Un inno al pluralismo musicale

A Haifa, Gerusalemme e Beer Sheva la decima edizione del Festival della Musica Israeliana

Da un articolo di Haggai Hitron

image_1835Benché l’evento sia chiamato Festival della Musica Israeliana, sarebbe più appropriato definirlo Festival dei Musicisti Israeliani. Come si vedrà chiaramente, infatti, non esiste una vera e propria musica israeliana: gli artisti del Festival comprendono musicisti con gusti e approcci assolutamente diversi, il cui unico tratto in comune è che fanno tutti solo musica artistica.
Il Festival, che dura tre giorni a partire da martedì a Haifa con una maratona di esecuzioni, seguita da altri due giorni intensissimi a Be’er Sheva e Gerusalemme, presenta opere di oltre 50 compositori, scelti con l’idea di assicurare il massimo pluralismo. I rappresentanti della generazione di artisti più vecchia comprendono Paul Ben-Chaim, Mark Lavry e Menahem Avidom, seguiti da quelli come Zvi Avni, Shimon Cohen, Tsippi Fleischer, Ron Weidberg e perfino Korin Alal. Il Festival ospiterà solisti, complessi da camera e orchestre sinfoniche, e i visitatori potranno incontrare i compositori, che discuteranno dei loro lavori e risponderanno alle domande del pubblico.
I pezzi che saranno eseguiti sono stati scelti dal compositore Michael Wolpe, del kibbutz Sde Boker, che insegna alla Rubin Academy of Music and Dance di Gerusalemme. Wolpe ha assunto la carica di direttore musicale del Festival l’anno scorso, ed ha accettato di rimanere fino alla fine del 2008. L’evento è organizzato dall’Israel Music Institute (IMI), sotto la direzione di Paul Landau.
L’abbondanza di creatività presentata all’Israeli Music Festival è anche un riflesso delle accademie, spiega Wolpe. “C’è stato un notevole aumento nel numero degli studenti di composizione – dice – Quando studiavo io all’Accademia a Gerusalemme c’erano solo sei studenti di composizione. Ora ce ne sono 20”.
Quest’anno il Festival celebra il suo primo decennio, e si è molto ingrandito, con il doppio di concerti rispetto all’anno scorso. Ma la quantità è così importante?
Wolpe: “Vogliamo dimostrare che l’attività artistica musicale in Israele non è una cosa piccola e marginale. Noi dichiariamo in modo forte e chiaro che qui accadono cose splendide, che meritano di essere ascoltate in scena e che sono realizzate nonostante tutte le difficoltà, perché solo pochi paesi occidentali stanziano fondi così esigui per la cultura”.
Scegliendo i lavori e i compositori, vi attenete all’approccio pluralistico, offrendo un palco a orchestre sinfoniche, cori giovanili e perfino a cantanti rock come Korin Alal e Avi Balili.
“Esatto. Io sostengo il pluralismo, e mi costa caro, perché alcuni confondono pluralismo con populismo. Uno dei miei colleghi, di cui tacerò il nome, mi ha detto che ritiene che la quantità danneggi la qualità e che sta pensando di rendere pubblica la sua opinione”.
Wolpe, tuttavia, non si lascia intimidire.
“Nel corso dei miei tre anni come direttore musicale del Festival intendo offrire al pubblico non meno di 150 compositori. Non ho inserito solo opere che proprio non mi piacciono, ma questo non limita la selezione, perché i miei gusti sono molto vari. Ho accettato questo lavoro per tre anni, e spero che chiunque mi succeda lo tenga per tre anni. Questo garantisce la varietà”.
Anche così, Wolpe ammette che il suo pluralismo non è senza limiti. Un’opera viene inclusa nel Festival solo se lui ritiene che ‘funzionerà’ in un concerto. Che tipo di musica israeliana non è compresa nel Festival?
“La musica commerciale, del tipo che si sente sul Canale 2 della TV e sulle stazioni radio Reshet Gimmel e Galgalatz. Sono disposto a includere i finalisti del ‘Kochav Nolad’ [la versione israeliana di American Idol], ma non le canzoni che sono di solito cantate in quel programma”.
E un musicista come Shlomi Shaban?
”Certamente sì. Sono in contatto con lui. Solo che questa volta non ci siamo riusciti”.
E la musica ebraica?
“Se il Festival durasse una settimana, includerei anche la musica ebraica. Ma nella sua forma attuale, permette solo un piccolo assaggio. Sogno il giorno in cui potrò portare al Festival un vasto pubblico di ultra-ortodossi”.
Secondo lei, come mai qui non c’è l’abitudine di presentare repliche di opere di compositori di 40-50 anni? Le esecuzioni si fanno, ma non si replicano. Anche se ci sono, questi concerti comprendono solo opere della generazione precedente di compositori israeliani, come Ben-Chaim e Partos.
“La ragione è che i compositori di 40-50 anni appartengono alla generazione controversa. Abbiamo con loro buoni rapporti normali e personali, ma c’è una differenza di opinioni quando si tratta di gusti e scuole di pensiero. Un’altra ragione è che non abbiamo ancora formato una prospettiva su questi lavori”.
Quindi, lei ritiene che sia meno legittimo includere repliche di opere composte da membri della sua generazione?
“Certo. Ne sono anche conscio come compositore. Si potrebbe chiamare ‘sindrome della prima.’ Agli organizzatori dei concerti non interessano opere che sono già state eseguite. Questo è un atteggiamento assolutamente sciocco, nonché un fenomeno tipicamente israeliano. Parte della spiegazione è che il Ministero della Cultura offre maggiori finanziamenti per le opere in prima esecuzione”.
Parlando di finanziamenti, Landau osserva che il budget per il festival di quest’anno è di poco più di 500.000 shekel. L’intera somma è fornita dal Ministero della Cultura (attraverso il dipartimento di musica dell’Amministrazione della Cultura), mentre il comune di Gerusalemme e l’università Ben-Gurion del Negev aiutano fornendo sale gratuite o a prezzo scontato.
La maggior parte del budget andrà a coprire il pagamento dei musicisti. I compositori stessi non ricevono alcuna remunerazione diretta. Invece, l’IMI paga l’ACUM (Association of Composers, Authors and Publishers of Music), e l’ACUM a sua volta paga i diritti ai compositori. Landau dice che ogni compositore riceve circa 1.000 shekel per un festival come questo. Per quanto riguarda gli artisti esecutori, 170.000 shekel del budget sono assegnati alle quattro orchestre e altri 130.000 shekel ai complessi da camera. Anche i direttori d’orchestra ricevono pagamenti speciali, oltre alle somme pagate all’orchestra intera.
“Questi sono accordi commerciali che di solito rimangono confidenziali” spiega Landau.
Le orchestre che partecipano al Festival sono la Haifa Symphony Orchestra (diretta dal direttore permanente Noam Sheriff), la Jerusalem Symphony Orchestra (diretta da Mendi Rodan) e la Israel Sinfonietta (diretta dal suo direttore fisso Doron Salomon).
Finora, l’Israel Philharmonic Orchestra si è esibita solo una volta in questo Festival, cinque anni fa, e Landau dice che quest’anno non può partecipare a causa di altri impegni.
La stazione radio The Voice of Music trasmette i concerti sinfonici del Festival, sia in diretta che registrati. Gli altri concerti saranno registrati dagli organizzatori. L’ingresso a tutti i concerti è gratuito, ma si devono prenotare i biglietti in anticipo. Landau dice che l’interesse del pubblico è enorme. Sono già stati prenotati 500 biglietti per il concerto di Be’er Sheva, e 600 per quelli di Gerusalemme.
Considerata la richiesta, non rimpiange di non far pagare il biglietto? Assolutamente no, dice Landau: “Perderemmo le masse”.

(Da: Ha’aretz, 18.09.07)

Nella foto in alto: la clarinettista israeliana Orit Orbach