Stampa araba e “pacifisti” pro-Hamas affossano le speranze di pace

Dare la libertà agli abitanti di Gaza non è il loro vero obiettivo

di Ray Hanania

image_2722Quando di recente il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) si è lamentato in Qatar che i mass-media in quel paese sono filo-Hamas e che questa faziosità mette a rischio le possibilità di arrivare alla pace, ha toccato un tasto che molti palestinesi sanno essere assolutamente vero. Ciò che mette a repentaglio le prospettive di pace non è solo il fatto che il grosso dei mass-media arabi appoggiano Hamas, che è classificata come “organizzazione terroristica” da numerose nazioni. È anche il fatto che i gruppi che sostengono Hamas, incontrastati, vanno lentamente prevalendo nel panorama mediorientale.
Un buon esempio di tutto ciò è la questione della striscia di Gaza, dove i palestinesi lamentano di subire un oppressivo assedio israeliano militare ed economico, e gli israeliani ribattono che da là elementi estremisti continuano a bersagliare i loro civili con razzi Qassam e Katyusha. Gaza è una questione senz’altro complessa, ma in realtà non è poi così difficile da capire. Quel territorio è controllato da Hamas e altri estremisti islamisti sin dagli anni ’70. È vero che l’organizzazione progenitrice di Hamas, l’Associazione Islamica, forniva servizi sociali e sanitari ai suoi abitanti, ma quei servizi venivano dati solo a coloro che abbracciavano la sua ideologia religiosa estremista e intransigente.
Hamas si oppone a qualunque autentica pace con Israele e per tutti gli anni ’90 ha utilizzato le più funeste forme di violenza – le stragi con attentatori suicidi – allo scopo di demolire il processo di pace e impedire un compromesso. La sua missione non è arrivare a una pace basata su un compromesso, bensì perseguire un sogno impossibile, che per il palestinese comune è più che altro un incubo: distruggere Israele e far tornare la Palestina ciò che era nel 1917, prima che finisse sotto il colonialismo britannico.
Questa aspirazione di Hamas non è condivisa soltanto dagli estremisti religiosi in continua crescita, ma anche da laici esaltati i quali pure si oppongono a una pace fondata sul compromesso. Molti di questi agitatori fanno base nei paesi occidentali, dove è facile predicare la distruzione non solo di Israele ma anche del governo laico palestinese di Abu Mazen, che invece sostiene un compromesso basato su due Stati.
Si vedono stravaganti compagni di strada, nel campo estremista palestinese: fanatici religiosi fianco a fianco con estremisti laici, come quelli del Fronte Popolare, e intransigenti campioni del rifiuto guidati da agitatori e blanditi dai mass-media arabi, i quali ultimi credono erroneamente che “libertà” significhi appiattirsi sempre sulle posizioni degli agitatori più estremisti.
I mass-media arabi, che glorificano l’estremismo religioso e persino gli attentati più violenti, naturalmente non capiscono che sotto un governo guidato da Hamas non sarebbero solo gli ebrei, i cristiani e i musulmani laici ad essere oppressi. In un Hamastan i mass-media sarebbero tra i primi bersagli del potere, deprivati delle “libertà” di cui godono oggi: di criticare Abu Mazen, la soluzione a due Stati, la pace basata sul compromesso.
Per gli attivisti “pacifisti” di Free Gaza la questione non è portare la libertà al milione e trecentomila palestinesi che vi vivono o rimuovere “l’oppressivo assedio economico e militare” d’Israele. Il loro attivismo ha a che fare con i loro obiettivi a lungo termine. Per “liberazione” di Gaza essi intendono proclamare Hamas “unica legittima rappresentante del popolo palestinese”. Ma non è neanche questo il loro obiettivo. Lo scopo di tanti attivisti è rafforzare Hamas: sanno fin troppo bene che Israele è costretto prima di tutto a occuparsi delle minacce anziché delle ragioni che spingono per la pace. E Hamas costituisce una minaccia non solo per Israele, ma anche per i palestinesi, per i paesi arabi laici come Egitto e Giordania, per l’indipendenza religiosa cristiana ed ebraica e, cosa più importante, per l’obiettivo stesso di arrivare a una pace basata su un compromesso non violento.
Gli attivisti continuano ad aggrapparsi alla pretesa, falsa e irrilevante, che Hamas avrebbe vinto le elezioni nel 2006, ignorando il fatto che Hamas è stata poi estromessa dalla leadership politica nello stesso modo in cui vi si era installata. Furono elezioni corrotte e malamente congegnate, che spinsero le varie ripartizioni della maggioranza dei palestinesi a fondersi con l’ostilità di Hamas fondata sulla fede.
Hamas e gli agitatori hanno lasciato che la striscia di Gaza suppurasse nello squallore economico perché ciò fa al caso dei loro propositi. Non possono raccogliere appoggi sulla base dei loro ideali perché non hanno ideali realistici. Invocano la distruzione di Israele e la distruzione di una Palestina laica a due Stati, ed anche la distruzione dell’Egitto e praticamente di chiunque non si uniformi alle loro parole d’ordine estremiste. Anziché aiutare l’assediato popolo della striscia di Gaza a conseguire la libertà e costruire i primi passi di uno stato palestinese laico che conduca alla creazione di una piena indipendenza palestinese in Cisgiordania, gli attivisti contribuiscono a inguaiare i palestinesi, laggiù, in una ininterrotta sofferenza.
Gli attivisti “pacifisti” che cercano di entrare a Gaza preferiscono chiudere gli occhi sull’oppressione e la brutalità che costituiscono il vero volto di Hamas. Le loro critiche e denunce si limitano all’Egitto (oltre a Israele). Peggio, questa bizzarra alleanza fra fanatici religiosi ed estremisti laici, che oggi è tutta focalizzata sulla striscia di Gaza, tace del tutto sulla campagna di terrore che Hamas continua a condurre contro i palestinesi laici. Hamas ha reso le cose più facili a quelli che vogliono opporsi all’indipendenza palestinese, e costituisce il principale ostacolo sulla strada per la pace.
I mass-media arabi stanno attraversando una lotta interna non diversa da quella che oggi predomina nella politica araba e palestinese: la lotta fra gli estremisti che considerano i mass-media semplici strumenti al servizio del loro attivismo, e quelli di noi che credono che i mass-media debbano restare testimoni obiettivi della verità.
E verità significa che non tutti i tragici eventi di oggi si possono imputare a Israele, all’Egitto, ad Abu Mazen, né al fallimento, fin qui, dell’opzione per la pace.

(Da: Jerusalem Post, 13.1.10)

Nella foto in alto: Ray Hanania, autore di questo articolo: editorialista palestinese americano, scrittore satirico, fondatore di Yalla Peace