Un posto dove fare le fusa

Presso Latrun, il più grande rifugio d’Israele per gatti abbandonati o maltrattati, gestito da un’organizzazione non profit.

Da un articolo di Rivi Ronen

image_1845I più coraggiosi alzano la coda e si strofinano contro di noi, chiedendo carezze. Uno mi salta sulla spalla e mi mette due zampe intorno al collo. I più timidi vanno a nascondersi. Più di 700 gatti vivono in questi due enormi comprensori vicino al monastero di Latrun.
Le strutture erano usate come pollai finché un anno e mezzo fa l’organizzazione non profit Girgurim non le ha trasformate nel più grande rifugio per gatti d’Israele. Organizzare il rifugio è stata quasi una missione clandestina. Inizialmente furono trasferiti 100 gatti malati da una struttura della Cat Welfare Society di Hadera. Questi andarono a raggiungere 180 felini che erano stati salvati a Gush Katif, durante il disimpegno dalla striscia di Gaza. Altri 200 gatti, confiscati a Hadera in seguito ad ingiunzioni legali, si unirono agli altri. Altri 70 li raggiunsero quando morì la gattara che li nutriva, e ancora altri 35 furono presi da una casa in cui erano tenuti in condizioni atroci. A poco a poco, a Latrun arrivarono gatti da ogni angolo di Israele. Alcuni avevano ferite fisiche o psichiche. La maggior parte dei gatti girano liberi nei comprensori, ma quelli che richiedono cure speciali sono tenuti in recinti separati. Solo metà circa si comportano amichevolmente con gli umani.
I nuovi arrivati vengono messi in una grande gabbia e rimangono sotto osservazione del veterinario per dieci giorni. Quando sembrano calmi, vengono lasciati liberi di aggirarsi nel comprensorio. I gatti che non erano stati sterilizzati prima dell’arrivo devono essere operati prima di poter andare in giro. Quelli che non si inseriscono bene rimangono in strutture chiuse. Questi “reparti chiusi” sono notevolmente più piccoli – uno sembra un appartamento di due camere e contiene sofà, tappeti, cassette in cui nascondersi e scaffali da cui i gatti possono sorvegliare l’ambiente circostante.
Due gatti ciechi, fratello e sorella, vivono in una delle unità chiuse. “Lei è amichevole. Suo fratello è un fifone. Lei riuscirebbe ad andare in giro all’aperto, ma abbiamo deciso di non separarli”, spiega Revital Verskain, membro attivo di Girgurim. Un’altra gatta cieca si aggira per la stanza. “L’abbiamo trovata, incinta, a Beit Shemesh. Non è amichevole, ma adesso almeno la si può avvicinare” dice Judy Oster, altro membro del piccolo staff di volontari.
Girgurim opera senza direttore generale, portavoce o centralinista. Le richieste arrivano soprattutto in forma di e-mail a girgurim@gmail.com. L’organizzazione impiega cinque lavoratori stipendiati, che riempiono le ciotole, puliscono decine di lettiere e assicurano il benessere dei gatti residenti. Il veterinario. Orli Netanel viene due volte la settimana. L’architetto e progettista di paesaggi Marta Esterkin offre consulenza sul comportamento felino e su come progettare un habitat adatto. Il ministero dell’agricoltura ha riconosciuto Girgurim come rifugio ufficiale per gatti e ne controlla le condizioni. I visitatori devono camminare facendo attenzione a non pestare zampe delicate.
Il silenzio è ingannatore. Sicuro che ci siano 700 gatti? “Sì, ma non diciamo il numero esatto, per non attirare il malocchio”.
Improvvisamente si ode uno strillo. L’assalitore rizza il pelo. La vittima designata scappa fino al confine del comprensorio: finalmente, un combattimento di gatti equo in Israele e spazio sufficiente per la fuga. “Non ci sono molti atti di aggressione nel rifugio – osserva Verskain – Lo spazio è grande e tridimensionale. Non c’è competizione per cibo e territorio. Le comunità di circa 12-15 gatti che si formano qui sono simili a quelle che si formano in natura”.
La formula per la riabilitazione dei gatti abbandonati sembra abbastanza semplice: cibo secco di ottima qualità, non solitamente usato nei rifugi (oltre al cibo speciale per i gatti malati); condizioni igieniche ottimali, ventilazione adeguata per impedire il propagarsi delle malattie contagiose, oltre al riscaldamento per l’inverno. Durante il primo inverno avevano riempito il comprensorio di tende e nel secondo inverno avevano attaccato teli di plastica alle staccionate esterne.
Tutte le attività dell’organizzazione sono attualmente finanziate da donazioni private (avranno diritto a minime sovvenzioni governative solo dopo aver operato per due anni con “solide pratiche di gestione”). Il budget mensile di circa 100.000 shekel serve soprattutto per il cibo (“I fornitori cercano di venirci incontro”), l’affitto, l’elettricità (specie per le stufe elettriche d’inverno), gli stipendi, le cure veterinarie di routine (vaccinazioni, microchip ecc.), le altre prestazioni veterinarie (sterilizzazione, ricoveri), l’acquisto di gabbie per la degenza e l’acclimatamento dei gatti nuovi.
La Ideologic Company ha aiutato Girgurim nella costruzione del suo sito web (www.girgurim.co.il) e nel lancio di una campagna per offrire acqua ai gatti randagi. La compagnia pubblicitaria Reuveni-Pridan ha aiutato in una campagna per promuovere la sterilizzazione. Altre aziende hanno donato altri prodotti. “Saremmo felici che una ditta commerciale ci sponsorizzasse”.
L’organizzazione ha anche varato un progetto chiamato Girgurim Metzuyarim per raccogliere fondi: Gli oggetti in vendita, tra cui tazze, T-shirt e biglietti d’auguri, sono decorati con illustrazioni di gatti, donate dagli artisti. “E’ anche un modo per aumentare il volume degli oggetti che raffigurano gatti e per migliorare l’immagine”.
L’organizzazione recentemente ha dovuto rinunciare a uno dei comprensori per tagliare i costi, e l’affollamento si nota. Inoltre, le cucce sono insufficienti per tutti i gatti. “Molta gente butta via coperte, materassi e letti, ma non abbiamo i fondi per trasportare tutto al rifugio. Abbiamo bisogno di volontari con i veicoli adatti. D’estate è meno grave, ma d’inverno cerchiamo di sopperire a queste esigenze”. L’organizzazione non risparmia però sul cibo. “Abbiamo provato con mangimi più economici, ma non ha funzionato: ai gatti venivano la diarrea e il pelo opaco. Noi consideriamo il cibo una medicina preventiva. A volte è difficile farlo capire ai donatori, ma la ricerca fatta all’estero dimostra che i gatti dei rifugi hanno bisogno di cibo di buona qualità, per il loro cattivo stato di salute e per lo stress inevitabile di vivere in un rifugio”.
Sistemare i gatti in case adottive non è al momento in cima alle loro priorità. “Ci vuole molto tempo e implica la costruzione di un’unità per gatti da adottare – spiega Verskain – Non possiamo lasciar venire qui le persone che cercano un gatto. Una volta abbiamo passato più di tre ore con una donna che se n’è andata a mani vuote perché non riusciva a scegliere. Qualche giorno dopo, ha adottato un gatto per la strada”.
Il rifugio ora offre condizioni di vita ragionevoli, ma l’organizzazione rifiuta di riposare sugli allori. “Stiamo cercando un nuovo posto – dice Verskain – e abbiamo già piani dettagliati di come costruirlo. Il nostro sogno è aprire una clinica per promuovere la sterilizzazione e impedire così l’inutile sofferenza e la morte dei gattini”. Per ora, sono fieri degli elogi ricevuti dalla WSPA (World Society for Protection of Animals), che ha visitato il sito. “Ci hanno detto: Non abbiamo visto qui un solo gatto infelice”.

(Da: Ha’aretz, 11.09.07)