Terrorismo ambientale palestinese

Razzi e palloni incendiari causano estesi danni economici e un autentico disastro ambientale

Di Almog Ben Zikri

Almog Ben Zikri, autore di questo articolo

Secondo uno studio condotto dal Laboratorio di Telerilevamento dell’Università Ben-Gurion del Negev, circa 13.050 dunam (1.305 ettari) di riserve naturali e terreni agricoli sono stati dati alle fiamme nelle aree israeliane intorno alla striscia di Gaza da razzi e da palloni incendiari palestinesi. Lo studio ha rilevato che gli incendi hanno bruciato 7.570 dunam di riserve naturali, 3.220 dunam di boschi e 2.260 dunam di terreni agricoli.

I combattimenti del mese scorso e il mai cessato lancio di palloni incendiari da parte dei militanti della striscia di Gaza hanno causato non solo considerevoli perdite agli agricoltori, ma anche gravi danni all’ecosistema. Il danno è stato misurato utilizzando algoritmi che identificano le aree bruciate analizzando le immagini satellitari, sviluppati una ventina d’anni fa da Arnon Karnieli, direttore del laboratorio.

La Riserva Naturale di Bitronot Be’eri e la Riserva Naturale di Nahal Habasor sono tra le riserve più note che sono state colpite. Mentre Bitronot Be’eri era stata completamente distrutta da palloni incendiari palestinesi già prima della recente esplosione a Gaza, Nahal Habasor è stata data alle fiamme durante l’ultima guerra a causa del lancio di razzi.

Negli ultimi anni, l’ecosistema vicino al confine tra Israele e striscia di Gaza ha subito numerosi incendi. I militanti di Gaza hanno aggiornato il lancio di aerostati incendiari verso Israele, usando palloni incendiari sempre più evoluti. L’ondata più consistente di attacchi di questo tipo si era verificata nel 2018, mentre ribollivano le tensioni tra Israele e i gruppi militanti di Gaza. Circa 32.747 dunam vennero dati alle fiamme, di cui 12.465 nelle riserve naturali, 11.500 nei boschi gestiti dal Fondo Nazionale Ebraico per Israele (KKL), 4.250 in terreni agricoli e 4.532 in aree aperte. Una ricerca successivamente condotta dall’Authority israeliana per la natura e i parchi nazionali segnalava che gli incendi avrebbero ridotto a lungo termine la varietà della flora nell’area e avrebbero fatto fuggire la fauna selvatica verso altre aree.

Un incendio causato il mese scorso da palloni palestinesi in una comunità israeliana presso il confine con Gaza

Ofer Lieberman, un agricoltore del kibbutz Nir-Am vicino al confine con Gaza, ha visto bruciare da palloni incendiari circa 400 dunam di grano del suo kibbutz nei giorni precedenti la recente escalation. Dopo la cessazione dei combattimenti, sono stati bruciati anche i frutteti di limoni e clementine del kibbutz. “Gli alberi che sono stati bruciati avevano 20 anni – spiega Lieberman – e il conseguente danno causato è molto più grave dell’incendio del grano. Dovremo sradicare e rimuovere gli alberi danneggiati, che si trovavano nel periodo più produttivo della loro esistenza grazie ad anni di cure”. Il kibbutz ha fatto domanda di indennizzo alle autorità fiscali, ma è ancora in attesa della risposta.

Ezra Sasson, responsabile della regione del Negev settentrionale per l’Authority natura e parchi nazionali, fa i conti con questo problema sin dall’inizio. Parlando con Ha’aretz poco prima dello scoppio dei combattimenti a Gaza, aveva menzionato i cambiamenti avvenuti nella riserva di Be’eri dopo che è stata consumata dal fuoco nel 2018. “Negli ultimi anni abbiamo visto meno cervi, ma i cervi si muovono rapidamente e possono fuggire in altri luoghi – aveva spiegato Sasson – I rettili sono quelli che vengono colpiti in modo devastante. Qui una volta c’erano tartarughe e serpenti, che rappresentano un anello importante della catena alimentare, ma da allora sono scomparsi”. La loro scomparsa è dovuta sia direttamente agli incendi, sia indirettamente come effetto della diminuzione della vegetazione nella zona. Sasson sottolinea la sua preoccupazione per la diminuzione della varietà delle piante nell’area. Consumando vaste aree, gli incendi lasciano spazio alla diffusione di poche specie più resistenti e talvolta invasive. “La vegetazione più debole non ce la fa a ricrescere, quindi le uniche piante che restano sono quelle che possono sopravvivere in queste condizioni – spiega Sasson – E una riserva con meno varietà di piante si ripercuote sugli animali che vi si troveranno”.

In sintesi, oltre agli ingenti danni economici un disastro ecologico di vasta portata e duraturo nel tempo.

(Da: Ha’aretz, 22.6.21)

Uno sguardo sugli effetti del terrorismo ambientale palestinese: