Un copione da non ripetere

Durante gli anni di Oslo, ogni fase negoziale era accompagnata da ampi provvedimenti di amnistia per gruppi di terroristi detenuti.

Di Gerald M. Steinberg

image_567Il generale ottimismo circa i recenti miglioramenti nei rapporti fra israeliani e palestinesi nasconde tuttavia alcuni ostacoli non secondari. Uno dei più importanti, e prevedibili, è la richiesta da parte palestinesi che Israele proceda alla scarcerazione in massa di tutti i detenuti palestinesi, compresi i terroristi e i loro complici e mandanti.
Durante gli anni del processo di Oslo (1993-2000), ogni fase negoziale era accompagnata da ampi provvedimenti di amnistia per gruppi di terroristi, che firmavano persino una dichiarazione ufficiale di rinuncia al terrorismo. E ogni volta le solenni dichiarazioni di cessate il fuoco si dimostravano di pura facciata, utili solo ai gruppi terroristici per riorganizzarsi e riarmarsi, permettendo loro di prepararsi per la successiva (e più letale) ondata di attentati.
Dopo il 1996, quando l’allora primo ministro israeliano Binyamin Netanyahu richieste che si ponesse fine alla pratica della “porta girevole” (l’Autorità Palestinese arrestava pubblicamente alcuni terroristi per poi rilasciarli subito dopo in sordina), i dirigenti palestinesi organizzarono sommosse di massa con tanto di attacchi contro soldati israeliani ed escalation di violenze. Ciò non fece che aumentare le tensioni fino allo scontro aperto, con numerose vittime. Per Arafat e i capi di Hamas, che su queste violenze prosperavano, la richiesta di scarcerazioni massicce di detenuti palestinesi rappresentava la via maestra verso l’escalation e lo spargimento di sangue.
Alla luce di questi precedenti, era inevitabile che all’ultimo round del conflitto facesse seguito ora un nuovo scontro sulla scarcerazione di terroristi. Quando Marwan Barghouti, il popolare capo dei terroristi Tanzin di Fatah, ritirò la sua candidatura alle presidenziali dell’Autorità Palestinese, la questione passò nelle mani di Mahmoud Abbas (Abu Mazen).
Oggi, come in passato, la richiesta palestinese si fonda sulla consuetudine generale nei negoziati dopo aspri conflitti armati, per cui il processo di riconciliazione comprende anche il reciproco scambio di prigionieri. Ma, come Israele non si stanca di sottolineare, i terroristi in questione non facevano parte di un esercito sconfitto in una guerra combattuta secondo le norme della Convenzione di Ginevra. Qui si tratta piuttosto di individui che hanno violato tutte le regole di un comportamento minimamente civile (macchiandosi di quelli che di recente anche il Commissario UE per giustizia e sicurezza ha definito ”crimini contro l’umanità”). E, come si è visto, la guerra contro Israele ha continuato ogni volta ad andare avanti con la partecipazione attiva di detenuti appena scarcerati.
Dopo più di mille innocenti deliberatamente assassinati in attentati suicidi e altri tipi di attacchi terroristici, in Israele esiste una forte opposizione all’idea di procedere ancora una volta secondo questo stesso copione. Secondo gli israeliani, anziché essere rilasciati in massa questi terroristi dovrebbero piuttosto essere processati per crimini contro l’umanità commessi in aperta violazione dei più fondamentali diritti umani.
Durante l’epoca di Arafat, le prime richieste di scarcerazioni vennero accompagnate da violente manifestazioni sotto la guida di gruppi organizzati di famigliari di detenuti. Infervorati manifestanti cercavano lo scontro con i soldati israeliani, dando vita alla catena di attacchi, reazioni e, inevitabilmente, vittime da entrambe le parti. I mass-media palestinesi infiammavano ulteriormente gli animi, i manifestanti diventavano ancora più violenti e si avevano altri morti, altri funerali, altre grida di vendetta. Si trattava di una ricetta, semplice e sperimentata, per innescare l’escalation nel conflitto.
Se questo scenario dovesse ripetersi oggi, i fragili progressi che sono stati fatti negli ultimi due mesi di relativa collaborazione verrebbero immediatamente fatti a pezzi.

(Prof. Gerald M. Steinberg, direttore del Program on Conflict Management dell’Università Bar-Ilan, su Jerusalem Post, 6.2.05)

Nella foto in alto: Terroristi della Jihad Islamica manifestano lunedì a Gaza per la scarcerazione dei detenuti palestinesi.