Un’intervista ad Arafat (e il ruolo di un giornale)

Arafat è molto difficile da interpretare, è volutamente oscuro”.

image_256In un articolo pubblicato lo scorso 11 giugno, Ha’aretz illustrava dissensi sorti fra i ranghi dell’intelligence militare israeliana circa le reali intenzioni di Yasser Arafat. Da una parte Amos Gilad, ex direttore del dipartimento studi dell’intelligence militare, insiste che Arafat non ha mai veramente avuto intenzione di fare la pace con Israele. Dall’altra, l’ex superiore si Gilad, Amos Malka, sostiene che l’intelligence militare non ha mai portato prove a sostegno della tesi di Gilad.
L’articolo ha comprensibilmente suscitato un acceso dibattito in Israele, per cui Ha’aretz ha pensato di interpellare il diretto interessato. Così due giornalisti, David Landau ed Akiva Eldar, si sono recati alla Muqata, il quartier generale di Arafat a Ramallah, per intervistare il leader palestinese. Dall’incontro è scaturita una lunga intervista pubblicata sul giornale il 18 giugno, nella quale per la prima volta Arafat diceva di riconoscere il “carattere ebraico” di Israele e il diritto d’accesso degli ebrei ai luoghi santi di Gerusalemme “sotto governo palestinese”, ma ribadiva il “diritto al ritorno” dei profughi e dei loro discendenti all’interno di Israele.
Per Landau si trattava del primo incontro con Arafat, un incontro che l’ha lasciato con più dubbi che risposte. “Adesso capisco meglio perché c’è questa controversia [fra esperti israeliani] – dice Landau – Perché Arafat è molto difficile da interpretare: è volutamente oscuro”. Quali sono le vere intenzioni di Arafat? “Penso che non lo sappia nemmeno lui, probabilmente dipende da come si mettono le cose”, è l’idea che si è fatto il giornalista di Ha’aretz.
Il testo dell’intervista, in effetti, contiene elementi per tutti: per chi cerca conferma delle intenzioni bellicose di Arafat e per chi cerca parole di incoraggiamento.
Un’impressione netta che ha avuto Landau dall’incontro è che Arafat crede che l’intifada non abbia sostanzialmente mutato il suo ruolo: “Parla come se i negoziati fossero solo in pausa: nella sua mente non è cambiato nulla”.
A differenza di Landau, Akiva Eldar aveva già incontrato più volte Arafat, compresi due incontri dopo l’inizio della cosiddetta seconda intifada. Se le dichiarazioni di Arafat sono ambigue, dice Eldar, è perché cerca sempre di manovrare tra le aspettative dei suoi intervistatori e quelle della sua base. Ciò nondimeno, secondo Eldar, Arafat ha detto alcune cose significative nel corso dell’intervista, soprattutto sulla questione dei profughi palestinesi.
Secondo il giornalista, Arafat ha concesso qualcosa quando ha detto di riconoscere “senz’altro” (“definitely”) la preoccupazione di Israele di mantenere la propria identità di stato ebraico. Ma Eldar non si aspettava certo che Arafat rivelasse tutte le sue carte in un’intervista a un quotidiano e aggiunge che è compito del governo israeliano capire quanto Arafat sia veramente disposto a concedere in un accordo definitivo. Il compito di un giornale, spiega Eldar, è quello di “aiutare la gente a porsi le domande giuste” e di riconoscere la complessità della questione. Oggi un maggior numero di persone si rende conto che la questione dell’attendibilità di Arafat come interlocutore negoziale non è affatto semplice.

(Da: Ha’aretz, 20.06.04)