Sunniti contro sciiti: i pericoli di una guerra fra i nemici di Israele

È stato assai ingenuo pensare che l'accordo sul nucleare iraniano avrebbe avviato a soluzione i problemi del Medio Oriente

Di Boaz Bismuth

Boaz Bismuth, autore di questo articolo

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La grave crisi diplomatica tra Iran e Arabia Saudita ha assunto da lunedì una dimensione regionale. Bahrain e Sudan sono scesi in campo a fianco dell’Arabia Saudita rompendo i rapporti diplomatici con Teheran. Gli Emirati Arabi Uniti, per ora, si sono limitati a richiamare il proprio ambasciatore.

Il drastico scontro tra la monarchia assolutista sunnita e la repubblica islamica sciita sta causando grandi grattacapi all’Occidente, che non è stato capace di prendere in considerazione un tale scenario, particolarmente dannoso per la guerra contro lo “Stato Islamico” (ISIS). La Lega Araba si riunirà domenica per una seduta d’emergenza su questa materia. La Russia si è già offerta di mediare fra le parti. La Germania ha esortato entrambi i paesi a ripristinare le relazioni diplomatiche. Il Segretario di stato Usa John Kerry ha telefonato lunedì ai ministri degli esteri saudita e iraniano. Era proprio quello che non ci voleva, per l’Occidente, in questo momento: ritrovarsi ostaggio del conflitto tra sunniti e sciiti.

E’ stato assai ingenuo pensare che l’accordo con l’Iran sul nucleare avrebbe avviato a soluzione i problemi della regione. Al contrario: quell’accordo, mentre riportava l’Iran nell’ovile della famiglia delle nazioni, dall’altra parte alienava l’Arabia Saudita e gli stati del Golfo suoi alleati, che vedono l’accordo sul nucleare iraniano come una seria minaccia. Ed ora potrebbero ritrovarsi nel campo dei “cattivi” mentre l’Iran si accomoda fra i “buoni”. Questa è una delle conseguenze del rimescolamento in Medio Orientale a cui il presidente Usa Barack Obama ha dato una mano.

“Uno scontro frontale tra Arabia Saudita e Iran, tra sunniti e sciiti, tra arabi e persiani”

I diplomatici occidentali, insieme a quelli russi e cinesi, stanno facendo di tutto per abbassare le fiamme di una crisi che potrebbe andare fuori controllo, giacché Teheran e Riad non esitano a mobilitare le piazze. Quello a cui assistiamo è un conflitto religioso plurisecolare, particolarmente esplosivo proprio a causa della sua dimensione religiosa. Le passioni su entrambi i versanti sono estremamente infiammabili. Da un lato c’è l’Arabia Saudita, custode dei luoghi santi islamici; dall’altro una repubblica islamica rivoluzionaria che è riuscita a sopravvivere e addirittura a espandere la sua sfera di influenza. Si tratta di uno scontro tra due potenze regionali che aspirano entrambe al predominio regionale: uno scontro frontale tra Arabia Saudita e Iran, tra sunniti e sciiti. E’ anche uno scontro tra arabi e persiani. In altre parole, sono in campo tutti gli elementi per una conflagrazione, che è appunto il motivo per cui probabilmente assisteremo nei prossimi giorni a intensi sforzi diplomatici volti ad abbassare la temperatura. Fino al prossimo scontro. I diplomatici puntano a narcotizzare questo conflitto, perché non è affatto chiaro se esista una vera cura. La guerra contro l’ISIS offre a entrambe le parti una scusa per tirarsi indietro. Sempre che lo vogliano.

(Da: Israel HaYom, 5.1.16)

Dal discorso del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu al Congresso degli Stati Uniti del 3 marzo 2015: «Il regime iraniano diventerà meno aggressivo allentando le sanzioni? Se l’Iran sta divorando quattro paesi mentre è sotto sanzioni, quanti ne divorerà quando le sanzioni verranno levate? Finanzierà meno terrorismo quando avrà montagne di denaro a disposizione? Perché il regime dovrebbe cambiare quando potrà praticare contemporaneamente aggressione all’estero e prosperità all’interno? Questa è la domanda che tutti si fanno nella nostra regione. E molti di questi paesi dicono che reagiranno con una gara per dotarsi di armi nucleari. Quindi questo accordo non cambierà l’Iran in meglio, cambierà il Medio Oriente in peggio. Questo accordo non sarà un addio alle armi, sarà un addio al controllo sulle armi. Una regione dove piccoli scontri possono innescare grandi guerre si trasformerebbe in una polveriera nucleare. … Dobbiamo invece insistere che le restrizioni al programma nucleare iraniano non vengano revocate finché l’Iran continua la sua politica di aggressione nella regione e nel mondo. Prima di togliere le restrizioni, il mondo deve esigere che l’Iran faccia tre cose. Primo, cessare l’aggressione ai suoi vicini mediorientali. Secondo, smettere di sostenere il terrorismo in tutto il mondo. Terzo, smetterla di minacciare di annientamento il mio paese: Israele, l’unico e solo stato ebraico».

Dall’editoriale del Jerusalem Post: «Nel 1980, poco prima dello scoppio della guerra Iran-Iraq, quando era ormai chiaro che i due paesi stavano andando verso il conflitto armato, si racconta che l’allora primo ministro israeliano Menachem Begin abbia detto: “Auguriamo successo a entrambe le parti”. Certo, se Begin avesse saputo, allora, che la guerra Iran-Iraq si sarebbe trascinata per otto anni con più di un milione di morti, comprese migliaia di bambini-soldato, avrebbe sicuramente scelto parole diverse. Tuttavia permane la forte convinzione, e non solo in Israele, che sia in qualche modo un vantaggio quando i nostri nemici si fanno la guerra fra loro, come potrebbe potenzialmente avvenire tra Iran e Arabia Saudita. Ma non è sempre così.

Conflitto fra sunniti e sciiti in Medio Oriente: clicca per ingrandire (da: Corriere della Sera)

Quand’anche la tensione attuale si intensificasse (il che non è detto che accada), le conseguenze, anche per Israele, potrebbero essere negative. Lo dice Yoel Guzansky, già capo del desk Iran nel Consiglio di Sicurezza Nazionale israeliano, oggi ricercatore presso l’Istituto di studi sulla sicurezza nazionale dell’Università di Tel Aviv. Se Iran e Arabia Saudita dovessero arrivare a uno scontro aperto, la stabilità dell’intera regione ne sarebbe compromessa. E la stabilità è importante per Israele. La fragile situazione al suo confine settentrionale è un esempio di come i conflitti in una zona di questa regione tendano a generare metastasi in altri settori. I combattimenti in Siria e Iraq hanno attirato migliaia di estremisti, dando sostanzialmente vita al fenomeno “Stato Islamico” (ISIS). Inoltre, fa notare Guzansky, se Arabia Saudita e Iran dovessero avvinghiarsi in una lotta fra loro, ciò indebolirebbe la coalizione anti-ISIS. E la lotta contro l’ISIS, dopo tutto, è nell’interesse d’Israele. Infine, dice Guzansky, benché l’Arabia Saudita non sia affatto amica di Israele, Gerusalemme e Riad condividono in questo momento un nemico comune: l’Iran. A differenza dei sauditi, gli iraniani si proclamano apertamente nemici mortali dello stato ebraico minacciando di “cancellare Israele dalla carta geografica”. Un Iran dotato di capacità nucleari costituisce una minaccia per l’Arabia Saudita almeno quanto per Israele. Forse c’è una cosa positiva che potrebbe scaturire dalla tensione tra Iran e Arabia Saudita, conclude Guzansky: sarebbe un’altra, ennesima riprova di quanto sia assurdo continuare a parlare del conflitto israelo-palestinese come della causa e del catalizzatore di tutto ciò che va storto in Medio Oriente. Il millenario scontro fra sunniti e sciiti è probabilmente il fattore più potente alla base delle sanguinose turbolenze della regione. E lo scontro tra sciiti e sunniti non è nell’interesse d’Israele». (Da: Jerusalem Post, 5.1.16)