Sperare per il meglio, ma prepararsi al peggio

Grandi novità in vista, se solo Abu Mazen fosse credibile e riuscisse a mettersi d’accordo con se stesso

Di Esor Ben-Sorek

Esor Ben-Sorek, autore di questo articolo

Non sono un fervente seguace dei miracoli fatti dall’uomo. Credo piuttosto nel detto “un leopardo non cambia le sue macchie”. Ora sembra che spiri un vento nuovo, addirittura dalle parti del presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas, più noto come Abu Mazen. All’improvviso sembra che stia ritrattando le pluri-decennali rivendicazioni circa il “diritto” al ritorno dei profughi palestinesi e dei loro discendenti. Avrebbe infatti dichiarato (ma solo in un incontro privato, martedì scorso, con alcuni accademici israeliani) che non intende “inondare” Israele con una marea di palestinesi. Improvvisamente, Abu Mazen riconosce che farlo significherebbe distruggere la maggioranza ebraica e dunque lo stato di Israele.

Di più. Pare persino disposto ad accontentarsi di uno stato di Palestina “smilitarizzato”: nessun esercito, solo forze di polizia addirittura “disarmate” (avrebbe detto: “Invece di jet e carri armati, preferisco costruire scuole e ospedali”). E vorrebbe che i nuovi confini fra Israele e Palestina fossero sorvegliati da truppe americane o della Nato. Infine – udite, udite – si dice certo che Israele e una Palestina smilitarizzata potrebbero vivere fianco a fianco in pace.

A cosa si deve questa improvvisa metamorfosi? (C’è anche da dire che sono circolate voci – citate da Ha’aretz – su un Abu Mazen dalla salute molto deteriorata, che non ricorda cose e persone e che non può lavorare più di due ore al giorno). Cosa può aver spinto a questo drastico, repentino cambiamento un nemico giurato dello stato ebraico sionista (che mercoledì ha ribadito l’accusa di razzismo a Israele per il fatto di definirsi stato nazionale del popolo ebraico, e martedì ha sostenuto che i palestinesi dovrebbero riconsiderare tutti gli accordi firmati con Israele a partire da Oslo ’93)?

Il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen), 83 anni, fotografato lo scorso 29 agosto all’incontro a Ramallah con il presidente di turno della Bosnia-Erzegovina, Bakir Izetbegovic

Noi israeliani saremo anche le tigri, ma Abu Mazen è il leopardo delle macchie. È un uomo di cui non ci si può fidare. Come intende convincere il suo popolo, a cui la dirigenza e tutta la propaganda palestinese hanno promesso per settant’anni, e continuano incessantemente a promettere il “diritto” al ritorno e guerra ad oltranza contro lo stato ebraico? Su questo, non dice una parola.

Dal nostro punto di vista, non credo proprio che Israele affiderà a truppe straniere la sorveglianza della sicurezza sui suoi confini. Noi, e solo noi, siamo capaci di farlo. Lo facciamo da settant’anni. E resto dell’idea che uno stato palestinese separato e non monitorato rappresenterebbe un grosso rischio e una minaccia molto pericolosa. L’Iran potrebbe inviare le sue forze militari in Palestina (lo farebbe di sicuro), e da lì potrebbe aggredirci direttamente. Non sentiamo alcun bisogno di uno scontro diretto con l’Iran.

Come ho detto, non credo nei miracoli fatti dall’uomo. Ora aspetto con ansia il discorso che Abu Mazen terrà all’apertura della prossima sessione delle Nazioni Unite. Se ripeterà quello che ha detto in privato, potrebbe meritarsi una standing ovation e magari anche un Nobel per la pace. Ma abbiamo visto troppe volte i nostri “interlocutori” dire una cosa in privato e cose assai diverse in pubblico (le frasi di Abu Mazen di questa settimana non sono state riportate dall’agenzia ufficiale palestinese Wafa, che di solito riferisce tutte le sue dichiarazioni politiche).

Un nuovo vento spira verso la nostra parte del Mediterraneo? E’ giusto sperare per il meglio. Ma bisogna essere sempre preparati al peggio.

(Da: Times of Israel, israele.net, 30.8.18)

Mural su una scuola Unrwa, nel campo palestinese di Balata, presso Nablus, con la consueta mappa delle rivendicazioni palestinesi: Israele è cancellato dalla carta geografica, e su Gerusalemme si vedono i simboli di islam e cristianesimo, ma nessun simbolo ebraico