Una vera e propria guerra culturale

ISIS e gruppi affini esprimono odio ideologico verso l'Occidente e i suoi principi, e la volontà di cancellarli

Di Kobi Michael

Kobi Michael, autore di questo articolo

Kobi Michael, autore di questo articolo

Il mondo è apparso stordito dalla recente ondata di terrorismo globale legata allo “Stato Islamico” (ISIS) e a varie organizzazioni terroristiche ad esso affiliate. Ma uno sguardo più ravvicinato alla strategia operativa del gruppo lascia pochi dubbi. Impregnata di ideologia islamista-jihadista-salafita, la logica dell’ISIS si basa sulla rete che opera su più fronti contemporaneamente, con sanguinari metodi criminali. L’ISIS impiega anche efficaci strategie mediatiche, compreso un uso sagace dei social network destinati a servire un duplice scopo: primo, generare trauma e terrore fra le popolazioni e i regimi; secondo, spronare le proprie forze e reclutare nuovi combattenti ansiosi di giurare fedeltà allo Stato Islamico e al suo “califfato”.

L’Occidente fatica a comprendere questo fenomeno e le sue conseguenze, e in alcuni casi vive nel totale diniego. L’Occidente preferisce vedere l’ISIS come una minaccia militare, ignorando in questo modo l’ideologia politica che rappresenta in nome dell’islam. Lo Stato Islamico si batte per minare l’ordine mondiale esistente, basato sul concetto di stato-nazione, cancellare i confini esistenti e annullare le nazioni arabe, in particolare le monarchie, che considera alla stregua di entità eretiche. Quello che sta facendo è promuovere una vera e propria guerra culturale. Gli sforzi per dare vita al califfato islamico e riconquistare i fondamenti dell’islam esprimono un odio feroce verso l’Occidente e i suoi principi, e la volontà di cancellarli. E questo altro non è che uno scontro fra opposte concezioni della civiltà.

Una vera e propria guerra culturale – Siria, 2 luglio: jihadisti dello “Stato Islamico” (ISIS) distruggono antichi reperti artistici nella città di Palmira

Una vera e propria guerra culturale – Siria, 2 luglio: jihadisti dello “Stato Islamico” (ISIS) distruggono antichi reperti artistici nella città di Palmira

Spinti dall’ideologia fondamentalista, i militanti dello Stato Islamico tornano ai rispettivi paesi d’origine, dopo aver combattuto nelle sue prime linee, decisi a costituire cellule locali al solo scopo di terrorizzare la popolazione e incoraggiare i musulmani fanatici che vivono in quelle nazioni.

La percezione del tempo e dello spazio dello Stato Islamico deriva da un profondo senso religioso della storia: il gruppo si sente investito di una lotta a lungo termine, in quanto mira sia a sconfiggere l’Occidente che a installare un governo islamico, non necessariamente nel tempo di questa generazione.

La Tunisia non può combattere da sola lo Stato Islamico, la Francia non può contrastare la crescente radicalizzazione islamica della sua comunità musulmana, l’Iraq perde letteralmente terreno di fronte al gruppo e i curdi possono al massimo proteggere il loro territorio. Combattere lo Stato Islamico richiede una collaborazione regionale e internazionale guidata dall’Occidente e dalle potenze regionali. Richiede inoltre leadership e determinazione.

Non si può non vedere il collegamento fra l’attività di lobbying della Francia al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite circa il conflitto israelo-palestinese e la situazione che Parigi si trova ad affrontare: gran parte degli sforzi della Francia hanno evidentemente lo scopo di placare le forze che ribollono al suo interno. Ma è solo un’illusione. Non è questo il modo di contrastare le minacce che incombono dall’interno e dall’esterno.

L’attacco che la settimana scorsa ha portato anche in terra francese l’orrore delle decapitazioni non è che l’ultimo di una serie di attentati terroristici che hanno colpito la Francia e altri paesi europei. Ogni volta, però, la necessità di mantenersi politicamente corretti e la paralizzante paura di potenziali tumulti ad opera delle locali comunità musulmane hanno decurtato gli sforzi dei leader europei per combattere il terrorismo interno ed esterno.

Forse gli ultimi tragici eventi spingeranno l’opinione pubblica a imporre la sua volontà ai decisori, e finalmente maturerà la consapevolezza che la lotta contro lo Stato Islamico è una guerra da condurre in nome dalla cultura occidentale nel senso più ampio del termine, contro coloro che cercano di sradicarla.

Una volta capito che si tratta di una battaglia esistenziale – e prima o poi verrà capito – lo smarrimento sarà sostituito dalla determinazione, con tutto ciò che comporta. Fino ad allora, però, altro sangue verrà versato.

(Da: Israel HaYom, 2.7.15)