Sondaggio: sarà sfida testa a testa, alle elezioni israeliane del 9 aprile

In vantaggio la nuova lista di Gantz-Lapid, mentre scoppia la polemica sull’accordo fra Netanyahu e l’estrema destra erede di Meir Kahane

Da sinistra: Moshe Ya’alon, Benny Gantz, Yair Lapid e Gabi Ashkenazi: i quattro capi-lista di “Blu e Bianco”

La nuova lista “Blu e Bianco”, formata dal partito Resilienza d’Israele di Benny Gantz e da Yesh Atid (C’è un futuro) di Yair Lapid, risulta attualmente in testa nella serrata competizione elettorale con il Likud del primo ministro Benjamin Netanyahu, stando al primo sondaggio realizzato da quando è stata chiusa la presentazione delle liste per le elezioni politiche del prossimo 9 aprile. Il sondaggio, condotto su un campione rappresentativo dell’elettorato israeliano da Mina Tzemach e Mano Geva, dell’istituto di ricerca Migdam, in collaborazione con la società di sondaggi on-line iPanel, mostra Blu&Bianco in vantaggio di sei seggi sul Likud.

Alla domanda “Se si tenessero le elezioni oggi, per quale lista voteresti?”, gli intervistati hanno assegnato 35 seggi (su 120) a Blu&Bianco, 29 seggi al Likud, 9 ad ‘Avoda (laburisti, non più insieme a HaTnuah in Unione Sionista), e 7 ciascuno alla lista ultra-ortodossa askenazita Ebraismo Unito della Tora e alla lista araba Hadash-Ta’al. Il partito HaYamin HaHadash (La nuova destra), fondata dai ministri Naftali Bennett e Ayelet Shaked usciti da Bayit HaYehudi (Casa ebraica), si assicurerebbe 6 seggi, mentre gli ultra ortodossi sefarditi di Shas ne otterrebbero 5. Se ne aggiudicherebbe 5 anche la nuova lista “Unione dei partiti dell’ala destra”, creata dall’unione di Bayit HaYehudi e Otzma Yehudit (Forza ebraica), così come il partito arabo Balad, mentre Kulanu (di Moshe Kahlon), Yisrael Beiteinu (di Avigdor Lieberman,) e il Meretz (sinistra sionista pacifista) ne prenderebbero 4 ciascuno.

In termini di blocchi elettorali (indicativi delle possibili coalizioni per arrivare alla maggioranza di 61 seggi su 120), il sondaggio vede alla pari, con 48 seggi ciascuno, il blocco di destra e quello di centro-sinistra, mentre i partiti ultra-ortodossi e quelli arabi ne hanno 12 ciascuno.

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L’accordo Blu&Bianco raggiunto fra il partito Resilienza d’Israele, fondato dall’ex capo di stato maggiore Benny Gantz, e Yesh Atid prevede, in caso di successo, un avvicendamento in base al quale per i primi due anni Gantz ricoprirebbe la carica di primo ministro e Lapid quella di ministro degli esteri, per poi scambiarsi le posizioni. La lista congiunta Blu&Bianco ha reclutato anche altri due ex capi di stato maggiore: Moshe Ya’alon e Gabi Ashkenazi.

I patititi arabi Hadash (di Ayman Odeh) e Ta’al (di Ahmad Tibi) sono riusciti a formare all’ultimo minuto una lista unita, mentre un’altra lista araba era già stata formata dai partiti Ra’am e Balad. Nelle scorse elezioni del 2015 i partiti arabi si erano presentati insieme nella Lista Araba Congiunta.

La nuova “Unione dei partiti dell’ala destra” è un’alleanza, definita “tecnica” (destinata a sciogliersi subito dopo le elezioni, una volta ottenuto il quorum), che Benjamin Netanyahu ha promosso fra il partito Bayit HaYehudi (abbandonato da Bennet e Shaked), il partito Tkuma e il partito Otzma Yehudit, contestatissima formazione che descrive se stessa come erede ideologica del Kach di Meir Kahane: un partito che, dopo aver ottenuto un solo parlamentare nel 1984 (ostracizzato da tutti gli altri durante le sedute della Knesset), dal 1988 è stato bandito dalle elezioni israeliane per “razzismo” anti-arabo. La scelta di Netanyahu di permettere l’ingresso alla Knesset di esponenti di Otzma Yehudit attraverso l’alleanza con Bayit HaYehudi è stata vivacemente condannata dalla quasi totalità delle altre formazioni politiche israeliane, nonché da una serie di organizzazioni americane pro-Israele come American Jewish Committee, Anti-Defamation League e AIPAC (American Israel Public Affairs Committee). In particolare AIPAC, organizzazione rigorosamente bi-partisan che terrà a fine marzo il suo congresso annuale, dopo aver premesso che “di regola non commenta i partiti politici e i candidati alle elezioni” israeliane, ha affermato: “Ma con l’annuncio che Otzma Yehudit sta tentando di farsi eleggere alla Knesset, ci sentiamo in dovere di affermare che esso non riflette i valori fondamentali che sono le basi stesse dello Stato di Israele”. Sabato sera Netanyahu ha difeso la sua scelta accusando su Twitter i suoi critici di “ipocrisia e doppi standard” perché non reagirono allo stesso modo quando la sinistra israeliana si adoperava “per far entrare alla Knesset estremisti islamici”.

(Da: israele.net, YnetNews, Jerusalem Post, Times of Israel, Israel HaYom, 24.2.19)

Per l’elezione della 21esima Knesset, il 9 aprile 2019, saranno chiamati alle urne 6.339.279 cittadini israeliani (dai 18 anni in su). Nelle ultime elezioni (17 marzo 2015), riuscirono ad entrare alla Knesset 10 partiti su 25. Per le prossime elezioni è stato presentato un numero record di 47 liste, ma alcune potrebbero ritirarsi prima del 9 aprile. Il quorum, cioè la percentuale minima per eleggere almeno un rappresentante al parlamento, è fissato a 3,25% dei voti espressi. Nelle ultime elezioni, 189.517 voti andarono dispersi su liste che non riuscirono a entrare alla Knesset. La soglia elettorale israeliana è stata dell’1% fino alle elezioni per la 13esima Knesset (giugno 1992) per la quale venne innalzata all’1,5%. La soglia è poi salita al 2% prima delle elezioni della 16esima Knesset (gennaio 2003). La scorsa elezione è stata la prima in cui la soglia era del 3,25%. La soglia in altri paesi con un sistema elettorale proporzionale paragonabile a quello israeliano varia dallo 0,67% dei Paesi Bassi al 5% in Serbia e Slovacchia.

Nel 2015 votarono 5.881.696 cittadini, pari a un’affluenza del 72,3%. L’affluenza più alta di sempre fu quella per l’elezione della prima Knesset nel gennaio 1949 (86,9%). La più bassa si ebbe nel 2006, quando votò solo il 63,5% degli aventi diritto.

Nelle ultime elezioni (2015), ognuno dei 120 seggi della Knesset valeva 33.511 voti: circa 10 volte di più delle elezioni per la prima Knesset, quando ogni seggio equivaleva a 3.592 voti. Il numero di quest’anno dipenderà da quante persone voteranno.
(Da: Jerusalem Post, 24.2.19)