Una buona parola per Olmert

Un primo ministro che ha raggiunto diversi risultati in molti campi

Da un articolo Uri Savir

image_2413A causa delle varie indagini di polizia a carico del primo ministro israeliano Ehud Olmert a un certo punto non c’è stato altro da fare che arrivare alle sue dimissioni (e la giustizia farà il suo corso). Tuttavia, se si tratta di giudicare la condotta di Olmert come primo ministro, bisogna prendere in considerazione i risultati delle politiche del suo governo (2006-2009) nei campi della sicurezza, del processo di pace, degli affari esteri e dell’economia.
Guardiamo innanzitutto alla sicurezza. Il governo Olmert ha saputo reagire alla minaccia posta dal terrorismo di Hezbollah e di Hamas. Certo, le critiche della Commissione Winograd al processo decisionale durante la seconda guerra in Libano (estate 2006) erano fondate, ma in definitiva la forza deterrente di Israele sul fonte nord ne è uscita rafforzata: da allora, lungo tutta la frontiera con il Libano è prevalsa una situazione di calma quasi assoluta, ed anche durante la controffensiva nella striscia di Gaza del gennaio scorso Hezbollah si ben guardato dall’aprire il declamato “secondo fronte”.
Olmert ha fatto bene a reagire all’incessante fuoco di Hamas con grande autocontrollo per lungo tempo, mentre raccoglieva un sostegno sempre più ampio all’interno ed anche all’estero per l’inevitabile reazione militare. La controffensiva a Gaza si è conclusa con una netta vittoria israeliana e con quello che ora si presenta come un progresso verso un accordo che ostacolerà, per quanto possibile, l’ingresso di armamenti nella striscia di Gaza. Anche la controffensiva a Gaza ha rafforzato la forza deterrente d’Israele, come si può constatare dal miglioramento della situazione generale nel sud del paese. Bisogna dare credito a Olmert per il modo in cui ha condotto la campagna nella striscia di Gaza, evitando dichiarazioni inutilmente pesanti e mettendo in pratica le lezioni apprese durante la seconda guerra in Libano.
Per quanto riguarda il processo di pace, Olmert non è stato fermo. Ha capito che Israele si trova di fronte a uno snodo strategico che può condurre alla stabilità regionale o avvitarsi nella violenza, persino con l’eventuale utilizzo di armi non convenzionali. Olmert ha capito che è necessario muoversi in avanti contemporaneamente sui binari negoziali palestinese e siriano. Sia Olmert che il ministro degli esteri Tzipi Livni hanno dimostrato flessibilità quando si è trattato di negoziare coi palestinesi, marcando un distacco definitivo dall’utopia dell’integrità della Terra d’Israele (la cosiddetta “Grande Israele”). Olmert ha accettato in linea di principio un confine basato sulle linee del 1967, naturalmente con modifiche, e ha compreso che non c’è altra scelta se non quella di dividere o condividere Gerusalemme. Allo stesso tempo ha insistito con determinazione affinché qualunque accordo futuro preveda precise intese sulla sicurezza. Ha anche capito che non vi può essere una pace regionale senza la partecipazione dei siriani e che non vi può essere una pace con la Siria senza un ritiro dalle alture del Golan.
Fra i principi che hanno guidato Olmert, quello di evitare un ritiro globale che non includa una pace piena nella sicurezza, con l’obiettivo di prevenire possibili attacchi siriani a sorpresa stabilendo confini permanenti che non lascino spazio per una presenza siriana lungo le coste del Lago di Tiberiade, e con una completa normalizzazione dei rapporti fra i due paesi.
Durante il periodo di Olmert Israele ha goduto di relazioni molto buone con gli Stati Uniti, l’Europa e la Russia e di una immagine generalmente positiva. Il relativo successo di Olmert e Livni nei rapporti con l’estero si è espresso nel fatto che l’occidente non ha cercato di bloccare Israele durante la controffensiva anti-Hamas a Gaza e nel ruolo svolto da Stati Uniti, Egitto ed Europa nella ricerca di un’intesa con Hamas.
Anche nella sfera economica la politica di Olmert, insieme al ministro delle finanze e al Governatore della Banca d’Israele, merita d’essere riconosciuta tant’è vero che la crisi finanziaria globale è meno severa in Israele che nella maggior parte dei paesi occidentali. L’introduzione della rete di sicurezza pensionistica dimostra che Olmert aveva a cuore le questioni sociali. Nel complesso, durante il suo mandato c’è stato un buon equilibrio fra libero mercato e intervento dello stato.
Il fatto che Olmert se ne va nelle note circostanze nulla toglie al fatto che sia stato un leader che ha raggiunto diversi risultati in molti campi sotto la sua responsabilità. Per questo merita che si spenda per lui almeno una buona parola.

(Da: Ha’aretz, 11.02.09)