata per costruire un impianto nucleare per la produzione di plutonio (il cui reattore è stato completamente distrutto alcuni anni fa ad opera di forze anonime). Corea del Nord, Siria e Iran cooperano strettamente nello scambio di tecnologia missilistica e nucleare. Tale cooperazione, specialmente in fatto di commerci e traffici di materiali strategici e componentistica essenziale per la loro corsa agli armamenti, si proietta sulle capacità di ciascun paese.
Ho l’impressione che gli sforzi della comunità internazionale per sventare questa corsa agli armamenti vengano attualmente messi alla prova, e che i risultati di questo test incideranno direttamente sul comportamento dei nostri nemici. Se l’Iran giungerà alla conclusione che le sanzioni impostegli sono inefficaci (e lo sono, finché può continuare a fare affari con Cina, Russia e Turchia), non esiterà a persistere nel suo chiaro obiettivo di sviluppare armi nucleari trasportabili. A mio parere, l’Iran ha già sufficiente materiale fissile, know-how tecnologico e attrezzature per condurre un test nucleare. L’unica cosa che lo frena è la preoccupazione per una dura reazione internazionale. Aspettano e fanno i loro conti.
Cosa può fare Israele? A mio avviso molto poco, al di là di quello che ha già fatto finora con successo: dare l’allarme, agire sotto copertura e reclutare sostegno internazionale. La verità è che la preparazione rispetto allo scenario da incubo ha già avuto inizio molti anni fa e non siamo indifesi di fronte a questa minaccia. Non è l’ideale, ma così è la vita. Questo genere di gare non possono essere fermate con un singolo raid aereo, per quanto efficace possa essere. Non si può bombardare la conoscenza acquisita.

(Da: Israel HaYom, 13.2.13)

Nell’immagine in alto: Uzi Even, autore di questo articolo