Tahadiyeh, Hudna? Che roba è?

È chiaro come il sole perché Hamas e Hezbollah usano questi concetti

Da un articolo di Rafael Yisraeli

image_2427Fino a tempi recenti gli eserciti combattevano penetrando in territorio nemico, conquistando territori o ritirandosi, prendendo il controllo o perdendolo. Alla fine le parti arrivavano al tavolo dei negoziati per risolvere la disputa, fino al conflitto successivo, con un accordo di pace o un armistizio, con accomodamenti ai confini e sulle regioni di influenza, con scambi di prigionieri, garanzie su certi diritti e impegni certi obblighi.
Invece, da quando è stata lanciata dall’interno del mondo musulmano la guerra terroristica globale, sono saltate tutte le norme riconosciute. Non è chiaro chi combatte, e perché. Piccoli gruppi non statuali ingaggiano attività ostili e non c’è modo di far finire il conflitto se non stando alle loro regole, e dal momento che essi sono asserragliati all’interno della popolazione civile, e spesso protetti da essa, non c’è modo di difendersi senza scatenare l’ira furibonda del resto del mondo.
Questi gruppi asimmetrici impongono la loro concezione e la loro terminologia, e il mondo si adegua obbediente. Hamas e Hezbollah parlando di hudna, un concetto islamico radicato nella loro tradizione e nei loro precedenti storici, e tutti noi sembriamo costretti a seguirli adottando lo stesso concetto, e dimenticando termini internazionalmente riconosciuti come cessate-il-fuoco, armistizio e tregua, che comportano obblighi ben precisi per tutto il mondo tranne che per questi gruppi.
Di recente, giacché il concetto di hudna – anch’esso legato a regole e precedenti storici islamici – sembra a Hamas fin troppo istituzionalizzato e potrebbe comportare – il cielo non voglia – un riconoscimento, per quanto indiretto, di Israele, i militanti terroristi se ne sono usciti con un’altra trovata: la tahadiyeh, che indica una “tregua temporanea”. E per fugare ogni possibile dubbio, si rifiutano esplicitamente di estenderla a più di un anno, diciotto mesi al massimo al termine dei quali sarebbero pienamente autorizzati a riprendere le ostilità, dopo aver rimpolpato le loro forze, essersi riposizionati e aver imbottito ben bene di trappole esplosive la popolazione civile. Mentre per noi una tregua è un fine in se stesso capace di portare sollievo alle nostre comunità di confine, per loro sarebbe solo il prezzo da pagare per ottenere vantaggi.
È chiaro come il sole come mai Hamas e Hezbollah usano questi concetti. Meno chiaro è come mai noi dovremmo accettarli senza riserve. Possiamo benissimo respingerli e attenerci rigorosamente ai termini internazionalmente accettati, che hanno un preciso significato e vengono applicabili in base al diritto.
Quando il mondo ci spinge ad accettare una hudna o una tahadiyeh, noi dovremmo chiedere se capiscono di cosa realmente si tratta e se loro lo accetterebbero. Non si dimentichi che la coalizione guidata dagli Stati Uniti in Iraq e in Afghanistan ha rifiutato e ancora rifiuta qualunque cessate-il-fuoco, e addirittura esclude qualunque contatto o negoziato con al-Qaeda e con i talebani finché non si arrenderanno. È lo stesso che fecero gli Alleati nella seconda guerra mondiale. Rinunciare alla resa di quei nemici e allo stesso tempo accettare la loro terminologia e le loro condizioni appariva veramente inconcepibile.
Di più: come si può pretendere che si conducano due negoziati in parallelo, uno con il governo avversario e l’altro con i nemici giurati di quel governo? Siamo vincolati dagli accordi firmati con l’Autorità Palestinese e quegli accordi non parlano di hudna o cose simili. Ci sono due possibilità: o l’Autorità Palestinese non rappresenta i palestinesi e allora dobbiamo puntare a un accordo con Hamas in quanto vero rappresentante dei palestinesi, oppure ci atteniamo ai rapporti che abbiamo con i palestinesi rifiutandoci di cercare un’intesa con Hamas, sia direttamente che attraverso l’Egitto. Inutile dire che Hosni Mubarak sarà il primo a volerci impedire di fare un accordo separato con la Fratellanza Musulmana che minaccia il suo regime.
Non è possibile attenersi agli Accordi di Oslo, per quel che possono ancora valere, con l’Autorità Palestinese, e nello stesso tempo cercare di patteggiare una hudna o un cessate-il-fuoco con una fazione rivale. Gli abitanti di Gaza non sono anch’essi palestinesi? O forse intendiamo riconoscere due distinte entità palestinesi?
Bisogna porre fine a questa confusione. Bisogna decidere chi riconosciamo e con chi ci associamo; bisogna tornare ad applicare il sistema di concetti internazionali che hanno validità legale e forza cogente; e bisogna smetterla di riconoscere legittimità a una seconda entità palestinese, cosa che ci porterebbe ad accettare due stati di Palestina, oltre alla Giordania (che è già uno stato a maggioranza palestinese su territorio palestinese) e alle rivendicazioni di identità nazionale che si vanno cristallizzando fra gli arabi israeliani.

(Da: Ha’aretz, 22.02.09)

Nell’immagine in alto: La mappa delle rivendicazioni palestinesi usata nelle scuole di Hamas: lo stato di Israele è cancellato