Un leader debole

A tre mesi dallinsediamento di Abu Mazen i risultati sono deludenti.

Da un articolo di Barry Rubin

image_658A tre mesi dall’insediamento di Mahmoud Abbas (Abu Mazen) alla dirigenza dell’Autorità Palestinese, i risultati sono deludenti. Certo, ha un compito difficile. E ha deciso di seguire la strategia più accomodante. Ma ciò che conta, ora, sono i risultati. Con dei risultati, Abu Mazen potrebbe utilizzare il suo mandato popolare, l’appoggio internazionale e la flessibilità israeliana per riorganizzare l’Autorità Palestinese, mobilitare Fatah, volgere la sua gente verso la pace e portare a buon fine la vicenda della striscia di Gaza.
Il maggior successo fin qui di Abu Mazen è stato il cessate il fuoco, che tuttavia è stato ottenuto grazie al fatto che quasi tutte le forze sul versante palestinese erano esauste e disponibile a una pausa. Avendo perduto la guerra, erano ben liete di porvi fine, almeno fino alla prossima occasione in cui la violenza sembrerà di nuovo interessante. Anche qui, la strategia di Abu Mazen ha una sua logica. Egli deve fare i conti con tre importanti opposizioni: gli islamisti (come Hamas), i ribelli all’interno di Fatah (le Brigate Martiri di al Aqsa) e i falchi di Fatah (parecchi fra i suoi stessi collaboratori). Ma la sua politica di appeasement, di condiscendenza verso queste opposizioni renderà il suo compito più difficile. Forse è già troppo tardi perché possa cambiare il corso delle cose ed emergerne forte e vincente. Viceversa, Abu Mazen troppo spesso ripete il vecchio approccio di Yasser Arafat: diffondere un annuncio (condanna del terrorismo, avvertimenti agli estremisti, denuncia della corruzione, appello per le riforme delle forze di sicurezza) per poi non farne nulla.
Dare tutta la colpa a Israele sarà sempre più difficile. Il governo israeliano ha scarcerato detenuti, vuole consegnare altre città cisgiordane, appoggia finanziamenti all’Autorità Palestinese, ha sospeso la caccia ai terroristi ricercati e si appresta ad abbandonare la striscia di Gaza. Tutto ciò che può essere imputato a Israele è di costruire qualche nuova casa in alcune aree molto circoscritte della Cisgiordania.

Vediamo qual è la posizione della nuova dirigenza palestinese sulle questioni principali.

Cessate il fuoco. Abu Mazen ha contribuito a persuadere le fazioni palestinesi ad accettare un cessate il fuoco con Israele. Ma gran parte del merito va in realtà all’efficacia delle misure di sicurezza israeliane, oltre all’interesse degli stessi gruppi palestinesi gravemente indeboliti.

Lotta all’illegalità e disarmo dei gruppi armati irregolari. In questo contesto, chi guadagnerà credito popolare quando Israele cederà l’intera striscia di Gaza all’Autorità Palestinese: Abu Mazen o i gruppi armati irregolari? Le forze di sicurezza dell’Autorità Palestinese sono pronte ad affrontare e mettere faccia a terra i gruppi armati irregolari, e ad assumere realmente il controllo di tutto il territorio per poterlo governare?

Riforma delle forze di sicurezza. Sono stati rimossi un paio di comandanti disonesti e incompetenti, ma non è stato fatto alcun vero passo avanti verso la riorganizzazione delle forze di sicurezza, né per garantire la loro disciplina. [Giovedì 14 aprile Abu Mazen ha annunciato d’aver dato disposizioni per l’accorpamento delle forze armate dell’Autorità Palestinese in tre soli apparati]

Traffico d’armi. Sono stati fatti alcuni tentativi di ridurre il passaggio di armi ed esplosivi attraverso il confine, ma le munizioni continuano ad arrivare, e molte finiscono nelle mani dei nemici di Abu Mazen.

Corruzione. Sono stati indagati o minacciati di incriminazione alcuni responsabili, ma per lo più tutto rimane come prima.

Istigazione. Una diminuzione degli appelli per attacchi immediati contro ebrei e un sostegno al cessate il fuoco sono miglioramenti di breve respiro. Ma la continua insistenza sull’illegittimità di Israele e sulla sua futura cancellazione, e le celebrazioni della violenza non promettono bene. I sermoni settimanali dei predicatori religiosi nominati e stipendiati dall’Autorità Palestinese continuano a diffondere un odio agghiacciante verso ebrei e americani.

Ricostruzione di Fatah. Con le elezioni parlamentari fissate per il prossimo luglio, specialmente adesso che Hamas ha deciso di presentare propri candidati, il rilancio di Fatah (il movimento a cui appartiene Abu Mazen) dovrebbe essere una delle massime priorità. Invece, nonostante molti discorsi in questo senso, il livello di passività è incredibile. Fatah va verso il disastro sia sul piano dell’unità interna che su quello del suo appeal tra la gente in generale.

Controllo su ribelli di Fatah e islamismi. Abu Mazen ha avuto colloqui con un sacco di persone, ma i progressi sono a zero.

Sostegno personale da parte del mondo arabo. Abu Mazen non ha ottenuto un forte appoggio o sostegno da parte dei governanti arabi, a parte l’Egitto: un grave insuccesso dal momento che riuscire in questo non dovrebbe essere tanto difficile.

Di nuovo, il compito è arduo. Agire con determinazione contro i “falchi”, i criminali e i terroristi provocherebbe una forte reazione. Ma ciò che è mancato è un serio tentativo di fare appello alle masse passando sopra la testa dei militanti. Non si sono sentiti dei discorsi di Abu Mazen che dicessero seccamente: “Sì, ho messo agli arresti duecento persone accusate di corruzione e ho confiscato degli arsenali di Hamas, ma l’ho fatto per garantire che i teppisti non vadano spadroneggiando nelle vostre strade, non vi estorcano denari con il racket della protezione, non rubino il pane dalle vostre bocche”. Non è stata indicata una nuova visione del futuro dei palestinesi espressa con parole come: “E’ venuto il tempo di fare la pace con Israele e di porre fine al conflitto per sempre. Per ottenere uno stato palestinese indipendente dove potremo vivere in pace e serenità vale la pena abbandonare la nostra rivendicazione su tutto il resto della terra”.
Non combattere la corruzione e l’anarchia, non adottare le misure necessarie per permettere a Israele di lasciare altre città cisgiordane significa perdere l’occasione di mobilitare il sostegno popolare dietro al nuovo leader.
Sì, Abu Mazen ha scelto la strada più accomodante, evitando di assumersi rischi. Ma evitare oggi qualunque scontro, rinunciando a consolidare il proprio potere con vigore, non farà che garantire più avanti uno scontro nel quale egli dovrà battersi da una posizione di debolezza.

(Da: Jerusalem Post, 11.04.05)

Nella foto in alto: terroristi delle Brigate Martiri di Al Aqsa spadroneggiano armati per le vie di Jenin durante una braccio di ferro, domenica, con l’Autorità Palestinese per ottenere stipendi e protezione.