Sommersa di contumelie la top model palestinese che ha osato condannare l’attentato a Tel Aviv
A dispetto della riluttante presa di distanze di Abu Mazen, non solo Hamas ma anche Fatah inneggia all'ondata di terrorismo e celebra gli attentatori
La top model americana-palestinese Gigi Hadid, celebre per le sue prese di posizione anti-israeliane, è stata subissata di critiche e accuse da utenti dei social network dopo che sabato scorso ha pubblicato una “storia” su Instagram in cui denunciava l’attentato terroristico che ha causato la morte di tre civili israeliani in Via Dizengoff a Tel Aviv.
“Vorrei dire che il terrorismo va contro il vero messaggio del Movimento per la Palestina Libera – ha scritto Hadid nel suo post – Quello che è successo a Tel Aviv è una tragedia ed è frustrante per i palestinesi che vogliono pace e giustizia per tutti indipendentemente da religione, razza o politica. Gli israeliani innocenti non meritano di morire”.
Tanto è bastato perché Hadid, benché nota per le sue prese di posizione anti-israeliane, venisse immediatamente attaccata su Twitter. Un utente l’ha definita una “apologeta sionista”. Un altro ha twittato: “Qualcuno dovrebbe dirle che combattere sotto occupazione è legale secondo il diritto internazionale, quindi ciò che i palestinesi hanno fatto è legale al 200%”. (I sostenitori del terrorismo palestinese sostengono che l’uccisione a sangue freddo di cittadini innocenti sarebbe un “diritto” riconosciuto dal Diritto internazionale in base alla Risoluzione dell’Assemblea Generale dell’Onu 37/43 del 3 dicembre 1982 che all’art. 2 afferma la legittimità dei popoli di lottare contro dominazione coloniale e occupazione straniera “con tutti i mezzi disponibili, compresa la lotta armata”. In realtà il terrorismo è condannato e combattuto dal diritto internazionale.)
Un altro utente di Twitter ha scritto che la top model è “così dannatamente stupida da chiamare apertamente ‘terrorismo’ la resistenza palestinese”. Un tweet con quasi 200 like accusa Hadid di “diffamare i combattenti per la libertà palestinesi”.
(Da: Jerusalem Post, israele.net, 11.4.22)
Queste reazioni non stupiscono. Mentre la società israeliana è scossa da una serie di attentati terroristici – alcuni sanguinosamente riusciti, molti altri sventati appena in tempo – mass-media e social network palestinesi sono colmi di compiaciute celebrazioni e istigazioni alla violenza sia da parte di palestinesi comuni, sia di portavoce ed esponenti di Hamas, Jihad Islamica Palestinese ed anche di Fatah, a dispetto delle tiepide condanne di (due) attentati pronunciate dal presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen.
In molti casi, gli utenti palestinesi hanno postato immagini estremamente crude degli attentati accompagnate da musica tradizionale e frasi celebrative e minacciose. “Dopo le operazioni di Tel Aviv, dico a questo mese di Ramadan: oh Ramadan, ci hai resi felici”, ha scritto su Twitter Fayez Abu Shemala, editorialista regolare della testata di Hamas Falastin.
(Da: Times of Israel, 11.4.22)
Come nel caso degli altri recenti attacchi terroristici in Israele, anche Fatah, il movimento che fa capo ad Abu Mazen, ha accolto con entusiasmo l’attentato di Tel Aviv descrivendolo come una “operazione eroica” e celebrandone l’attentatore. Ad esempio, in un post su Facebook (che è stato rimosso alcune ore dopo), la filiale locale del movimento Fatah a Jenin esaltava “il martire che ha compiuto l’eroica operazione a Tel Aviv” affermando che era un membro di Fatah. Il post prometteva che il movimento Fatah e il suo ramo militare, le Brigate Martiri di al-Aqsa, avrebbero seguito le sue orme.
(Da: memri.org, 8.4.22)
In un’intervista del 23 marzo 2022 sulla tv libanese Mayadeen, il politico palestinese Jamal Al-Huwail, membro del Consiglio rivoluzionario di Fatah, ha elogiato l’attentato del giorno precedente a Beersheba in cui un terrorista arabo aveva assassinato a coltellate quattro civili israeliani. Al-Huwail ha affermato che il fatto che l’attentato avesse avuto luogo entro i confini di Israele del 1948, nel “cuore stesso di questa occupazione criminale sionista”, è significativo perché dimostra che “nella coscienza del popolo palestinese la Palestina si estende dal fiume Giordano al Mar Mediterraneo” nonostante “l’occupazione che dura da più di 70 anni” (cioè dalla nascita dello stato d’Israele).
(Da: memri.org, 23.3.22)