Una brillante vittoria araba: per livello di barbarie

''Abbiamo perso per K.O. la gara in fatto di efferatezza''.

Di Yigal Walt

image_3261

Amana Muna, scarcerata da Israele e celebrata dai palestinesi come un’eroina, la terrorista che nel 2001 attirò un israeliano di 16 anni, Ofir Rahum, in una trappola mortale con le sue proposte sessuali via internet

La parte araba è con tutta evidenza quella che esce trionfante dallo scambio per la liberazione di Gilad Shalit. Nel caso qualcuno in giro abbia pensato che Israele potesse competere con gli standard arabi in fatto di crudeltà e primitivismo, gli eventi di martedì scorso hanno messo le cose definitivamente in chiaro: abbiamo perso per K.O. la gara in fatto di efferatezza.
La giornata è iniziata in Cisgiordania, dove i fan di Hamas hanno celebrato la gioiosa scarcerazione dei loro compatrioti con un classico della civiltà arabo-palestinese: un appello per la ripresa degli attentati terroristici e delle stragi di ebrei. In effetti, in fatto di pura e semplice smania di ammazzare ebrei, i palestinesi surclassano praticamente qualunque concorrente.
Poco dopo, al checkpoint di Bitunia i palestinesi hanno continuato le loro celebrazioni con un’altra delle loro più raffinate tradizioni: il lancio di pietre contro i soldati delle Forze di Difesa israeliane (per inciso, schierati in quel momento e in quell’area per garantire la sicurezza dei detenuti arabi scarcerati). Anche qui, i nostri vicini arabi hanno vinto a mani basse il prestigioso premio “Noi siamo fermi all’età della pietra”.
Ma il vero pezzo forte della giornata è arrivato un po’ più tardi, quando l’Egitto ha ritardato il ritorno a casa di Shalit per costringerlo a rispondere a un’intervista della televisione nazionale egiziana. In quello che probabilmente passerà agli annali come uno dei momenti più imbarazzanti e ignominiosi della storia del giornalismo mondiale, una gelida sedicente giornalista ha martellato Gilad Shalit, liberato da pochi minuti dopo cinque anni e mezzo di prigionia in uno scantinato di Gaza e che a malapena riusciva a respirare, con una serie di domande dissennate, variando da quelle semplicemente maldestre ed altre francamente idiote (“Come mai non sono stati diffusi più video su di te?”; “Che lezione hai appreso dalla tua prigionia?”). La cretina non ha nemmeno perso l’occasione per fabbricare un po’ di sana vecchia propaganda chiedendo a Shalit se, un volta tornato a casa, è disposto a partecipare a una campagna per la liberazione degli arabi ancora detenuti in Israele (con un filo di voce Shalit ha risposto: “Mi rallegrerò per il loro rilascio a patto che non riprendano le loro attività contro Israele”). La capacità che ha avuto Shalit di gestire questo spietato e stupido agguato mediatico, in circostanze per lui così incredibilmente difficili, dice tutto sulla sua forza mentale e sulla sua nobiltà di carattere, in stridente contrasto con la sbalorditiva ottusità della sua intervistatrice. Più tardi, in un’intervista alla tv israeliana, la anchorwoman egiziana Shahira Amin si è vantata del suo grande “scoop”, il che ha perfettamente illustrato come fosse totalmente all’oscuro dell’abc del giornalismo civile e corretto. (Solo il giorno successivo ha cercato maldestramente di correggersi, sostenendo che non era a conoscenza del fatto che Shalit era stato costretto ad accettare l’intervista.) In realtà, con la sua ignobile performance, Shahira Amin è andata ad aggiungersi alla lunga lista di suoi compari arabi che più e più volte, in passato, hanno dimostrato come saper parlare inglese scorrevolmente e indossare abiti moderni non renda automaticamente una persona né intelligente, né civile o umana.
Tutto questo avveniva, vale la pena notare, mentre Israele attuava la sua parte dell’accordo con la consueta dignità e compostezza, senza sceneggiate né umiliazioni verso i detenuti palestinesi scarcerati.
Due necessarie postille, a conclusione di queste considerazioni.
La prima: che non tutti gli arabi sono così. Qui non si tratta di vizi “degli arabi”, ma certamente della cultura e della società arabe, che sono impantanate in una palude di primitivismo e barbarie. Si può solo commiserare tutti quei cittadini arabi retti e ragionevoli che si ritrovano a vivere in questa società, circondati da tanta bassezza.
La seconda: che nonostante tale aspetto un tantino ripugnante dei nostri vicini, questi sono e restano i nostri “partner per la coesistenza” nella regione in cui abitiamo, il Medio Oriente. Per cui dobbiamo fare tutto quanto è in nostro potere per preservare il trattato di pace con l’Egitto, un bene inestimabile per Israele, e per cercare di assicurarci un qualche tipo di intesa (se non proprio di “pace”) con i nostri nemici palestinesi.
Ma nel fare questo, dobbiamo sempre tenere a mente con che gente abbiamo a che fare.

(Da: YnetNews, 18.10.11)

Si veda anche:

Il grado zero dell’etica e della civiltà

A lezione di terrorismo