Un summit arabo fermo al 2002

Ancora una volta la Lega Araba perde l'occasione di giocare nun ruolo nella creazione di un nuovo Medio Oriente.

Da un editoriale di Haaretz

image_626Il vertice della Lega Araba riunito martedì ad Algeri intende ribadire il piano di pace approvato a Beirut nel 2002, avendo respinto già prima di iniziare la nuova proposta giordana di normalizzare fin da subito i rapporti con Israele. “Questo non sarà il summit della normalizzazione”, ha dichiarato il ministro degli esteri algerino Abdelaziz Belkhadem. All’apertura del summit, il segretario generale della Lega Araba Amr Moussa ha ribadito: “Israele non si aspetti che gli stati arabi facciano concessioni o normalizzino i rapporti senza nulla in cambio”.
“Gli arabi non sono capaci di leggere la storia e si fanno guidare dalle emozioni anziché dalla ragione – ha affermato il ministro degli esteri giordano Hani al-Mulqi – Qui non si tratta di fare concessioni a Israele, ma alla realtà dei fatti”.

Questo il commento di Ha’aretz:

Il summit della Lega Araba che si riunisce martedì in Algeria approverà un documento già concordato in anticipo con il quale i leader dei paesi arabi ratificheranno ciò che viene definita “l’iniziativa di pace araba”: più o meno la stessa che venne presentata al summit della Lega Araba di Beirut del 2002. Stando alla bozza approvata due giorni fa dai ministri degli esteri arabi, a quanto pare i capi di stato arabi hanno scelto di non fare i conti con i cambiamenti intervenuti nella regione, e men che meno con gli sviluppi nel conflitto israelo-palestinese.
Così, ad esempio, i leader arabi hanno scartato fin dall’inizio una proposta giordana che prospettava la possibilità che altri stati arabi (oltre a Egitto e Giordania) stabiliscano rapporti diplomatici con Israele prima che il conflitto con i palestinesi giunga a conclusione. La possibilità che rapporti pacifici con Israele possa concretamente favorire gli sforzi diplomatici in Medio Oriente evidentemente è ancora vista come una concessione a Israele senza nulla in cambio.
Si tratta dello stesso antiquato concetto che aveva caratterizzato l’iniziativa araba a Beirut. Quell’iniziativa, inizialmente presentata dall’Arabia Saudita, conteneva un impegno arabo a stabilire rapporti con Israele a patto che venissero rispettate alcune condizioni, fra cui il ritiro da tutti i territori, l’istituzione di uno stato palestinese con capitale a Gerusalemme e una soluzione concordata del problema dei profughi. Ma l’iniziativa saudita venne emendata dal summit di Beirut con la reintroduzione del cosiddetto diritto al ritorno (di tutti i profughi e loro discendenti all’interno di Israele) sulla base della lettura araba della risoluzione Onu 194.
Il testo adottato al summit di Beirut, al culmine della seconda intifada, continuerà dunque ad essere il testo usato anche oggi dai capi di stato arabi, a quanto pare legati a una sorta di pozione purista: preservare ciò che già esiste piuttosto che assumersi il rischio di adottare una nuova risoluzione. Insomma, più realisti del re o – per dirla con le parole del leader libico Muammar Gheddafi – più palestinesi dei palestinesi.
Una tale posizione, infatti, se sarà davvero quella adottata, non tiene in considerazione che Israele è alla vigilia del disimpegno dalla striscia di Gaza con lo sgombero degli insediamenti, e ignora sia l’intesa fra fazioni palestinesi e l’Autorità Palestinese su un cessate il fuoco, sia la crescente cooperazione fra Israele e Autorità Palestinese: approccio particolarmente sorprendente alla luce del ritorno in Israele degli ambasciatori giordano ed egiziano, ambasciatori di due importanti paesi che hanno saputo come usare i loro legami con Israele per far avanzare il processo di pace.
La Lega Araba ancora una volta si fa scappare di mano il ruolo positivo che potrebbe giocare nella creazione di una nuova atmosfera in Medio Oriente. E contraddice anche le proprie stesse dichiarazioni secondo cui il conflitto deve essere risolto con mezzi pacifici.
Le nodi più aspri del conflitto israelo-palestinese non saranno sciolti per il solo fatto che gli stati arabi stabiliscano rapporti con Israele prima della fine del conflitto. Ma certamente una decisione di principio in questo senso, che ponesse termine alla pluridecennale ostilità del mondo arabo verso Israele, potrebbe influenzare positivamente l’opinione pubblica israeliana e di conseguenza anche il governo israeliano.
Sembra invece che l’unica novità che potrà emergere da questo summit sia un emendamento allo statuto della Lega grazie al quale l’unanimità non sarà più necessaria per prendere le decisioni. Tale emendamento potrebbe permettere l’avvio di una nuova logica nella struttura imbalsamata della Lega Araba. Bisogna dunque sperare che altri paesi e leader arabi riescano e intravedere i vantaggi che potrebbero derivare dallo stabilire relazioni diplomatiche con Israele, e che questi stati, insieme a Egitto e Giordania, contribuiscano ad avviare una nuova era nella regione.

(Da: Ha’aretz, 2.03.05)

Nella foto in alto: il segretario generale della Lega Araba, Amr Mussa