Tornano alla luce le antiche prigioni di Tiberiade

Ora si può avere unidea di quello che dovevano soffrire i detenuti nei tempi antichi.

image_986D’ora in poi dagli scavi archeologici nella città vecchia di Tiberiade si può trarre un’idea di quello che dovevano soffrire i detenuti nei tempi antichi. Gli scavi nel complesso della basilica nella parte orientale della città vecchia hanno recentemente riportato alla luce due piccole camere che si ritiene servissero come celle per i prigionieri in attesa di processo.
Se le condizioni odierne di detenzione presso le stazioni di polizia suscitano le rimostranze dei detenuti e degli avvocati difensori, i prigionieri non stavano molto bene nemmeno 1.800 anni fa.
Le celle sono poste sotto il livello del principale edificio amministrativo, la basilica. Il fatto rafforza la teoria che servissero come celle di detenzione, in cui folle di prigionieri languivano in attesa di essere chiamati al processo. Ogni cella misura metri 1,8 x 2,7 ed è alta metri 2,07. I muri sono estremamente spessi, con il muro esterno (spesso metri 1,1) che contiene due strette aperture che danno sulla piazza della città. Le fessure presumibilmente fornivano ventilazione, e una serviva anche per l’ingresso del cibo.
“Il cibo era consegnato da membri della famiglia – dice il prof. Yizhar Hirschfeld dell’Università Ebraica di Gerusalemme, che dirige gli scavi – Il regime declinava qualunque responsabilità del destino dei prigionieri”.
Hirschfeld spiega che le prigioni non esistevano nell’antichità a causa degli alti costi di mantenimento, così gli accusati erano puniti con la morte o, nel migliore dei casi, con lo sfregio. La pena di morte era una soluzione economica, forniva intrattenimento alle masse ed era un esempio come deterrente. I più fortunati erano condannati a lavorare nelle miniere d’argento e di rame.
Lungo i muri delle celle corrono delle strette panche. Si può solo immaginare quello che pativano i prigionieri mentre aspettavano, nel caldo torrido dell’estate di Tiberiade. Alcuni languivano per mesi, aspettando l’arrivo del governatore, nel caso di un processo complicato.
La buca dei prigionieri è stata scoperta da tre volontari delle ambasciate americana ed inglese e del kibbutz Degania Bet.
Secondo Hirschfeld, l’importanza della scoperta è che si accorda con la teoria che la struttura che sta venendo alla luce sul sito servisse come basilica.
Appena i tre volontari avevano finito di pulire la cella esterna e stavano cominciando a togliere le macerie dalla cella occidentale, altri volontari trovarono una moneta sotto l’intonaco del pavimento. Hirschfeld pensa che la moneta appartenesse ad uno degli intonacatori. Un partecipante agli scavi ha ipotizzato che invece appartenesse ad un criminale colletto-bianco in attesa di processo.

(Da: Ha’aretz, 28.11.05)