Un insulto diplomatico, un abuso del diritto internazionale

Con la Commissione d’Inchiesta permanente, l'Onu porta la sua guerra contro Israele a un nuovo livello. Bisognerebbe tenere conto di questo linciaggio internazionale quando si giudica il comportamento degli elettori israeliani

Di Dore Gold

Dore Gold, autore di questo articolo

Ogni tanto i nemici di Israele alle Nazioni Unite intraprendono un’iniziativa il cui chiaro intento è quello di minare la legittimità stessa dello stato ebraico.

Impossibile dimenticare la risoluzione dell’Assemblea Generale del 1975 “Sionismo uguale razzismo”, che l’allora ambasciatore d’Israele all’Onu Chaim Herzog fece platealmente a pezzi dal podio di quell’organismo. È vero che nel 1991 la stessa Onu ha revocato la risoluzione, ma essa ha comunque lasciato il segno. Tanti anni dopo il tentativo di minare la legittimità di Israele rimane un tema ricorrente negli affari internazionali, mentre nessuno ha mai cercato di minare la legittimità di Francia, Germania o Svezia.

In anni più recenti, le Nazioni Unite istituirono una sedicente missione conoscitiva sul conflitto di Gaza, affidandola alla guida del giudice sudafricano Richard Goldstone. Nel 2009 vennero pubblicate le vergognose conclusioni del cosiddetto Rapporto Goldstone, che arrivava al punto di sostenere che le Forze di Difesa israeliane uccidono deliberatamente i civili palestinesi. Poco tempo dopo, lo stesso Goldstone ripudiò il suo rapporto con un editoriale sul Washington Post. Ma la reputazione delle Forze di Difesa israeliane era stata irrimediabilmente infangata dalle falsità che l’Onu aveva ormai pubblicato e diffuso in modo acritico e preconcetto.

I membri della Commissione d’inchiesta internazionale indipendente delle Nazioni Unite (da sinistra: Chris Sidoti, Navanethem Pillay, Miloon Kothari)

L’ultima vergogna dell’Onu nei confronti di Israele è la Commissione d’Inchiesta internazionale indipendente delle Nazioni Unite, istituita nel maggio 2021 dal Consiglio Onu per i Diritti Umani con sede a Ginevra. Ciò che è emerso dal rapporto presentato nel giugno 2022 è la decisione del Consiglio Onu per i Diritti Umani di rendere permanente la Commissione d’Inchiesta non ponendo alcun limite di tempo al suo lavoro. La risoluzione chiede alla nuova Commissione di “indagare su tutte le cause profonde alla base delle tensioni ricorrenti, dell’instabilità e del protrarsi del conflitto”. Questo linguaggio costituisce un chiaro invito a creare un organismo che muova accuse in modo contro lo stato di Israele in modo perenne: a differenza di tutte le altre commissioni di questo tipo, per questa non sono previsti limiti di tempo, soprattutto nell’indagare le cosiddette “cause profonde”. Si noti che la Commissione d’Inchiesta non ha detto una sola parola sul terrorismo di Hamas. Si tratta solo di Israele, citato 277 volte nel rapporto.

Cosa mira ad ottenere la Commissione d’Inchiesta? Uno dei suoi commissari, un australiano di nome Chris Sidoti, è stato esplicito a questo proposito. Ha permesso alle Nazioni Unite di citarlo quando ha esortato gli stati ad andare oltre il rapporto della Commissione d’Inchiesta e passare a un vero e proprio deferimento davanti alla Corte di Giustizia Internazionale dell’Aia. In poche parole, un commissario teoricamente incaricato di indagare sul conflitto e le sue cause ha già invocato un procedimento giudiziario contro Israele.

Intanto, un primo rapporto del Commissione d’Inchiesta accusa Israele di essere “in larga misura il colpevole della continuazione” del conflitto con i palestinesi (senza una parola sull’incessante terrorismo e sui ripetuti rifiuti palestinesi delle offerte di compromesso israeliane ndr). Non c’è da stupirsi se il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Ned Price, ha concluso che la Commissione d’Inchiesta “prende di mira Israele in modo ingiusto”.

L’intento di “liberare la Palestina dal fiume al mare”, cioè distruggere Israele, non viene nemmeno preso in considerazione dalle commissioni Onu come una causa del conflitto e del suo perdurare

Uno degli argomenti principali del rapporto della Commissione d’Inchiesta è che la presenza israeliana in Giudea e Samaria “è ora illegale secondo il diritto internazionale a causa della sua permanenza”. In altre parole, il rapporto afferma che dopo il 1967 l’Onu non poteva usare questo linguaggio, ma ora si sente libero di sostenere questo argomento giuridico. Cosa è cambiato esattamente nel frattempo? È stato fatto notare che la questione veniva sollevata dalla Commissione d’Inchiesta nello stesso periodo in cui emergeva la risposta internazionale all’annessione illegale di quattro regioni ucraine, lo scorso ottobre, da parte della Russia. Tuttavia, un paragone fra le due controversie territoriali è del tutto infondato. Bisogna sempre ricordare che Israele entrò in Giudea e Samaria nel giugno 1967 nel corso di una guerra di difesa che fu costretto a combattere. Durante il mese precedente i paesi tutt’attorno a Israele, inclusa la Giordania, avevano ammassato gli eserciti lungo i confini. Giudea e Samaria non erano parte di uno stato sovrano: erano territori illegalmente occupati dalla Giordania, che li aveva unilateralmente annessi nel 1950 ma praticamente nessuno (tranne Gran Bretagna e Pakistan) aveva riconosciuto quell’annessione. Le attuali operazioni della Russia in Ucraina non sono legittima difesa, bensì una guerra di aggressione (Israele non ha annesso le regioni Giudea e Samaria né vi ha indetto falsi referendum, ed anzi ha sempre accettato il principio che bisogna negoziare il loro destino e i futuri confini ndr).

In effetti, la giurisprudenza internazionale (come ha spiegato fra gli altri l’eminente esperto di diritto internazionale Elihu Lauterpacht) traccia una chiara distinzione tra modifiche territoriali illegali da parte di un aggressore e modifiche territoriali legittime in risposta a un’aggressione. In breve, un paragone tra Israele nel 1967 e la Russia di oggi è privo di senso. L’unica spiegazione per ciò che l’Onu sta facendo con la sua Commissione d’Inchiesta permanente è la volontà di discriminare e delegittimare Israele: una sorta di insulto diplomatico, un pessimo abuso del diritto e della pratica internazionali che mira solo a portare a un nuovo livello la battaglia contro lo stato ebraico.

(Da: Jerusalem Post, 4.11.22)