Sondaggio: la maggior parte degli israeliani disposta a seri sacrifici pur di accogliere i nuovi immigrati

L’Organizzazione Sionistica ha creato una task force col compito di eliminare le troppe barriere burocratiche

Festeggiamenti di benvenuto all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv per un gruppo di 220 immigrati dal Canada

Festeggiamenti di benvenuto all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv per un gruppo di 220 immigrati dal Canada

Alla luce dell’allarmante ondata di antisemitismo che ha investito l’Europa, la maggioranza degli israeliani approva l’idea di offrire ai nuovi immigrati maggiori benefici economici e occupazionali anche a scapito degli stessi israeliani già residenti. E’ quanto emerge da un sondaggio commissionato al Sampling Consultation and Research Center, i cui risultati sono stati illustrati lunedì ai ministri israeliani da Yaakov Hagoel, vice presidente dell’Organizzazione Sionistica Mondiale.

“A causa della crescente preoccupazione per la sicurezza degli ebrei d’Europa – ha spiegato Hagoel – abbiamo istituito una commissione con il compito di affrontare gli ostacoli all’immigrazione in Israele, e abbiamo chiesto di verificare quale fosse la posizione dell’opinione pubblica israeliana in questo senso”.

L’indagine rivela che circa due terzi dei cittadini israeliani sono preoccupati per la sicurezza degli ebrei che vivono nella Diaspora. Il 39% degli intervistati ritiene che gli ebrei europei dovrebbero sottrarsi al crescente antisemitismo in Europa immigrando nello stato nazionale ebraico. Allo stesso tempo, il 46% degli israeliani riconosce che molti ebrei europei non prenderebbero tale decisione a causa di ostacoli sociali ed economici.

Immigrati dall’Etiopia nel Centro d’assorbimento Mevasseret Zion (pos a ovest di Gerusalemme)

Immigrati dall’Etiopia nel Centro d’assorbimento Mevasseret Zion (poco a ovest di Gerusalemme)

In questo contesto, il dato sicuramente più significativo è la percentuale di israeliani che si dicono favorevoli a concedere vantaggi speciali ai nuovi immigrati. Ben l’83% degli intervistati nel sondaggio ha espresso la convinzione che lo stato di Israele dovrebbe intraprendere azioni più incisive nel mercato del lavoro con l’obiettivo di riconoscere benefici speciali ai nuovi immigrati. Il 53% degli israeliani intervistati suggerisce che Israele garantisca agevolazioni finanziarie ai datori di lavoro che assumono nuovi immigrati. Il 30% raccomanda di richiedere a enti pubblici e grandi imprese private di riservare una quota di posizioni lavorative per i nuovi immigrati, pur sapendo che tale politica potrebbe andare a scapito della locale forza lavoro israeliana. “Sono dati inaspettati che hanno sorpreso noi per primi – ha commentato Hagoel – Nonostante la difficile situazione economica, in Israele gli ebrei di qualunque parte del mondo sono considerati fratelli benaccetti”.

Hagoel intende chiedere ai ministri del governo israeliano di adoperarsi per ridurre ed eliminare i troppi impedimenti che i nuovi immigrati spesso incontrano, soprattutto in campo occupazionale. Molti dei nuovi immigrati che arrivano in Israele sono professionisti qualificati, con una ricca esperienza alle spalle potenzialmente preziosa per il paese, ma si imbattono in vari ostacoli burocratici. Spesso trovano difficoltà ad essere riconosciuti e valorizzati nel loro specifico campo professionale. Ad esempio può accadere che non vengano automaticamente riconosciuti in Israele i titoli di studio e qualificazione di professionisti come avvocati e medici con attestati conseguiti all’estero, costringendo gli interessati a passare attraverso un contorto iter per ottenere la piena certificazione in Israele. Di qui la necessità, sostenuta da Hagoel, di costituire un unico gruppo di lavoro all’interno dell’Organizzazione Sionistica Mondiale incaricato di individuare ed eliminare le inutili barriere sperimentate dai nuovi immigrati in fase di inserimento.

“Gli israeliani sono pronti a fare tutto il possibile per garantire un posto di lavoro adeguato ai fratelli che si sentono in pericolo all’estero – conclude Hagoel – e non c’è occasione più adatta della Giornata Internazionale della Memoria per sollevare questo importante problema di fronte alle autorità”.

(Da: YnetNews, 25.1.16)