Tempi difficili

Gli sforzi americani per placare il mondo arabo potrebbero mettere nei guai Israele

Da un articolo di Zalman Shoval

image_1650Per la prima volta da parecchi anni a questa parte, Stati Uniti e Israele non condividono la stessa posizione su alcune questioni chiave. La politica americana nel periodo finale dell’amminsitrazione Bush si pone due obiettivi paralleli. Primo, reclutare il sostegno dei paesi arabi “moderati”, in primo luogo l’Arabia Saudita, per raggiungere la calma in Iraq (illusione che potrebbe essere dissolta dai toni aggressivi su questo tema usati dal re saudita). Secondo, impedire un controllo sciita sul Medio Oriente e le sue riserve di petrolio.
Sebbene questi due obiettivi non siano collegati con il conflitto israelo-palestinese, una amministrazione Usa in difficoltà si è trovata costretta a cambiare politica e ad accettare nuovi approcci, compreso l’argomento caro all’Unione Europea secondo cui andrebbe creato un nesso “naturale” fra i due terreni allo scopo di placare l’Arabia Saudita e il mondo arabo in generale. In altre parole, qualunque passo avanti, anche solo di facciata, sulla questione israelo-palestinese dovrebbe servire all’America da ancora di salvezza su altri fronti.
Il problema è che l’ancora di salvezza degli americani rischia di tradursi in un pesante fardello per gli israeliani. Israele persegue gli stessi obiettivi – pace con il mondo arabo e freno al riarmo iraniano – non meno e forse anzi più degli Stati Uniti, ma non al pesante prezzo che gli viene chiesto, ad esempio, dai partecipanti al summit arabo di Riyad.
Peraltro il primo ministro israeliano Ehud Olmert si è già trovato costretto ad accettare di incontrare il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) anche se questi continua a violare tutti suoi impegni, e nonostante il fatto che, dopo la nascita del governo di “unità nazionale” palestinese, Abu Mazen sia diventato di fatto un signorsì di Hamas.
Queste pressioni andranno crescendo se crescerà la tendenza a spingere Israele ad accettare l’iniziativa saudita. Si sono sentite parecchie sciocchezze circa questa iniziativa, per lo più ignorando il fatto che il suo scopo è semplicemente quello di ottenere per via diplomatica tutto ciò che il mondo arabo non è riuscito a ottenere con la guerra e il terrorismo: ritorno dei profughi dentro Israele e ritorno di Israele sulle linee del 4 giugno 1967, quelle tanto indifendibili da incoraggiare più volte l’aggressione araba. E non ci si faccia illusioni: gli arabi non si riferiscono a questi punti come oggetti di negoziato, bensì come pre-condizioni per la loro effettiva disponibilità ad avviare negoziati. Il loro rifiuto di emendare in qualunque modo il loro piano non fa che confermare questo atteggiamento. […]

(Da: YnetNews, 11.04.07)