Siria: offerte di pace o trucchi ostili?

Esiste veramente unoccasione di negoziato da non perdere?

Alcuni commenti dalla stampa israeliana

image_1517Scrive Ha’aretz: Il primo ministro israeliano Ehud Olmert ha respinto la proposta del presidente siriano Bashar Assade e del ministro degli esteri Walid Mualem di riprendere i colloqui di pace fra i due paesi. Il relativo ammorbidimento che si percepisce nell’atteggiamento siriano, con la disponibilità ad imbarcarsi in negoziati senza precondizioni, non sembra aver influenzato la posizione di Olmert. Né sembra averla influenzata il momento scelto da Damasco per il suo appello, diretto ai mass-media occidentali proprio quando in Iran si teneva un convegno sulla negazione della Shoà. Assad segnalava di non voler condividere l’appello del suo alleato, il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, per la distruzione di Israele. Attenersi a una posizione di rifiuto non aiuterà Israele in alcun modo. Israele non riceverà maggior sostegno internazionale a fronte della minaccia iraniana di distruggerlo, e non potrà fare affidamento sull’appoggio da parte del resto del mondo nel caso scoppi la guerra con la Siria. Una guerra che, in questo caso, verrà vista come una guerra non necessaria per le alture del Golan, una guerra che si sarebbe potuto evitare. Per questo è importante tentare tutti i possibili sforzi diplomatici con la Siria anziché aspettare che scoppi un’altra guerra.

Scrive il Jerusalem Post: Il primo israeliano – è appena il caso di sottolinearlo – deve rispondere e risponderebbe con sollecitudine qualora il presidente siriano segnalasse pubblicamente un drammatico mutamento di atteggiamento e dichiarasse la propria disponibilità ad incontrarlo al più presto, a Gerusalemme o a Damasco. Ma cosa dire se, invece, ciò che vuole in realtà la Siria è parlare con Israele, a un livello politico basso e non vincolante, pur continuando ad ospitare Hamas e altri terroristi votati alla distruzione di Israele e a fornire armi a Hezbollah, che ha lo stesso obiettivo? Cosa dire se la Siria non mostra alcuna intenzione di smetterla con le sue aggressioni, per non dire di fare una vera pace, mentre cerca soltanto di ritardare le incombenti sanzioni Onu dovute alla sua sanguinosa campagna contro i leader libanesi anti-siriani come Rafik Hariri e Pierre Gemayel? La risposta d’Israele deve essere la stessa che data ai palestinesi: noi non negoziamo con la pistola puntata alla tempia. Se volete la pace, smettetela di fare la guerra. È vero che bisogna stare molto attenti a non perdere nessuna occasione di negoziare la pace. Ma se Assad non è disposto a smettere nemmeno per un momento di istigare il terrorismo contro di noi, che motivo abbiamo di credere che stia veramente offrendo un’apertura di pace? Quale sarebbe l’occasione che staremmo perdendo? Non ha senso sedere al “tavolo della pace” quando l’altra parte si presenta con le pistole puntate.

(Da: Ha’aretz, Jerusalem Post, 18.12.06)

Nella foto in alto: i leader di gruppi terroristici palestinesi a Damasco durante la conferenza stampa con cui sabato scorso hanno condannato l’appello per elezioni anticipate fatto dal presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen). Da sinistra: Maher al-Taher, membro del politburo del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP); Farouk Kaddoumi, capo del dipartimento politico dell’Olp (contrario agli accordi di Olso); Khaled Meshaal, capo di Hamas all’estero; Ramadan Shallah, capo della Jihad Islamica Palestinese; Ahmed Jibril, capo del Fronte Popolare-Comando Generale (FPLP-CG).