Tutto cambia, quando sei tu nel mirino

Talvolta in Europa sembra di sentir dire: “Svegliamoci, perché qui non sono più solo gli ebrei in pericolo, ma anche tutti noi"

Di Renee Garfinkel

Renee Garfinkel, autrice di questo articolo

Alcuni la chiamano ipocrisia. Altri, meno sentenziosi, la definiscono una carenza di empatia successivamente corretta dall’esperienza. Io la chiamo più semplicemente la sindrome di “chi è nel mirino”. Un certo evento, una politica, un’ideologia vengono visti in modo assai diverso a seconda del grado di coinvolgimento degli interessi personali dello spettatore.

Sorprendentemente semplice e ovvio, il criterio “chi è nel mirino” è un utile filtro attraverso cui guardare la politica mondiale. Basta scorrere le notizie per trovare sempre nuovi esempi di come cambia il senso dei fatti e di come vengono riconsiderate le priorità a seconda di chi si trova nel mirino.

Si prenda per esempio la mutevole politica della Francia verso l’Iran. La Francia si era messa alla testa del movimento di paesi impegnati a eludere le sanzioni contro l’Iran nonostante il ruolo evidente dell’Iran come primo esportatore mondiale di terrorismo. Poi Parigi ha saputo dei piani di Teheran di organizzare un grave attentato in terra francese: c’era il Ministero dell’intelligence iraniano dietro a un complotto ordito lo scorso giugno per attaccare una manifestazione alle porte di Parigi di un gruppo d’opposizione iraniana in esilio. Quando i francesi si sono ritrovati nel mirino – cioè, anche loro e non altri paesi – il loro atteggiamento nei confronti dell’Iran è nettamente cambiato. La scorsa settimana la Francia ha sequestrato beni iraniani e arrestato due cittadini iraniani. Ora le relazioni diplomatiche tra i due paesi sono fredde e tese. Eppure nulla è cambiato di ciò che si sa dell’Iran e di ciò che fa l’Iran: tranne il suo obiettivo. E questo cambia tutto, perché tutto dipende da chi si ritrova nel mirino.

Un altro esempio è quello dell’Unrwa, l’agenzia Onu per i profughi palestinesi. Caso unico nella storia delle agenzie per i rifugiati, l’Unrwa non si dedica alla riabilitazione e al reinsediamento dei rifugiati bensì a preservare la loro totale dipendenza economica dagli aiuti esteri e a tramandare lo status di profugo per generazioni, potenzialmente all’infinito. Da molto tempo l’Unrwa è sfacciatamente ostile a Israele e complice nel forgiare una cultura della violenza fra i profughi palestinesi, in particolare nella striscia di Gaza. Non ha avanzato la minima obiezione durante mesi e mesi di escalation delle violenze ai confini con Israele e di incendi dolosi organizzati da Hamas.

Anche il mural su una scuola Unrwa nel campo di Balata (Nablus), rappresenta la mappa delle rivendicazioni palestinesi con la cancellazione di Israele dalla carta geografica

Al contrario, questa agenzia delle Nazioni Unite sostiene la violenza. Le scuole dell’Unrwa insegnano programmi anti-israeliani. In estate, le stesse scuole vengono utilizzate come campi di addestramento paramilitare in cui a ragazzi e bambini palestinesi viene insegnato come preparare bombe molotov e altri ordigni esplosivi. Le scuole dell’Unrwa hanno cresciuto con successo una popolazione intrisa di rabbia, odio e demonizzazione e vantano un buon numero di capi terroristi tra i loro diplomati.

Non basta. L’Unrwa ha contribuito ad alimentare la cultura della violenza a Gaza consentendo che i suoi edifici scolastici fossero usati per attacchi di cecchini, che i suoi campi-profughi fossero usati per fabbricare e immagazzinare armi e bombe, che le sue ambulanze fossero usate per trasportare terroristi in piena attività. Diversi dipendenti dell’Unrwa sono risultati direttamente collegati ad attacchi terroristici contro i civili, e molti altri dipendenti dell’agenzia Onu inneggiano apertamente al terrorismo sui social network. E’ un’agenzia intimamente coinvolta coi terroristi di Hamas, e animata da un totale disprezzo verso Israele. Ma la cultura violenta che l’Unrwa ha contribuito a promuovere le si è rivoltata contro. Quando i dipendenti internazionali dell’agenzia si sono ritrovati nel mirino, minacciati di violenza dal loro stesso personale locale in protesta, Hamas non ha mosso un dito per aiutarli. Al contrario, si è schierata con la folla minacciosa pronta al linciaggio. E così l’Unrwa ha fatto appello a Israele. Quando l’Unrwa stessa si è ritrovata nel mirino, improvvisamente Israele non è apparso più come l’acerrimo nemico. L’Unrwa ha chiamato Israele, e Israele è venuto in suo soccorso.

Il tracciato del tunnel terroristico distrutto giovedì dalle Forze di difesa israeliane (clicca per ingrandire)

La politica nel Medio Oriente è particolarmente confusa, con complessità e contraddizioni che disorientano gli estranei. Stati del Golfo come il Qatar (e non solo) fanno parte, sotto vari aspetti, della lotta contro il terrorismo, ma allo stesso tempo sono finanziatori del terrorismo. Il Qatar finanzia i Fratelli Musulmani, Hamas, Hezbollah in Libano, i talebani afghani e Al Nusra, la propaggine di al-Qaeda in Siria. Queste politiche apparentemente contraddittorie servono al Qatar, piccolo ma estremamente ricco, per proiettare potere a livello internazionale. Che si approvi o disapprovi la sua strategia dipende dal fatto che ci si trovi o meno nel mirino.

I comportamenti di Francia, Unrwa e Qatar corrispondono a situazioni molto diverse fra loro, ma tutte riflettono la forza irresistibile dell’interesse personale dello spettatore nella percezione degli eventi.

Nel 2014, vi fu un attentato terrorista contro il Museo ebraico di Bruxelles: quattro persone vennero uccise a colpi d’arma da fuoco da un terrorista islamista, un uomo nato in Francia che era tornato in Europa dopo aver combattuto in Siria. Nonostante le prove in senso contrario, le autorità belghe conclusero che il terrorista era un “lupo solitario”. Non lo era. L’assassino faceva parte di una rete di analoghi terroristi islamisti europei, guidati da un uomo di nome Abdelhamid Abaaoud le cui vittime, l’anno successivo, sarebbero state 130 persone innocenti a Parigi. Dopo la terribile carneficina di Parigi, è stato riferito che un’autorità belga ha detto: “Qui non si tratta più soltanto di sinagoghe e di museo ebraico: qui si tratta di ritrovi di gente e luoghi pubblici”. Alt un momento: ma non sono ritrovi di gente e luoghi pubblici anche musei e luoghi di culto ebraici? In realtà, quella frase costituiva la frase in codice europeo per dire: “Svegliamoci e prendiamo la cosa sul serio, perché ora non sono più solo gli ebrei a essere in pericolo, ma anche il resto di noi”. Appunto: tutto dipende da chi si trova nel mirino.

(Da: Jerusalem Post, 9.10.18)

 

Un’immagine del tunnel terroristico distrutto giovedì dalle Forze di difesa israeliane

Le Forze di Difesa israeliane hanno annunciato giovedì d’aver scoperto e neutralizzato un tunnel che dalla striscia di Gaza entrava in territorio israeliano. Il tunnel, destinato ad essere utilizzato da Hamas per condurre attacchi terroristici all’interno di Israele, originava nei pressi della località meridionale di Khan Younis e si allungava per circa un chilometro, penetrando per 200 metri al di là del confine nel sottosuolo d’Israele. All’interno della striscia di Gaza il tunnel, costruito in cemento e altri materiali e dotato di elettricità e cavi di comunicazione, era collegato a diramazioni e ingressi che fanno parte della rete di tunnel di Hamas.

Le forze israeliane hanno monitorato la costruzione del tunnel per diversi mesi, dopo averlo individuato. “La decisione sul momento della sua demolizione – ha spiegato il portavoce militare Ronen Manelis – è legata a considerazioni operative e al fatto che il tunnel è stato connesso a una rete di altri tunnel all’interno della striscia. Per tutto il tempo abbiamo studiato e analizzato il tunnel per migliorare le nostre capacità di fare fronte a questa minaccia”. Israele accusa Hamas di investire ingenti fondi in strutture terroristiche anziché in opere di ingegneria civile. “Il costo di un tunnel come questo, con linee telefoniche ed elettriche (stimato in almeno 3 milioni di dollari), è stato coperto a spese dei civili di Gaza – ha sottolineato il portavoce militare – Hamas preferisce investire fondi nei tunnel anziché prendersi cura dei suoi civili, il che dimostra ancora una volta che Hamas è pronta a sfruttare la sua popolazione a scopi terroristici”. “Il nostro lavoro non cessa mai, sopra o sotto terra – ha twittato giovedì il ministro della difesa Avigdor Lieberman – Il tunnel terroristico che abbiamo distrutto questa mattina è un altro tunnel che Hamas non potrà utilizzare per attaccare Israele”. Dall’ottobre 2017, le Forze di Difesa israeliane hanno scoperto e neutralizzato 15 tunnel terroristici nella striscia di Gaza.

Nel frattempo continua il terrorismo degli incendi dolosi, con il lancio di aerostati incendiari dalla striscia di Gaza. Mercoledì sono stati appiccati sette incendi nelle comunità israeliane vicine a Gaza, mentre un pallone incendiario è atterrato in un’area non edificata nella città di Gedera, a 35 km dalla striscia di Gaza. Martedì sera, un altro pallone incendiario palestinese è caduto nel cortile di un edificio residenziale a Kiryat Malakhi, a 27 km da Gaza. Mercoledì gli artificieri della polizia israeliana sono intervenuti anche a Gerusalemme per disinnescare un dispositivo incendiario attaccato a un pallone atterrato nei pressi della via principale del quartiere residenziale German Colony. Si tratta del terzo caso del genere registrato a Gerusalemme questo mese. Lunedì scorso, un pallone con dispositivo incendiario era atterrato su una casa privata nel sobborgo di Givat Ze’ev (Gerusalemme nord). All’inizio del mese, un altro pallone terroristico era atterrato sull’autostrada che corre adiacente alla vicina città di Modi’in.
(Da: IDF, Israel HaYom, YnetNews, Jerusalem Post, jerusalemonline, 11.10.18)

Giovedì sera le Forze di Difesa israeliane hanno diffuso un filmato relativo all’intervento sul tunnel terroristico di Hamas:

Le Forze di Difesa israeliane hanno anche diffuso un messaggio in arabo in cui il coordinatore per le attività governative nei territori, Kamil Abu Rokon, annuncia la distruzione del tunnel che violava la sovranità del territorio israeliano, e afferma: “Abitanti di Gaza, considerate il quadro completo: nonostante le vostre difficili condizioni, l’organizzazione terroristica Hamas continua a investire ingenti fondi nel terrorismo, invece di prendersi cura di voi e sviluppare infrastrutture civili nella striscia. di Gaza. Anziché usare ferro e cemento per costruire scuole, asili e ospedali, Hamas usa questi materiali per costruire micidiali tunnel terroristici. Noi sventiamo il terrorismo e distruggiamo i tunnel, e il denaro finisce nella spazzatura. Chi alla fine ci rimette siete voi, abitanti di Gaza”. Kamil Abu Rokon avverte che Israele è assolutamente determinato a fare tutto ciò che è necessario per difendere i propri cittadini per terra, dal cielo, dal mare e nel sottosuolo, ma conclude ribadendo che, tuttavia, Israele non ha alcun interesse a imprimere un’escalation.

 

Due israeliani, un riservista di 32 anni e una donna di 26 anni, sono rimasti feriti giovedì, ad una fermata d’autobus fra Har Bracha e Itamar, nell’area di Nablus (Cisgiordania settentrionale), da un terrorista palestinese che li ha aggrediti a colpi di pugnale per poi darsi alla fuga, forse aiutato da un complice in auto. Alcuni passanti hanno tentato invano di bloccarlo.
(Da: Israel HaYom, YnetNews, Jerusalem Post, 11.10.18)