Una guerra necessaria

Chi desidera pace, stabilità e fine delloccupazione deve sostenere Israele in questo scontro.

Alcuni commenti dalla stampa israeliana

image_1308DIFESA SPROPORZIONATA?
Scrive l’editoriale del Jerusalem Post: (…) I paesi che fanno pressione sugli Stati Uniti perché facciano pressione su Israele devono scegliere. Non possono continuare a rallegrarsi tra sé e sé per i colpi inferti da Israele a Hezbollah, capendo benissimo il diritto di Israele all’auto-difesa, e nello stesso tempo sostenere pubblicamente che tutto ciò che fa Israele per difendersi è “sproporzionato”. Il diritto all’auto-difesa esiste solo se traducibile nel mondo della realtà. Non è un concetto teorico che possa essere tenuto distinto dalla difficoltà concreta di combattere contro dei terroristi che deliberatamente piazzano i loro missili nelle abitazioni civili e i loro bunker sotto le case delle città. E non può nemmeno ignorare la realtà di fatto di uno stato, il Libano, che ha abdicato ai suoi compiti e ha consegnato le proprie frontiere nelle mani di una feroce organizzazione terroristica che agisce per conto e su mandato di potenze straniere. (…) Israele non deve accettare che altre nazioni gli facciano la morale in fatto di sensibilità per le vittime civili, quando nessun altra nazione, nelle stesse circostanze, avrebbe adottato tali e tante misure come Israele per evitare il più possibile tali vittime. E questo mentre cittadini israeliani vengono uccisi, feriti e confinati nei rifugi da missili che vengono lanciati con l’intento dichiarato di causare il massimo possibile di perdite fra i civili.
(Da: Jerusalem Post, 17.07.06)

HEZBOLLAH CONTRO IL LIBANO
Scrive l’editoriale Yediot Aharonot: (…) Può anche darsi che Hezbollah abbia scatenato il conflitto in corso per prevenire un’erosione della propria posizione in Libano, un paese che sta vivendo un processo accelerato di democratizzazione e di liberalizzazione economica e culturale, un processo di rapida apertura verso l’occidente. Un Libano stabile, florido, in crescita, con un forte ceto medio capace di attirare investitori e turisti dall’estero è esattamente il contrario del Libano che vorrebbe Hezbollah. È il Libano che Hezbollah teme sopra ogni cosa. Dunque, una condizione per il cessate il fuoco che Israele deve porre è che Hezbollah venga messo in condizioni di non nuocere né minacciare più né Israele né il Libano.
(Da: Yediot Aharonot 17.07.06)

NASRALLAH, L’EROE DEI PALESTINESI
Scrive Danny Rubinstein: (…) La netta impressione, dagli umori fra i palestinesi, è che oggi il capo degli Heazbollah Nasrallah sia l’eroe indiscusso del palestinese della strada. Non conosce rivali. A differenza del pollaio di leader palestinesi – Mahmoud Abbas (Abu Mazen), Ismail Haniyeh, Khaled Meshal, Mahmoud al-Zahar, Mohammed Dahlan e tanti altri – che litigano fra di loro, si sparlano alle spalle e complottano l’uno contro l’altro, Nasrallah è tutto: presidente, primo ministro, ministro degli esteri, ideologo, comandante militare e portavoce unico. Con una mossa brillante, agli occhi del palestinese della strada, Nasrallah è riuscito non solo a impadronirsi dei soldati israeliani presi in ostaggio, ma – cosa ancora più importante – a impadronirsi dell’intera questione palestinese, assumendone il controllo. L’ultimo personaggio che era riuscito in questa impresa era stato Saddam Hussein, dopo l’invasione del Kuwait, quando dichiarò che si sarebbe ritirato solo se prima si fosse ritirato Israele. Anche lui minacciò di lanciare missili, e lo face. Ma fallì. Come finirà Nasrallah? Per i palestinesi, il mondo è oggi diviso in due campi: il campo della lotta contrapposto al campo del negoziato e del compromesso. Quattro sono i protagonisti principali del campo della lotta: Hamas, Hezbollah, Siria e Iran. Il campo del compromesso è assi più esteso, con l’Egitto, Abu Mazen e il Fatah, la Giordania, l’Arabia Saudita, lo stesso governo libanese e praticamente tutti gli altri stati arabi. E gode del sostegno dell’occidente e di quasi tutta la comunità internazionale. Sulla carta, il rapporto di forze sarebbe a favore del campo del compromesso. Ma ciò che altera l’aritmetica, qui, è l’opinione pubblica palestinese e, in certa misura, l’opinione pubblica araba in generale. Non c’è dubbio che l’opinione pubblica palestinese inclini quasi esclusivamente verso il campo dello scontro. (…) Agli occhi del palestinese della strada, il campo del compromesso è marcio, corrotto e succube ai voleri e ai complotti di America e Israele. Un esempio di questa convinzione si può trovare nelle vignette satiriche pubblicate su numerosi giornali palestinesi. Quasi non passa giorno senza che un giornale pubblichi una vignetta che mette in ridicolo i governanti dei paesi arabi, che vivono nel lusso senza preoccuparsi delle sofferenze dei palestinesi (da qualche giorno anche dei libanesi). Ma è interessante notare come i vignettisti – e coloro che esprimono le stesse critiche per scritto o a voce nei media arabi – di regola non indicano mai uno specifico leader arabo. Non disegnano mai, ad esempio, Hosni Mubarak o i re della Giordania e dell’Arabia Saudita. Disegnano piuttosto le fattezze di un generico arabo grasso, con grandi baffi e abito tradizionale, che se la gode. Naturalmente vi sono gusti e simpatie diverse fra i palestinesi, ma è assai dubbio che contino qualcosa quando si tratta di dare un giudizio sulla guerra fra Israele, Hamas e Hezbollah.
(Da: Ha’aretz, 17.07.06)

IL PARADOSSO DEL PARK HOTEL
Scrive Amir Oren: “(…) Lo si potrebbe chiamare “il paradosso del Park Hotel” e suona più o meno così: per prevenire un grave attacco alla propria sicurezza è necessario affrontarne la fonte, ma la giustificazione per prendere l’iniziativa di affrontare la fonte della minaccia diventerà evidente solo dopo che il grave attacco ha avuto luogo. Fino alla massacro della pasqua ebraica nel Park Hotel di Netanya nel marzo 2002, il governo di Ariel Sharon aveva evitato di lanciare una Operazione Scudo Difensivo. Allo stesso modo, la presenza alla linea di confine dei terroristi Hezbollah era già intollerabile prima, ma di fatto è stata tollerata finché le Forze di Difesa israeliane sono riuscite a sventare i tentativi di cattura di ostaggi. Proprio questi successi hanno tolto ai comandi l’incentivo per ratificare, all’interno e altrove, l’ampia campagna militare necessaria. Ora la valutazione dello stato maggiore è che il capo degli Hzbollah Nasrallah da questo comportamento di Israele abbia tratto la conclusione, sbagliata, che le Forze di Difesa israeliane avrebbero preferito trattenersi anche di fronte a una cattura di ostaggi riuscita. Non aveva capito che le circostanze erano gradualmente cambiate, riducendo progressivamente la disponibilità di Israele a subire senza reagire. Fino a poco tempo fa i comandi israeliani consigliavano di “lasciar arrugginire” i missili Hezbollah nei loro depositi. (…)Ma oggi, alla luce della politica iraniana, l’esistenza dell’apparato missilistico di Hezbollah, potenzialmente utilizzabile contro Israele in caso di crisi sul nucleare di Teheran, non è più tollerabile. Gli iraniani possono anche felicitarsi con se stessi per essere riusciti a tenere alcuni segreti rispetto all’intelligence israeliana, come la preparazione degli attacchi coordinati a Kerem Shalom e Zarit (con la cattura degli ostaggi israeliani poi portati a Gaza e in Libano), o la fornitura a Hezbollah di efficaci missili terra-mare. Ma quel che è certo è che adesso stanno rimettendoci una cospicua potenza militare che avevano accumulato per occasioni ben più importanti, dal loro punto di vista. Per una volta, forse, l’intervento ha preceduto la minaccia. C’è un’altra lezione , infatti, che si può trarre dal bombardamento di razzi di questi giorni sul villaggio arabo israeliano di Majd al-Krum e sulla città mista ebraico-araba di Haifa: a Iran e Hezbollah non importa assolutamente nulla che possano essere colpiti degli arabi. In altri termini, la presenza di centinaia di migliaia di arabi palestinesi non li dissuaderebbe affatto dal lanciare un attacco nucleare, persino su Gerusalemme.
(Da: Ha’aretz, 17.07.06)

LA GUERRA PIÙ GIUSTA
Scrive Ari Shavit: (…) Israele sta combattendo oggi una delle guerre più giuste della sua storia. Non una guerra per occupare, ma per difendersi. Non una guerra per gli insediamenti, bensì una guerra sulla Linea Verde. Una guerra sulla validità di un confine internazionale tracciato, definito e riconosciuto dalle Nazioni Unite. Perciò, chiunque desideri il futuro ritiro di Israele su confini riconosciuti e definitivi, oggi deve schierarsi a fianco di Israele in questa guerra. Chiunque desideri la pace, la stabilità e la fine dell’occupazione deve sostenere Israele in questa guerra giusta. L’unica alternativa è un Medio Oriente nella violenza, nel caos e in bagno di sangue. Questa chiara e semplice verità politica non viene pienamente compresa da molti, oggi, nella comunità internazionale. Forse nemmeno dagli Stati Uniti. Stando così le cose, forse Israele dovrebbe fermare il fuoco per 72 ore entro le quali chiamare la comunità internazionale alla responsabilità di risolvere, con mezzi non violenti, il problema al nostro confine settentrionale. Chiarendo in questo modo che Israele non è un bullo che mena colpi in ogni direzione, bensì un paese ragionevole e responsabile che chiede semplicemente che un’organizzazione di fanatici terroristi venga rimossa dai suoi confini, che la smetta di minacciare la vita dei cittadini israeliani e che rilasci i soldati presi in ostaggio a freddo in territorio sovrano israeliano. (…) Una tale mosse forse servirebbe a ridefinire ciò che oggi viene del tutto erroneamente percepita come una selvaggia guerra fra due tribù barbare e assetate di sangue. Servirebbe a chiarire a tutti a che scopo uccidiamo e veniamo uccisi in questa guerra: uccidiamo e veniamo uccisi per difendere il nostro confine, per difendere la nostra libertà, per difendere la nostra stessa esistenza come società libera e indipendente.
(Da: Ha’aretz, 17.06.07)

UNA SOLA GUERRA
Scrive l’editoriale del Jerusalem Post: E’ stato vero per decenni, ma finalmente sembra apparire chiaro anche al resto del mondo: non esistono due conflitti: quello fra arabi e israeliani e quello fra islamisti e democrazia occidentale. Esiste un solo conflitto. Come ha detto John Gibson, commentatore su Fox News, “quando gli iraniani avranno la bomba atomica, questo finimondo cui assistiamo oggi al confronto ci sembrerà una passeggiata ai giardinetti. Sembra una guerra fra Israele e qualche gruppo terroristico. In realtà è la guerra dell’Iran contro di noi”.
Hezbollah è il principale braccio internazionale dell’Iran e ha già ucciso centinaia di cittadini occidentali. Anche se il rapporto ufficiale USA sull’11 settembre ha trovato solo prove indiziarie di un collegamento fra Hezbollah e gli attentatori dell’11 settembre, afferma comunque che “alti dirigenti di al-Qaeda hanno coltivato contatti con l’Iran e con l’organizzazione terroristica internazionalmente diffusa Hezbollah, sostenuta dall’Iran. Membri di al-Qaeda hanno ricevuto istruzioni e addestramento da Hezbollah”. Se Israele riuscirà a distruggere Hezbollah, farà u grande favore a tutto il mondo e non solo a se stesso. Bush, Blair e forse altri leader sembrano averlo capito, e sembrano capire che il compito più ampio delle nazioni libere è quello di affrontare gli sponsor di Hezbollah, che stanno a Damasco e a Teheran.

(Da: Jerusalem Post, 18.07.06)

Nella foto in alto: israeliani in un rifugio anti-aereo a Nahariya