Una nuova Palestina

Un sogno o forse una realtà

Da un articolo di Ari Shavit

Ricordatevi questo nome: Rawabi. La città in collina che dovrebbe essere costruita a nove chilometri a nord-ovest di Ramallah. La prima città programmata nella storia palestinese. La prima città pianificata in Cisgiordania per essere abitata dai palestinesi invece che da insediamenti israeliani. Una città programmata per essere la città palestinese dell’abbondanza: laica, aperta e vibrante. Una città di isole pedonali con negozi, caffé, asili infantili e scuole. Una città di fiorenti start-up palestinesi e di yuppy palestinesi. Una città che avrebbe preparato la strada dei palestinesi verso il XXI secolo.
Per anni Rawabi è stata un sogno. L’imprenditore Bashar Masri ha sempre creduto nella nuova classe palestinese: giovani istruiti con un orientamento occidentale e un reddito medio-alto. Masri vedeva un grande potenziale economico, sociale e culturale in questa nuova classe; così ritenne appropriato costruirle una nuova città. Ma in condizioni di conflitto ed occupazione, Rawabi sembrava una bizzarra fantasia. Molti avevano dei dubbi sull’abilità di costruire una moderna città palestinese quando la Cisgiordania era oppressa, spaccata da blocchi stradali e infestata da politiche estremiste e distruttive.
Ma nell’anno passato c’è stata una rivoluzione. La politica del primo ministro palestinese Salam Fayyad ha cominciato a dare frutti. Le forze di sicurezza palestinesi sono state ridispiegate a Ramallah, Jenin, Nablus, Betlemme e Hebron. L’anarchia ha lasciato il posto a un regime ordinato. Israele, di conseguenza, ha rimosso circa 25 blocchi stradali che spaccavano la Cisgiordania e ne soffocavano l’economia. Anche la consapevolezza dei palestinesi è cambiata: sono stanchi morti dell’attrito costante e della lotta senza fine. C’è un nuovo desiderio di quiete, ordine e benessere.
Come risultato di questi tre processi, gli investitori arabi e occidentali stanno di nuovo investendo in Palestina. A Ramallah hanno aperto banche, imprese finanziarie e compagnie high-tech. Anche Betlemme e Jenin hanno cominciato a fiorire. Perfino Nablus ha visto recentemente i primi segni di cambiamento. La quiete, la stabilità e la quasi libertà di movimento hanno gradualmente riportato la vita alla normalità. Dopo un’era di fanatismo e repressione, la Palestina ha finalmente incominciato a far germogliare i primissimi segni di speranza.
In Israele si parla poco della rivoluzione di Fayyad. Dopo il linciaggio a Ramallah, la maggior parte degli israeliani l’hanno cancellata dalla mappa della loro consapevolezza. Non hanno interessse per i palestinesi. Anche gli israeliani che si sono assunti il compito di difendere i diritti dei palestinesi non sempre mostrano interesse per i palestinesi come esseri umani. Li preferiscono come vittime. Non hanno interesse per i palestinesi che smettono di essere vittime e diventano imprenditori, architetti, appaltatori, programmatori ed esperti di PR. Di conseguenza, sia alla destra che alla sinistra è sfuggita la rivoluzione silenziosa in corso in Cisgiordania.
Ma la rivoluzione silenziosa è in atto, anche se tutto è ancora fragile e reversibile. In qualunque momento una crisi diplomatica o un incidente di sicurezza possono rovesciare tutto. Ma un visitatore che si trovi quest’anno a Ramallah non può fare a meno di divertirsi. Solo l’anno scorso in città hanno aperto 12 nuovi ristoranti. A mezzanotte le strade sono piene di vita, il commercio è vivace e i nightclub festeggiano. Come la Beirut di Hariri, la Ramallah di Fayyad è una città postbellica, una città che si riprende da un grave trauma e festeggia la ritrovata salute. Se gli americani, gli israeliani e i palestinesi non rovinano tutto di nuovo, questa salute probabilmente si estenderà ad altre città in Cisgiordania. Presto ci sarà una nuova realtà.
Rawabi è nello stesso tempo un simbolo e un test della nuova salute. I palestinesi e i qatari stanno per investire 800 milioni di dollari in un’iniziativa senza precedenti: circa 6.000 unità abitative da costruire nella città per ospitare 40.000 residenti e fornire posti di lavoro a 10.000 palestinesi.
Rawabi è sia una grande impresa economica che un progetto socioculturale che apre ai palestinesi nuovi orizzonti. Ma affinché Rawabi diventi una realtà, il primo ministro Benjamin Netanyahu e il ministro della difesa Ehud Barak devono dare all’Autorità Palestinese il controllo sul corridoio di terra che la unirà a Ramallah. Devono evitare la burocrazia e lasciare che la città del futuro riceva acqua, elettricità e strade d’accesso. Esiste oggi una vera opportunità, in Cisgiordania. Non dobbiamo lasciarcela sfuggire.

(Da: Ha’aretz, 30.07.09)