Un raggio di luce

Facile atteggiarsi a cinici davanti a un improbabile gruppo di trenta personalità arabe che cercano una svolta. Ma potrebbe essere l’inizio di una nuova pagina di storia

Di David Suissa

David Suissa, autore di questo articolo

“C’è una crepa in ogni cosa – cantava Leonard Cohen – ed è da lì che entra la luce”. Per quasi un secolo una questione in particolare ha ostinatamente resistito a questa immagine poetica: la questione dei rapporti tra Israele e nazioni arabe. Su quel fronte, ciò che penetrava attraverso le crepe non era luce ma solo rancore, violenza e tenebra. Persino gli sforzi più “riusciti”, come i trattati di pace d’Israele con Egitto e Giordania, hanno generato nella migliore delle ipotesi una “pace fredda” di pura convenienza. Lo strombazzatissimo processo di pace di Oslo del 1993, che avrebbe dovuto porre fine all’irrisolvibile conflitto tra Israele e palestinesi, oggi sembra un ricordo amaro e distante che ha reso il conflitto ancora più intrattabile.

In questa oscurità ha fatto la sua comparsa un gruppo di eminenti arabi che hanno deciso che ne hanno abbastanza: basta con l’ostilità, basta con i boicottaggi, basta con gli smacchi. Lo scorso 19 novembre, questo gruppo si è riunito in un hotel di Londra per iniziare a scrivere una nuova pagina di storia.

Non si è trattato di una di quelle foto-opportunity messe in piedi fra avversari che fingono di sorridere a beneficio di potenti sponsor, di solito gli Stati Uniti. Nel corso degli anni, sa il cielo quante centinaia di questi falsi incontri di pace tra israeliani e palestinesi abbiamo visto: e cosa ci hanno procurato? Non solo un fallimento dopo l’altro, ma anche cinismo e sconforto.

I promotori del Consiglio Arabo per l’Integrazione Regionale, riuniti a Londra

La conferenza di Londra era diversa. Non era tra arabi ed ebrei, ma tra arabi e arabi. Non era il solito incontro inter-religioso, ma un incontro intra-religioso. I partecipanti non erano lì per negoziare diritti su terra e acqua: erano lì per negoziare su amicizia e integrazione, e per discutere su come correggere i rapporti con lo stato ebraico.

Abbiamo avuto la fortuna di avere una esperta giornalista freelance a Londra, Jenni Frazer, che ha raccontato la storica conferenza per il Jewish Journal. Ecco come inizia il suo articolo:

“Un freddo martedì mattina, in un hotel relativamente anonimo nella zona ovest di Londra, è stato fatto un pezzetto di storia. Non è insolito vedere in quella zona donne velate o a capo coperto, e uomini facoltosi che si ritrovano nella hall dell’hotel Millennium Gloucester, tutti ovviamente di origine mediorientale. Ma questa era quasi certamente la prima volta che uomini e donne del mondo arabo, riuniti nell’hotel, avevano da dire cose assolutamente sorprendenti sui pessimi rapporti dei loro paesi con Israele e con gli ebrei – a partire dalla condanna del boicottaggio e del movimento BDS per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni – e su come procedere per ricostruire ponti spezzati. Trenta persone di ogni ceto sociale, provenienti da quindici paesi arabi, hanno preso parte alla creazione di un nuovo organismo, il Consiglio Arabo per l’Integrazione Regionale, dandosi una missione di “pace, amore e amicizia” il cui obiettivo è riparare i rapporti con lo stato ebraico”.

Esorto a leggere l’intero articolo per scoprire come è nata la conferenza, cosa ha realizzato a Londra e cosa spera di realizzare in futuro. Se mai si verificherà il miracolo di una pace piena fra Israele e tutti i suoi vicini, forse la storia ricorderà quel freddo martedì mattina a Londra come il piccolo momento di verità dove tutto è cominciato.

Trovo particolarmente significativo che questo raggio di luce sia arrivato in un momento di oscurità crescente per gli ebrei del mondo. Proprio il giorno dopo la conferenza, la Anti-Defamation League pubblicava un sondaggio globale da cui emerge che un europeo su quattro fra quelli intervistati “nutre pervasivi atteggiamenti ostili nei confronti degli ebrei”. Il giorno in cui stavamo raccontando la notizia di Londra, mi trovavo a Los Angeles a un incontro fra donatori e attivisti che si battono contro la campagna BDS e l’ultima cosa che sarebbe venuta in mente a tutti i presenti era che potesse venire un raggio di luce dall’altra parte. Il movimento anti-israeliano è cresciuto in modo sproporzionato. Nessuna pecca delle politiche israeliane potrebbe mai giustificare il livello di ostilità e discriminazione rivolto contro lo stato ebraico da tutti i lati dello spettro ideologico. La conferenza di Londra rimescola le carte. “Non siete soli – sembrano dire i fondatori del nuovo gruppo arabo – Possiamo essere dall’altra parte, ma capiamo anche la vostra parte”.

E’ difficile resistere alla tentazione di atteggiarsi a cinici e dire che non c’è alcuna possibilità che una trentina di personalità arabe possano smuovere il macigno di un conflitto secolare. Forse è così, ma significherebbe restare sulla solita strada. L’atteggiamento ebraico è quello di non rinunciare mai alla speranza. Certamente non quando quella speranza proviene da un improbabile gruppo di persone coraggiose che hanno trovato una piccola crepa nell’oscurità e ci hanno mostrato un raggio di luce.

(Da: jns.org, 27.11.19)