Sulla formazione del nuovo governo

Alcuni commenti dalla stampa israeliana

image_2410Il Jerusalem Post affronta il problema della legge di bilancio, che non sarà messa a punto prima della fine del processo di formazione della nuova coalizione di governo. L’editoriale sottolinea che, benché tale situazione sia legalmente corretta, è però vero che ogni ritardo nella distribuzione delle risorse appropriate non potrà che tradursi, nel futuro prossimo, in danni molto concreti. L’editoriale fa appello a Kadima perché faccia la scelta, che definisce “patriottica”, di “districarci tutti dall’empasse abbandonando l’idea di poter formare una colazione alternativa”, e di entrare invece in una coalizione guidata da Netanyahu, facendo così risparmiare a tutti tempo prezioso e sgravando l’economia di uno spreco che il paese non si può permettere.

Yediot Aharonot fa appello a Kadima affinché si fonda con il partito laburista, affermando che “queste due formazioni hanno la responsabilità nazionale di creare un tetto comune” giacché in Israele “non c’è abbastanza spazio politico per entrambi i partiti”.

Ma’ariv sottolinea che, “sebbene l’esponente di Hamas Mahmud A-Zahar abbia inequivocabilmente affermato che il periodo di calma è un supremo interesse palestinese, con loro grande sorpresa i capi di Hamas hanno scoperto che Israele ed Egitto non sembrano avere tutta questa fretta di adeguarsi cedendo alle loro pretese”. Secondo l’editoriale, Hamas si trova fortemente sotto pressione e ha fretta perché, “mentre il governo israeliano attuale è cosa nota, nel bene e nel male, e tutte le sue proposte sono sul tappeto, viceversa l’atteggiamento di quello che sarà il prossimo governo israeliano, specie se sarà un governo di destra, rimane un mistero che Hamas non ha nessuna voglia di affrontare”.

Yisrael Hayom scrive: “La storia delle relazioni Usa-Israele indica che, normalmente, l’amministrazione americana evita di immischiarsi troppo direttamente e rozzamente nel calderone della politica interna israeliana”. L’editoriale aggiunge che, “sebbene i politici americani abbiano sempre avuto gli strumenti per indicare le loro preferenze a Gerusalemme, il più delle volte sono stati attenti a non oltrepassare la linea sottile che separa i legittimi tentativi di esercitare la loro influenza dalla grossolana manipolazione e interferenza negli affari interni di Israele”. “Nella situazione attuale – prosegue l’editoriale – non c’è dubbio che Washington vedrebbe un governo israeliano strettamente di destra come una ricetta per un pericoloso stallo se non addirittura per un nuovo scoppio di violenze”. Ma, aggiunge, “ogni tentativo da parte dell’amministrazione americana per cercare di arruolare l’opinione pubblica d’Israele rischia di risultare controproducente”. Pertanto “l’amministrazione Obama farebbe meglio a mantenere il massimo di riserbo, lasciando che la democrazia israeliana faccia il suo corso post-elettorale senza darle l’impressione d’avere il fiato dello Zio Sam sul collo”.

(Da: Jerusalem Post, Yediot Aharonot, Ma’ariv, Yisrael Hayom, 15.02.09)