Un pezzo della moderna storia di Gerusalemme nella restaurata trincea del Monte Sion

Quando i cecchini giordani bersagliavano le linee di rifornimento prima che Israele riunificasse la città, i genieri israeliani costruirono un camminamento segreto, ora ristrutturato e aperto ai visitatori

Di Aviva e Shmuel Bar-Am

Aviva e Shmuel Bar-Am, autori di questo articolo

Tra l’indipendenza d’Israele nel 1948 e la conclusione della guerra dei sei giorni del 1967, ci sono stati 19 anni durante i quali una parte di Gerusalemme era sotto il controllo israeliano e un’altra parte, compresa la Città Vecchia e il Muro Occidentale (“del pianto”), era occupata dalla Giordania. Gerusalemme era divisa da un confine fatto di mine e filo spinato, con cartelli terrificanti che dicevano: “Pericolo! Non oltrepassare!”. Quell’area era nota come “Terra di nessuno”.

Dopo che nel 1967 tutta Gerusalemme passò sotto il controllo israeliano e la città venne riunificata, quasi ogni traccia di quella odiata divisione venne rapidamente spazzata via. Completata l’opera, ne rimase un solo residuo: una brutta buca sulle pendici del Monte Sion, “guarnita” qua e là di grossi pezzi di lamiera. Per oltre cinquant’anni i gerosolimitani hanno visto questo pugno nell’occhio riempirsi di spazzatura e detriti, come se fosse destinato a rimanere una macchia indefinita sul Monte Sion. Un vero peccato, e non solo perché il Monte Sion (che sorge appena fuori il lato sud delle mura ottomane ndr) è di grande importanza storica e religiosa sia per gli ebrei che per i cristiani; ma anche perché in realtà quel buco era l’ingresso a una storica trincea sotterranea costruita dalle Forze di Difesa israeliane nel 1948 che è stata una risorsa cruciale prima alla guerra dei sei giorni.

Soldati della Legione Araba schierati sui bastioni delle mura di Gerusalemme negli anni in cui la parte est era occupata dalla Giordania

L’anno scorso c’è stata molta attività nel sito e ora, col primo di settembre, è stata ufficialmente aperta al pubblico la parte restaurata del tunnel del Monte Sion. All’ingresso, una piccola e graziosa area semicircolare con gradinate per sedere offre alle guide turistiche la possibilità di spiegare la storia del luogo prima di entrare, o semplicemente ai visitatori di riposare e godersi la vista della città. Finanziato dal Ministero per Gerusalemme e il Patrimonio, il progetto costato 2,5 milioni di shekel (780.000 dollari) rappresenta un giusto tributo all’ingegnosità del Corpo del Genio Combattente. Composto inizialmente da ebrei veterani dei Royal Engineers britannici, il Corpo venne costituito proprio all’inizio della Guerra d’Indipendenza d’Israele del 1948 e da allora ha partecipato a tutti i conflitti che il paese ha dovuto combattere.

La scorsa settimana, insieme a Gura Berger, portavoce della East Jerusalem Development Company, abbiamo percorso i bastioni delle mura dalla Porta di Giaffa alla Porta di Sion, un tempo affollati di soldati giordani. Indicandoci i graffiti incisi nella pietra da soldati giordani annoiati, Berger ci ha suggerito di provare a immaginare i cecchini giordani del periodo precedente la riunificazione della città. A quel tempo la Giordania occupava la Città Vecchia all’interno delle mura mentre il Monte Sion, situato pochi metri più a sud e completamente isolato dal resto della Gerusalemme ebraica, era rimasto sotto controllo israeliano. Quando era bambino nei primi anni ’60, il marito di Berger studiava in una scuola situata proprio di fronte ai bastioni. Dalla loro aula, posta a distanza di sicurezza, gli alunni potevano facilmente vedere i sacchi di sabbia sui bastioni e i soldati giordani schierati. Dal momento che i cecchini giordani sparavano su qualsiasi tipo di convoglio, militare o sanitario, era impossibile trasferire rifornimenti e attrezzature dal resto di Gerusalemme in mano israeliana al Monte Sion, o evacuare le vittime da lì verso il territorio israeliano. La risposta fu quella di costruire un camminamento che scendesse da sotto un acquedotto nell’ottocentesco quartiere di Mishkenot Sha’ananim, attraversasse la valle e risalisse all’interno delle pendici del Monte Sion. Con le pareti in cemento, la trincea era parzialmente coperta da un tetto di lamiera sormontato da uno strato di terriccio: ripido, stretto e pieno di curve e tornanti, il camminamento doveva restare nascosto alla vista.

Una veduta del camminamento del Monte Sion dopo il restauro

Mentre percorrevamo i bastioni, salendo e scendendo su alcune delle 37 torrette costruite nelle mura ed esaminando le fortificazioni, abbiamo potuto vedere quanto fosse facile per i cecchini giordani colpire obiettivi israeliani. Le merlature fornivano ottima protezione alle truppe giordane ed erano perfette per organizzarsi prima di una sparatoria. Tuttavia, pur fermandoci più volte per cercare di intravedere da lì il tunnel del Monte Sion, ci è stato impossibile individuarlo da qualunque posizione sui bastioni. Quando abbiamo raggiunto l’angolo sud-ovest e ci siamo diretti verso la Porta di Sion, abbiamo scorto una cassa di metallo incongruamente appesa a una finestra dall’altra parte della Valle di Hinnom. Il tunnel, purtroppo, non permetteva di trasportare grandi quantità di rifornimenti abbastanza velocemente per le necessità dell’esercito. Per risolvere il problema, l’ingegnere Uriel Hefetz progettò una teleferica che affiancasse il tunnel. Correva dall’odierno Hotel Mount Zion fino alla postazione israeliana sul monte, all’interno del parco del Jerusalem University College, noto anche come Institute of Holy Land Studies. (Hefetz è ben noto in Israele per il suo coraggio durante la Guerra d’Indipendenza, ma fece anche di più. Già 51enne quando Israele venne attaccato su più fronti durante il giorno di Kippur, il più sacro del calendario ebraico, allo scoppio della guerra arabo-israeliana del 1973, Hefetz si recò immediatamente sul fronte siriano dove trascorse tre settimane a evacuare soldati feriti dal campo di battaglia, e un giorno salvò la vita a un soldato gravemente ferito che era rimasto bloccato dentro un carro armato). Come il tunnel, anche la teleferica non venne mai scoperta dai giordani. Operava di notte, e di giorno veniva calata a valle. Insieme al carrello, il cavo stesso è ancora visibile dall’angolo dei bastioni, ospitato in un piccolo museo all’interno dell’Hotel Mount Zion, oggi temporaneamente chiuso per restauro.

Il nostro programma era di percorrere il tunnel dall’alto verso il basso, dove si apre su Via Hativat Yerushalayim (Brigata di Gerusalemme), una strada che corre sotto e lungo le mura della Città Vecchia. Questa è l’unica parte rimasta della trincea originale. Il resto è scomparso molto tempo fa. Dopo essere scesi dai bastioni alla Porta di Sion e averla attraversata, ci siamo diretti verso il College, ma ancora non riuscivamo a individuare alcun segno del camminamento. In compenso, abbiamo potuto vedere un emozionante reperto storico ebraico: una parte del muro a sinistra della porta risale quasi certamente al periodo degli Asmonei, re e sacerdoti ebrei che governavano la Terra d’Israele duemila anni fa.

Nomi biblici per la città di Gerusalemme incisi nel nuovo tetto del tunnel del Monte Sion

Alla fine, dopo aver disceso diverse decine di gradini proprio sotto l’istituto, finalmente abbiamo scorto l’apertura del tunnel. Moshe Shapiro, esperto di conservazione dei siti storici, è l’architetto responsabile del restauro del tunnel del Monte Sion. Sebbene abbia apportato solo modifiche minime all’originale, c’è un cambiamento significativo. In origine, spiega Shapiro, il terriccio e detriti che coprivano il tetto di lamiera, nascondendo il tunnel, impedivano alla luce di filtrare e tutte le attività all’interno del tunnel si svolgevano nell’oscurità. Nel corso degli anni, il terriccio è stato lavato via e la luce ha fatto capolino attraverso le crepe che sono comparse nella lamiera. Durante il restauro, Shapiro ha deciso di migliorare questo effetto luminoso utilizzando acciaio rugginoso per il tetto. Questo non solo dà l’impressione di latta arrugginita, osserva, ma in realtà previene la corrosione. Nel tetto d’acciaio Shapiro ha inciso le parole Levanon, Carmel, Città della Pace e decine degli altri 70 termini che la Bibbia usa per descrivere la città santa di Gerusalemme. Quando il sole tramonta, le parole sembrano scritte in oro.

Il tunnel restaurato rappresenta un magnifico omaggio all’ingegnosità delle Forze di Difesa israeliane e alla storia moderna della città. È gratuitamente aperto al pubblico tutti i giorni dalle 8.00 alle 17.00. Per percorrere il camminamento, i visitatori possono iniziare dall’alto, sotto il College, oppure dal basso, su Via Hativat Yerushalayim, e risalire. In entrambi i casi, il ritorno comporta percorrere l’adiacente rampa di scale intitolata a Benny Marshak, un ufficiale dell’unità di combattimento segreta del Palmach istituita dagli ebrei sotto il Mandato Britannico. Marshak partecipò alla battaglia israeliana per il Monte Sion del 18 maggio 1948 e al successivo ingresso delle forze ebraiche nella Città Vecchia. Poco dopo, tuttavia, l’unità fu costretta a ritirarsi per il mancato arrivo dei rinforzi, e la Città Vecchia con il suo Quartiere Ebraico cadde nelle mani della Legione Araba di Giordania per i successivi diciannove anni.

(Da: Times of Israel, 4.9.21)

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