Tutte le nakbe dell’imperialismo e dell’oppressione in Medio Oriente

Chi sente mai parlare, oggi, dei milioni di persone che hanno sofferto espulsioni, persecuzioni e massacri sotto l'imperialismo turco e arabo?

Di Hen Mazzig

Hen Mazzig, autore di questo articolo

Ogni anno, il 15 maggio, attivisti palestinesi in tutto il mondo compiangono la nakba (catastrofe), cioè la rinascita dello stato ebraico, con narrazioni fittizie su come gli ebrei europei “bianchi” arrivarono e colonizzarono la terra degli indigeni arabi palestinesi.

Quello che non compare mai, in questa diatriba su ciò che accadde o non accadde ai palestinesi nella loro catastrofe, sono le storie vere delle decine di milioni di persone che hanno subito genocidi, espulsioni e assimilazioni forzate (genocidi culturali) sotto l’imperialismo arabo e turco.

La mia famiglia è composta da ebrei berberi (amazigh) da parte di padre ed ebrei iracheni da parte di madre. Entrambi vennero espulsi dai loro paesi, ed per via di questa persecuzione che sono venuto a conoscenza di queste storie che non vengono quasi mai raccontate. Col tempo ho appreso che molti altri gruppi umani sono stati perseguitati, in massa, senza alcuna restituzione né alcun “diritto al ritorno”, e che la comunità internazionale stava (e sta) zitta. Perché questa doppia morale?

Negli ultimi 150 anni, si sono verificate nakbe in Nord Africa, nel Medio Oriente e nel Mediterraneo orientale. Fra le vittime di questi stermini di massa, in gran parte misconosciuti, vi sono assiri (300.000 dal 1914 al 1920), armeni (1,5 milioni dal 1914 al 1923), curdi (180.000 dal 1986 al 1989), greci (750.000 dal 1913 al 1920), yazidi (10.000 nel solo 2014, sconosciuti gli altri dati), sudanesi nel Darfur (300.000 dal 2003 al 2009). Fra le vittime di espulsioni e persecuzioni sfociate nell’emigrazione forzata si contano maroniti libanesi (tra 8 a 14 milioni nella diaspora e 4 milioni in Libano), cristiani assiri (15 milioni nella diaspora e in Siria), armeni sotto l’impero turco (oggi 11 milioni nella diaspora). Ci sono poi gli 850.000 ebrei che vennero espulsi o costretti a fuggire da Nord Africa e Medio Oriente, così come il milione di copti che hanno lasciato l’Egitto.

Ad ogni commemorazione della “nakba”, i palestinesi esibiscono la mappa delle loro rivendicazioni: Israele deve essere cancellato dalla carta geografica

E dove non si ebbero espulsioni o emigrazioni forzate, si ebbero spesso vaste persecuzioni. Chi sente mai parlare, oggi, dell’assimilazione forzata di berberi, curdi e sudanesi? Dagli anni ’60, queste comunità hanno subito l’arabizzazione forzata nelle scuole e nelle istituzioni governative. Ad esempio, solo nel 2002 il berbero è diventato lingua riconosciuta in Algeria. Fino al 2002 il curdo era proibito in tutti i mass-media turchi. Le leggi da apartheid contro le comunità ebraiche nello Yemen imponevano che i bambini ebrei venissero tolti alle famiglie e dati ai musulmani con conversioni forzate. Ci sono molti altri esempi simili riguardanti le comunità ebraiche un po’ in tutto il Medio Oriente, anche nella seconda metà del XX secolo. E fino ad oggi non si è vista alcuna restituzione di nessun tipo da parte degli autori di questi crimini odiosi.

Queste storie non si sentono nelle università, nei raffinati ritrovi a Londra o Parigi e certamente non su Al-Jazeera, su AJ+, sulla tv turca e neanche, purtroppo, sui mass-media internazionali. In tutto il mondo, invece, si sente dire da tanti “esperti” che il Medio Oriente è stato turco, arabo e iraniano sin dall’alba dei tempi. Parleranno con grande eloquenza di come questi popoli siano stati vittime dell’aggressione europea e sionista, ignorando totalmente la storia di tutti gli altri gruppi umani della regione. Armeni, georgiani, assiri, curdi, ebrei e cristiani libanesi cercarono l’indipendenza dagli imperi dominanti arabi e turchi. Prima di loro, anche greci e serbi avevano fatto lo stesso. E sì, molti di questi gruppi cercarono l’aiuto degli europei occidentali.

Profughi yazidi iracheni in fuga dai jihadisti dell’ISIS, nell’agosto 2014

Dal 1880 al 1923, i propugnatori del pan-turchismo tentarono di unificare i vari popoli turchi e furono cruciali nel rivendicare come di loro proprietà le zone che i turchi avevano conquistato da colonizzatori come l’Armenia, la Grecia e le regioni assire dell’attuale Turchia. E istigarono massacri in quelle aree non appena i gruppi soggetti al loro dominio, come greci assiri e armeni, mostrarono il minimo segno di voler perseguire l’indipendenza. I turchi si assicurarono che i curdi e gli assiri rimasti fossero sottoposti ad assimilazione forzata, ed espulsero dalla Turchia tutti i greci e gli armeni.

Dal canto loro, i propugnatori del pan-arabismo rivendicavano come originarie terre arabe le regioni in cui gli arabi si erano stabiliti in forza del loro colonialismo nel Medioevo o anche più tardi. Aiutando gli inglesi a sconfiggere l’Impero ottomano, i capi arabi si misero in condizione di conquistare paesi multi-culturali e perseguire i loro obiettivi imperialisti. Così, i pan-arabisti imposero la cultura e i costumi arabi ad assiri, berberi, maroniti e copti egiziani. Negli anni ’40 crearono la Lega Araba e cercarono di arabizzare tutto il Nord Africa e il Medio Oriente.

In realtà, tutti i popoli indigeni del Medio Oriente – dai curdi agli assiri agli ebrei ai maroniti, molti già decimati dagli omicidi di massa – erano presenti alla conferenza per il Trattato di Versailles e chiedevano l’autodeterminazione nazionale. Solo ebrei e armeni (gli ebrei sotto gli inglesi e gli armeni sotto i russi) riuscirono a ottenere l’indipendenza.

Anche quest’anno, il 15 maggio innumerevoli attivisti promuoveranno campagne più o meno propagandistiche per commemorare i profughi arabi palestinesi del conflitto arabo-israeliano. Mi piacerebbe che tutte queste persone esprimessero, per i milioni di persone che erano e sono ancora realmente oppresse dalle potenze imperiali mediorientali, almeno metà della simpatia che manifestano per i palestinesi.

(Da: jns.org, Israel HaYom, 29.4-3.5.19)