L’Unesco cancella una mostra sul legame tra popolo ebraico e Terra d’Israele

Centro Wiesenthal: l’agenzia Onu per la cultura rischia di ridursi a portavoce della “versione araba” della storia

2012: Irina Bokova, Direttore Generale dell'Unesco, posa con il presidente del Centro Simon Wiesenthal Marvin Hier accanto a un poster per la mostra, successivamente cancellata, sui 3.500 anni di legami fra il popolo ebraico e la Terra di Israele

2012: Irina Bokova, Direttore Generale dell’Unesco, posa con il presidente del Centro Simon Wiesenthal, Marvin Hier, accanto a un poster per la mostra, successivamente cancellata, sul rapporto di 3.500 anni fra popolo ebraico e Terra di Israele

A meno di una settimana dall’inaugurazione, l’Unesco ha cancellato una mostra che documenta i 3.500 anni di legami ebraici con la Terra d’Israele. L’agenzia Onu per l’istruzione, la scienza e la cultura ha rinviato sine die l’inaugurazione dell’evento, che doveva aver luogo lunedì presso la sua sede di Parigi, dicendo che “potrebbe essere percepito dagli stati membri come una minaccia al processo di pace”. Così ha scritto mercoledì scorso il direttore generale dell’Unesco, Irina Bokova, al Centro Simon Wiesenthal di Los Angels, co-organizzatore della mostra.

Intitolata “Il Popolo, il Libro, la Terra: 3.500 anni di rapporto fra il popolo ebraico e la Terra Santa”, la mostra co-sponsorizzata da Israele, Canada, e Montenegro, avrebbe dovuto tenersi dal 21 al 30 gennaio, ma era stata già più volte rinviata negli ultimi due anni, mentre i curatori cedevano a più riprese alle modifiche richieste dall’Unesco. Quest’ultimo rinvio della mostra, senza una nuova data, è avvenuto su pressione dei paesi arabi.

La mancata apertura della mostra, ha avvertito il fondatore e presidente del Centro Wiesenthal, rav Marvin Hier, “non farebbe che confermare al mondo che l’Unesco si è ridotta a portavoce ufficiale della versione araba della storia del Medio Oriente”.

L’Unesco e il Centro Wiesenthal hanno lavorato per due anni alla mostra, con l’aiuto del prof. Robert Wistrich dell’Università di Gerusalemme che ne ha progettato i vari pannelli. Ogni pannello, dice Wistrich, è stato approvato dall’Unesco. Dal patriarca biblico Abramo sino allo stato d’Israele come “nazione delle start-up”, la mostra è stata progettata per evidenziare e far conoscere le radici ebraiche presenti in una terra in cui il popolo ebraico, a fasi alterne, è fiorito e ha sofferto nel corso delle generazioni.

L'invito all'evento Wiesenthal-Unesco, poi cancellato

L’invito all’evento Wiesenthal-Unesco, poi cancellato

Inizialmente c’era qualche disaccordo sul titolo, nel quale il Centro avrebbe voluto usare la locuzione “Terra d’Israele” invece di “Terra Santa”, preferita dall’Unesco. Spiega Wistrich che nel corso di tutta la loro storia gli ebrei hanno parlato di Eretz Israel, Terra d’Israele, mentre Terra Santa è un riferimento più cristiano. All’inizio di questo mese il centro aveva diramato gli inviti con le parole “Terra di Israele”, ma successivamente entrambe le parti avevano concordato per il termine Terra Santa, e l’Unesco aveva diramato i suoi inviti.

Il giorno dopo l’Unesco riceveva una lettera in cui i 22 paesi del gruppo arabo si dicevano preoccupati non per il titolo, ma per l’argomento stesso della mostra, considerato “politico”, e avvertivano che ospitarla avrebbe “compromesso gli sforzi in corso da parte del Segretario di stato Usa John Kerry per arrivare a un accordo finale”.

Lo stesso giorno l’Unesco decideva di rinviare la mostra, benché avesse già incontrato il personale del Centro Wiesenthal a Parigi per rivedere gli ultimi dettagli, la mostra fosse già in fase di allestimento nelle sue sale e fosse già pervenuta una lettera di congratulazioni dal presidente israeliano Shimon Peres.

Hier inviava immediatamente una lettera a Bokova chiedendole di riconsiderare la decisione e di non cedere al “bullismo” del gruppo arabo, in particolare alla luce del fatto che gli esperti Unesco avevano già controllato e approvato la mostra. Le ricordava come avesse ottenuto la sua approvazione verbale sin dall’ottobre 2011, nello stesso giorno in cui gli stati dell’Unesco avevano votato il riconoscimento della “Palestina” come stato membro a pieno titolo. Quell’approvazione, ricorda Hier, fu seguita nel 2012 da una cerimonia pubblica presso il Museo della Tolleranza di Los Angeles. Hier ha messo a disposizione della stampa una foto di quell’evento in cui si vede Bokova che posa accanto a un pannello per la mostra.

Un'immagine dei pannelli della mostra annullata

Un’immagine dei pannelli della mostra annullata

“Parliamoci chiaro – ha scritto Hier nella sua lettera a Bokova – La protesta del gruppo arabo non riguarda alcun contenuto particolare della mostra, quanto piuttosto l’idea stessa che ne sta alla base e cioè che il popolo ebraico non è arrivato in Terra Santa soltanto dopo la Shoà nazista, e che le sue radici storiche e culturali affondano in quella terra da tre millenni e mezzo. Se c’è qualcosa che farà affondare le speranze di pace e riconciliazione fra i popoli del Medio Oriente – scrive Hier – sarà arrendersi alle forze dell’estremismo e silurare l’apertura di questa mostra, curata e organizzata congiuntamente dall’Unesco e dal Centro Simon Wiesenthal Center. Insistiamo – conclude Hier – perché non veniate meno alle vostre responsabilità e al vostro impegno come co-organizzatori della mostra respingendo questa mossa smaccatamente politica, che non dovrebbe avere spazio in un ente il cui mandato si riferisce all’istruzione, alla scienza e alla cultura, non alla politica”.

Bokova, dal canto suo, ha scritto: “Tenendo conto della delicata fase in cui stanno entrando i negoziati di pace, non ho altra scelta che prendere sul serio le preoccupazioni espresse nella lettera del presidente del gruppo arabo”.

Hier ha inviato copia della propria lettera al presidente degli Stati Uniti Barack Obama, al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, al primo ministro canadese Stephen Harper e altri. Nimrod Barkan, ambasciatore d’Israele presso l’Unesco, parlando a Israel Radio ha definito “meschino e stupido” il pretesto addotto per cancellare l’evento.

“La decisione dell’Unesco è sbagliata e dovrebbe essere rivista – ha dichiarato Samantha Power, ambasciatrice degli Stati Uniti alle Nazioni Unite – Gli Stati Uniti sono impegnati al massimo livello per sollecitare l’Unesco a consentire che la mostra proceda il più presto possibile. L’Unesco dovrebbe favorire il dibattito e l’interazione tra la società civile e gli stati membri, e organizzazioni come il Centro Wiesenthal hanno il diritto di essere ascoltate e di contribuire alla missione dell’Unesco”.

“La mostra non danneggerebbe affatto i negoziati – ha dichiarato domenica Netanyahu in un comunicato – I negoziati si fondano sui fatti e sulla verità, che non sono mai dannosi. Quello che davvero danneggia i negoziati è la convocazione automatica degli ambasciatori israeliani in alcuni paesi, su questioni che non sono di nessuna sostanza, mentre significative violazioni da parte dell’Autorità Palestinese passano senza alcuna reazione”.

Definendo “vergognosa” la decisione dell’Unesco, Hier afferma: “L’ultimo ruolo che l’Unesco dovrebbe assumere è quello del censore, mentre dovrebbe essere un’istituzione dedita a promuovere la circolazione delle idee”. Il Centro Wiesenthal annuncia sul suo sito web una conferenza stampa, lunedì a Parigi, per “illustrare ai mezzi di comunicazione la mostra che L’Unesco non voleva che il mondo vedesse”.

(Da: Jerusalem Post, Times of Israel, YnetNews, 17-19.1.14)