Successo nel mondo degli stilisti israeliani

Mescolanza e sfacciataggine: queste le parole chiave dellultima moda israeliana

di Federico Petrelli

image_406Forse non è la moda la prima cosa a venirci in mente pensando ad Israele: eppure firme e stilisti israeliani stanno ottenendo successi sempre maggiori sul mercato mondiale.
Kenvelo, Fox, Castro sono solo alcuni dei marchi israeliani che si stanno affermando negli Stati Uniti, in Australia ed in molti paesi europei. Propongono una moda audace, giovane e attuale, pur riuscendo a mantenere prezzi decisamente competitivi. Ed i recenti successi lasciano ben sperare: Castro sta per aprire altri ottanta negozi in Germania; Fox ha in progetto ulteriori otto negozi a Singapore e sei in Australia; Gotex è già presente in sessanta paesi.
“La forza della moda israeliana sta nel mix – dicono alla Castro Men – Gusto mediorientale, europeo e americano si fondono per creare quel quid davvero unico”. “In Israele esistono circa venti marchi locali forti e affermati – osserva Avi Malca, proprietario di ML – In nessun altro paese al mondo esiste un fenomeno simile. Da un paese di pochi milioni di persone è nato un numero stupefacente di aziende d’abbigliamento al contempo sofisticate ed aggiornate riguardo ai trend mondiali”.
Ma la moda in terra santa non è tutta fatta di brands: anche i piccoli stilisti si stanno imponendo tra le vetrine di Tel Aviv. E sono spesso loro a creare i nuovi trend nella “grande arancia”: l’ultimo grido in fatto di moda, nato nei piccoli atelier, è la “Granny Fashion.” Nait Rosenfeld ha chiamato la propria collezione estiva “Una vacanza in Palestina”: la stilista ha tratto ispirazione, per i suoi modelli, da ciò che sua nonna aveva portato con sé dalla Germania negli anni ’40, prima che lo stato fosse fondato. Gonne a forma di “A”, pantaloni a vita alta, antiquate maniche a sbuffo e tutto ciò che può trasmettere una nostalgia un po’ sentimentale: queste sono le parole d’ordine nella sua collezione. “Noi creiamo moda di qualità e attenzione al dettaglio” afferma Idit Barak, proprietaria del negozio-atelier Delicatessen. In una seconda collezione, quella autunnale, Nait propone una mescolanza di stile orientale ed occidentale, sempre in un’ottica “old-fashioned”. L’ha intitolata Tea: pantaloni larghi su cui stringere ampi nastri, pullover da allacciare come kimono, il tutto in tenui colori pastello. L’idea, dice Nait, è quella di rappresentare la mescolanza di oriente ed occidente in Israele, le due anime del paese.
Sembra essere proprio la mescolanza il principale punto di contatto tra i piccoli designer e le grandi firme israeliane. Ma Cobi Cohen, direttore generale di Castro, individua un’altra carta vincente della moda del suo paese: la chutzpa (sfacciataggine). E non si tratta solo dell’audacia sfrontata di alcuni modelli proposti dai colossi nazionali dell’abbigliamento. “In Europa – dice – se un cliente non vuole comprare, prende e se ne va. In Israele è diverso, la commessa è molto più pressante: ‘perché non le piace questo capo?’, ‘perché non lo abbina anche con questo e quest’altro?’ Ciò crea un processo di continuo perfezionamento”.
Gli israeliani, come ricorda Gidi Goldfinger, direttore generale di Concept Shivuk, sono gente che si entusiasma facilmente: per questo suggerisce un atteggiamento prudente riguardo ai successi dei marchi nazionali all’estero. Ma pare che, a buon titolo, gli israeliani guardino alle questioni di moda già con una buona dose d’orgoglio.