Un solo Pakistan basta e avanza

Chi vorrebbe un nuovo stato jihadista, e magari nucleare, a ridosso di Israele?

di Moshe Dann

image_2708Il caos in Pakistan fa sudare freddo il resto del mondo: hanno la Bomba, anzi parecchie bombe atomiche, e ne hanno già disseminato tecnologia e parti in altri paesi come l’Iran, la Corea del Nord, la Libia che se li sono fatti mandare.
Si consideri questa eventualità: sotto un sovrano stato di Palestina, la Cisgiordania (e la striscia di Gaza) assomigliano sempre di più alla Valle di Swat pakistana; alla guida di vari capi terroristi e tribali, costituiti da fazioni in guerra fra loro, acquisiscono missili SAM e piccole armi nucleari.
Se già è inquietante la minaccia di proliferazione nucleare dal Pakistan, permettere l’accesso ad armi di distruzione di massa da parte di terroristi arabi palestinesi – in quanto parte di uno stato sovrano – è la ricetta sicura per una catastrofe in tutta la regione.
Sia il Pakistan che l’Autorità Palestinese sono impegnati in guerre civili fra musulmani “laici” ed estremisti religiosi, con la vittoria che sembra arridere a questi ultimi. Il Pakistan si sta battendo per una qualche forma di democrazia e ha supporto istituzionale, ma i talebani diventano sempre più forti. I palestinesi sono strangolati dal totalitarismo, da regini corrotti controllati da terroristi e si prevede che Hamas prima o poi riesca a prendere il pieno controllo.
Analoghe battaglie in corso in molti paesi musulmani dovrebbero suonare come un campanello d’allarme: armi di distruzione di massa nelle mani di terroristi jihadisti potrebbero spazzare via Israele e scatenare una guerra nucleare mondiale.
È pertanto indispensabile una politica improntata alla cautela e al contenimento. Tale politica dovrebbe comprendere per lo meno i seguenti elementi.
1. Pur sperando nella pace, restare attaccati alla realtà delle cose. Autorità Palestinese e Hamas sono immutati supporter del terrorismo; nessuno dei due accetta l’esistenza dello stato nazionale ebraico. In queste circostanze, concedere loro legittimità e sovranità non fa che incrementare il pericolo posto dal terrorismo islamista. La vera partita è la jihad (guerra santa), e bisogna capirne bene le regole.
2. La sicurezza fa premio sulle grane e talvolta anche sui diritti civili. Non è affatto “moralmente più nobile” concedere ai terroristi la possibilità di uccidere.
3. L’incapacità di proporre alternative ad ordini del giorno irrealistici e irrealizzabili ci inchioda agli errori del passato, al pensiero convenzionale, a coloro che hanno poca o nessuna fiducia né alcun interesse per la sopravvivenza di Israele. La formula “terra in cambio di pace” (Accordi di Oslo, Road Map ecc.) provocare più e non meno terrorismo.
4. I leader del mondo (e di Israele) devono smettere di chiedere scusa per l’esistenza di Israele e di giustificare continuamente i fallimenti e l’incompetenza dell’Autorità Palestinese. È tempo che si assumano le loro responsabilità.
5. Esistono altre soluzioni: gli arabi palestinesi che aspirano all’autodeterminazione nazionale possono guardare alla Giordania, di fatto uno stato palestinese sotto tutti i punti di vista a parte il nome.
6. Bisognerebbe porre fine a tutte le attività dell’Unrwa: chi riceve assistenza dovrebbe ricevere anche la cittadinanza del paese in cui vive o, in alternativa, la possibilità di spostarsi in un altro paese. I fondi dell’Unrwa attualmente usati per perpetuare la soggezione palestinese dovrebbero essere stanziati per obiettivi costruttivi.
Anziché far progredire la causa della pace, un secondo stato sovrano palestinese farebbe esattamente il contrario. Più gli arabi palestinesi si avvicinano all’indipendenza, più diventano caotici e violenti. Un tale stato, dunque, potrebbe facilmente diventare, di fatto, “il più grande ostacolo alla pace e alla stabilità in Medio Oriente”.
Senza una struttura istituzionale e un ambiente culturale che condanni terrorismo, violenza e istigazione all’odio, uno stato palestinese diventerebbe il nuovo Pakistan, e sarebbe altrettanto pericoloso. Il palestinese della strada lo sa meglio di chiunque altro. Il che può spiegare come mai, date le possibilità e le opzioni, centinaia di migliaia di arabi palestinesi e di profughi in fuga da paesi musulmani africani strepitano per entrare in Israele.
Un solo Pakistan basta e avanza, il mondo non ha certo bisogno di averne un secondo in Palestina.

(Da: YnetNews, 12.22.09)

Nella foto in alto: Moshe Dann, autore di questo articolo