Trump non considera gli insediamenti un ostacolo alla pace

Lo afferma un alto consigliere del neoeletto presidente Usa, ricordando come lo sgombero degli insediamenti da Gaza non abbia certo portato la pace

Jason Greenblatt, consulente

Jason Greenblatt, consulente di Donald Trump per le questioni relative a Israele

Il neo eletto presidente Usa Donald Trump non considera gli insediamenti ebraici in Cisgiordania come un ostacolo alla pace con i palestinesi e manterrà la promessa fatta in campagna elettorale di spostare l’ambasciata degli Stati Uniti a Gerusalemme. Lo ha detto giovedì a radio Galei Tzahal Jason Greenblatt, alto consigliere di Trump per le questioni relative a Israele.

Finora le varie amministrazioni americane hanno sempre sostenuto che gli insediamenti israeliani in Cisgiordania sono illegittimi e che la loro presenza costituisce uno dei principali ostacoli sul percorso per arrivare a un accordo di pace. Trump invece, ha detto Greenblatt, ritiene che israeliani e palestinesi debbano risolvere fra loro le divergenze che li dividono, senza che il mondo imponga un piano di pace.

“Trump non considera gli insediamenti un ostacolo alla pace e penso che porterebbe la vicenda di Gaza a riprova di questo fatto” ha spiegato Greenblatt, facendo riferimento al ritiro unilaterale dalla striscia di Gaza, nell’estate 2005, di tutti i militari e civili israeliani, con lo sgombero di tutti i 21 insediamenti ebraici che vi si trovavano. Dopo il ritiro, i terroristi palestinesi hanno continuato ad attaccare Israele da Gaza, in particolare con il lancio di migliaia di razzi sulla popolazione civile israeliana, tanto che le Forze di Difesa israeliane  hanno dovuto ripetutamente reagire con ampie campagne militari contro le strutture terroristiche di Hamas e altri gruppi, collocate in mezzo alla popolazione palestinese di Gaza.

Infografica delle Forze di Difesa israeliane sulla minaccia dei razzi di Hamas da Gaza (clicca per ingrandire)

“Spetta alle due parti decidere come sistemare la regione – ha continuato Greenblatt – ma certamente Trump non ritiene che le attività di insediamento debbano essere condannate come ostacolo alla pace, giacché non lo sono. Secondo Trump, Israele si trova in una posizione molto difficile e deve potersi difendere. Trump non ha intenzione di imporre una soluzione a Israele, e pensa piuttosto che la pace debba venire dalle parti stesse”. In ogni caso, ha aggiunto il consulente del presidente americano che entrerà in carica il prossimo gennaio, Trump resta disponibile a dare il suo aiuto, se gli verrà chiesto. “E’ pronto a dare ogni contributo utile possibile – ha detto – ma non è questo il suo obiettivo, né deve essere l’obiettivo di chiunque altro con lo scopo di imporre una soluzione alle parti”.

All’inizio di novembre il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva ribadito che attacchi agli insediamenti ebraici in Cisgiordania, come quelli continuamente ripetuti dall’amministrazione uscente di Barack Obama, sono fuorvianti. “Ritengo sbagliata tutta l’attenzione che molti pongono sugli insediamenti – aveva spiegato Netanyahu – Il conflitto contro Israele è iniziato mezzo secolo prima degli insediamenti, e quando abbiamo sgomberato tutti gli insediamenti da Gaza il conflitto è continuato con i razzi lanciati contro di noi”.

A proposito dell’impegno preso da Trump di spostare l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme – una promessa già fatta in campagna elettorale da altri candidati che tuttavia non l’hanno concretizzata una volta eletti – Greenblatt ha detto che a suo parere Trump potrebbe farlo davvero. Nel 1995 il Congresso americano ha approvato una legge che impegna l’amministrazione a trasferire l’ambasciata a Gerusalemme, dando tuttavia al presidente la facoltà di rinviare la decisione se lo ritiene necessario per la sicurezza nazionale. Da allora, ogni presidente americano ha regolarmente esercitato tale facoltà facendo appello a superiori interessi di sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Rompendo con un precedente consolidato da decenni, Trump metterebbe Washington in contrasto con quasi tutti gli stati membri delle Nazioni Unite.

L’ambasciata Usa a Tel Aviv

“Se l’ha detto, vuol dire che intende farlo – ha affermato  Greenblatt nell’intervista – Trump è diverso da qualsiasi presidente che l’ha preceduto negli anni recenti, e penso che sia un uomo di parola. A differenza dell’Unesco, Trump riconosce in pieno il significato storico di Gerusalemme per il popolo ebraico”. Tuttavia, rappresentanti israeliani di alto livello rimangono scettici. Fra loro, anche il ministro per gli affari di Gerusalemme Ze’ev Elkin che ha detto a Jerusalem On Line: “Tutti i candidati alla presidenza, ad eccezione di Hillary Clinton, hanno promesso di spostare l’ambasciata a Gerusalemme, ma non hanno mai fatto. Non sono convinto che accadrà”.

(Da: Times of Israel, Jerusalem On Line, 10.11.16)