Un rischio giustificato e indispensabile

Da anni l'Iran conduce una strategia su due binari, imponendo a Israele una guerra difficile e dispendiosa.

Commenti dalla stampa israeliana

image_3729Secondo l’editoriale del Jerusalem Post, la decisione israeliana di colpire i carichi di armi strategiche pronti per essere inviati dalla Siria ai terroristi libanesi filo-iraniani Hezbollah costituisce «un rischio calcolato che è al contempo giustificato e indispensabile per il mantenimento della deterrenza e della sicurezza». Israele, continua l’editoriale, ha messo in chiaro sia alla Siria che all’Iran che non intende tollerare il superamento di “linee rosse” vitali.

Scrive l’editoriale di Ha’aretz: «La forza deve essere usata con giudizio. Il governo israeliano deve assicurarsi che le operazioni militari non inneschino un’escalation che rischia di incendiare l’intera regione».

Scrive Amir Rappaport, su Ma’ariv: «La valutazione in Israele è che in questo momento Iran e Hezbollah stanno usando a tutti gli effetti l’area di Damasco come una sorta di “partita in casa”. In larga misura il regime di Assad sta sopravvivendo sulle baionette dei miliziani Hezbollah che lo affiancano e grazie ai massicci aiuti che riceve senza sosta dall’Iran». Secondo l’editorialista, il presidente siriano si trova in un dilemma. «Non può impedire il trasferimento di armamenti strategici dall’Iran a Hezbollah in Libano, ma Israele a quanto parte ha deciso di metterlo di fronte a un aut-aut: fermare i trasferimenti di armi o rischiare attacchi fin nel cuore della sua capitale». Il giornale cita la valutazione dell’intelligence secondo cui né la Siria né Hezbollah reagiranno agli attacchi perché Damasco non vuole rischiare di aprire un altro fronte, e Hezbollah vuole salvaguardare il suo arsenale per poterlo usare nelle rappresaglie in caso di attacchi sull’Iran. Il giornale avverte tuttavia che Israele deve comunque tenersi pronto per l’eventualità che «Siria e Hezbollah non agiscano affatto secondo le aspettative dell’intelligence».

Semadar Peri, su Yediot Aharonot, si chiede: «Assad incendierà il confine?», e risponde: «Assad ha un grosso problema: da un lato, è vero che l’attrito con Israele può unire i siriani (eccetto i ribelli) e Assad ha già sguinzagliato i suoi portavoce a suonare la solita solfa dei collegamenti fra Israele e “le bande terroriste che hanno invaso la Siria”. D’altro canto Assad non ha alcuna intenzione di recitare una parte da protagonista in un film di guerra il cui finale non può in alcun modo prevedere».

Scrive Yoav Limor, su Yisrael Hayom: «E’ probabile che ieri, più che occuparsi di piani di risposta, Siria e Libano fossero impegnati a trarre insegnamenti. Per la seconda volta in 48 ore, e per la terza volta in meno di quattro mesi, i più segreti sistemi d’arma sull’asse Teheran-Damasco-Beirut sono stati penetrati e materiali bellici segreti, la cui produzione e il cui trasporto dall’Iran al Libano (via Siria) costa milioni, sono stati distrutti. In Siria e fra gli Hezbollah molto probabilmente si stanno lambiccando il cervello per capire cos’altro sappia Israele, e quando ci si debba aspettare il prossimo colpo». L’editorialista dubita che esso arriverà in tempi brevi, specie ora che il primo ministro Netanyahu è in visita ufficiale in Cina, a meno che non emergano informazioni concrete su altri imminenti trasferimenti di armi.

Scrive Eliezer Marom, su Yisrael Hayom: «Per anni gli iraniani hanno attuato la loro strategia lungo due binari paralleli. Uno è convenzionale e comporta il rafforzamento di organizzazioni terroristiche nella immediata periferia di Israele (il cosiddetto primo anello), dotandole di missili e altre armi avanzate per creare una minaccia terroristica costante. Ciò costringe Israele a impiegare grandi quantità di tempo e di risorse nel fronteggiare le minacce ai suoi confini. Le attrezzature militari avanzate che l’Iran fornisce a questi gruppi rende le minacce significative, richiedendo un continuo sforzo da parte delle Forze di Difesa israeliane. Nel frattempo, sul secondo binario, l’Iran continua il processo di sviluppo di un’arma nucleare in modo da poter agire un giorno molto più facilmente contro Israele, quando potrà espandere i suoi scagnozzi terroristi sotto un ombrello atomico. Non abbiamo scelto noi l’Iran come nemico – continua l’editorialista – E’ l’Iran che ci si è imposto come tale, e ora siamo in guerra con un paese del “terzo anello”, il che rende la lotta più difficile e complessa. La difesa israeliana investe enormi risorse per contrastare l’Iran, dall’intelligence alle operazioni coperte, ogni volta che si renda necessario. La guerra civile in Siria, con il coinvolgimento nei combattimenti di Iran e Hezbollah, aggrava il problema rendendo più accessibili a Hezbollah gli arsenali siriani. L’ultimo attacco in Siria attribuito a Israele fa parte di questa campagna lunga e continua, ed è il chiaro segnale ad Assad e all’Iran che Israele non resterà con le mani in mano mentre armi sofisticate vengono trasferite a Hezbollah. È dunque certamente possibile che questi ultimi raid non siano gli ultimi».

(Da: Jerusalem Post, Ha’aretz, Ma’ariv, Yediot Aharonot, Yisrael Hayom, 6.5.13)