Università che si scusano, sindaci che si dimettono, decreti religiosi contro i traditori

Sempre occhiuta e implacabile la condanna dei palestinesi che osano qualche apertura verso Israele

Tutti i soggetti palestinesi, pubblici e privati, usano sempre mappe della Palestina rappresentata come un unico paese che si estende dal mar Mediterraneo al fiume Giordano: Israele è cancellato dalla carta geografica

La Al-Quds Open University, un’università pubblica palestinese, si è dovuta scusare sabato per aver pubblicato una “mappa della Palestina” che comprendeva solo Cisgiordania e striscia di Gaza. Le scuse sono giunte dopo l’università è stata vivacemente attaccata da molti palestinesi che hanno espresso indignazione per il fatto che avesse pubblicato una mappa che – sostenevano – avallerebbe quella proposta dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump nel suo recente piano per la pace nel Medio Oriente.

Tutti gli enti e soggetti palestinesi, pubblici e privati, pubblicano sempre mappe della Palestina rappresentata come un unico paese che si estende dal mar Mediterraneo al fiume Giordano senza che sia previsto nessuno spazio per lo stato d’Israele. Molti palestinesi hanno dichiarato di non credere che la mappa sia stata pubblicata dall’Università per errore. “Se l’amministrazione universitaria ha commesso un errore del genere, tutti i suoi capi dovrebbero andare a casa”, ha scritto l’utente di Facebook Ishak Froukh. Un’altra utente di Facebook, Sana Hmamreh, ha detto anche lei di non credere a uno sbaglio visto che la mappa è stata pubblicata “in coincidenza con la diffusione dell’accordo del secolo”.

L’amministrazione della Al-Quds Open University si è giustificata spiegando  che la mappa era solo una “newsletter destinata agli studenti delle scuole superiori che indicava la localizzazione delle sedi universitarie in Cisgiordania e nella striscia di Gaza” e che non era da intendere come “la carta geografica della Palestina che insegniamo nei nostri corsi e che mandiamo a memoria”. La nota dell’Università prosegue esprimendo le scuse per la newsletter che, dice, è stata pubblicata da uno dei suoi centri senza coordinamento con l’amministrazione centrale. La nota si conclude ribadendo che “l’Università e i suoi vari rami e dipartimenti sostengono la mappa della Palestina dal fiume [Giordano] al mare [Mediterraneo]”, e fa appello ai palestinesi perché non attacchino l’Università “che instilla nel cuore dei suoi studenti l’amore per il sacrificio per la patria come una delle sue principali missioni”.
(Da: Jerusalem Post, israele.net, 15.2.20)

Hamdallah Hamdallah, sindaco palestinese della città di Anabta, in Cisgiordania, è stato costretto a dimettersi, sabato, dopo aver subito pesanti attacchi per aver partecipato a una conferenza con rappresentanti israeliani a Tel Aviv. Hamdallah è stato infatti uno dei circa 20 esponenti dell’Autorità Palestinese che hanno preso parte a un incontro, venerdì, il cui scopo era esprimere sostegno alla soluzione a due stati e il rifiuto del piano di pace presentato il mese scorso dall’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

Hamdallah Hamdallah, sindaco di Anabta (Cisgiordania)

I rappresentanti israeliani alla conferenza, intitolata “Sì alla pace, no all’annessione”, erano principalmente ex politici di sinistra e personalità arabo-israeliane. Ma quando i mass-media israeliani hanno dato notizia dell’incontro, Hamdallah è stato sommerso sui social network dagli attacchi di molti palestinesi che si dichiarano contrari a qualunque forma di “normalizzazione” con Israele.

Il portavoce di Hamas, Hazem Qassem, ha condannato l’incontro come una forma di “normalizzazione [con Israele] respinta da tutti i palestinesi. Questi incontri – ha affermato Qassem – incoraggiano alcuni soggetti della regione a normalizzare le loro relazioni con l’entità sionista” e “indeboliscono il movimento di solidarietà con il popolo palestinese”. “Come possiamo convincere il mondo a rifiutare la normalizzazione [con Israele] quando alcuni di noi la promuovo e vi partecipano? ” ha detto il rappresentante della Jihad Islamica palestinese Ahmed al-Mudalal condannando l’incontro di Tel Aviv. Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, che fa parte dell’Olp, ha denunciato l’evento definedolo una “pugnalata al popolo palestinese”. Il Fronte Popolare ha esortato la dirigenza dell’Autorità Palestinese a smantellare il “Comitato di interazione  con la società israeliana”, responsabile dell’organizzazione di incontri tra palestinesi e israeliani. “La partecipazione alle riunioni per la normalizzazione con i nemici sionisti – afferma il Fronte Popolare – dimostra che la dirigenza palestinese non è seria circa il rinunciare agli Accordi di Oslo, interrompere il coordinamento sulla sicurezza [con Israele] e sospendere tutti gli incontri con l’entità sionista”. Al-Ahrar, un gruppo di membri dissidenti di Fatah nella striscia di Gaza, ha denunciato l’incontro come “un crimine nazionale e immorale”.

In un lungo post su Facebook pubblicato sabato, Hamdallah ha spiegato d’aver preso parte alla conferenza in quanto membro di Fatah e non come sindaco di Anabta, ma ha tuttavia aggiunto: “Lascio alla gente della mia città la scelta di qualcun altro che guidi la Municipalità”. E ha concluso: “Sono stanco, non per il lavoro ma per i litigi e le sciocchezze, e lascio questo peso a chiunque possa sopportarlo”. Hamdallah è stato sindaco di Anabta, una città vicino a Tulkarem, nella Cisgiordania nordoccidentale, tra il 1997 e il 2005 e di nuovo dal 2016 fino alle sue dimissioni di sabato scorso.
(Da: Times of Israel, Jerusalem Post, 15-16.2.20)

Muhammad Hussein, Gran Mufti dell’Autorità Palestinese per Gerusalemme e Territori palestinesi, ha pubblicato una sentenza religiosa che proibisce di cooperare con l’accordo del secolo [piano Trump] e con coloro che lo promuovono poiché il suo obiettivo generale è quello di eliminare la causa palestinese in modo definitivo”. Lo ha riferito lo scorso 12 febbraio il quotidiano ufficiale dell’Autorità Palestinese, al-Hayat al-Jadida, in un articolo che prosegue dicendo: “Ieri [11 febbraio] il Mufti ha dichiarato in una sentenza che chiunque collabori con l’accordo tradisce Allah, il suo Messaggero [Maometto], la benedetta moschea di al-Aqsa, Gerusalemme e la Palestina. Tutti coloro che stanno pianificando questa iniqua aggressione o che la sostengono intenzionalmente, o con il loro silenzio, meritano di essere maledetti da Allah, dai suoi angeli e da tutto il popolo”.
(Da: palwatch.org, 14.2.20)

Il gran mufti di Gerusalemme Haj Amin el-Husseini passa in rivista le SS musulmane (Yugoslavia, 1943)

Haj Amin Husseini, il Gran Mufti di Gerusalemme durante il periodo del Mandato Britannico, fu l’agente di collegamento incaricato di reclutare combattenti arabi musulmani nell’esercito nazista. Lo ha scritto il quotidiano saudita Okaz in un articolo pubblicato venerdì scorso con il titolo: “I Fratelli Nazisti”. L’articolo fa riferimento alle note connessioni tra i capi della Fratellanza Musulmana e i nazisti. Nel 2014 l’Arabia Saudita ha ufficialmente designato la Fratellanza Musulmana come organizzazione terroristica, bandendola dal Regno.

“Husseini – si legge nell’articolo, firmato dal vide-direttore Khalid Tashkandi – era il rappresentante dei Fratelli Musulmani in Palestina e con il suo amico e capo Hassan al-Banna, fondatore dei Fratelli Musulmani, contribuì a reclutare un esercito di Fratelli Musulmani egiziani e arabi raccolti negli orfanotrofi e nelle aree rurali povere per operare sotto l’esercito nazista guidato da Adolf Hitler”. Secondo Tashkandi, il numero di arabi reclutati per conto dei nazisti da Husseini e dai Fratelli Musulmani è stimato in 55.000, di cui 15.000 egiziani.

Michael Milshtein, capo del Forum di studi palestinesi presso il Centro Dayan dell’Università di Tel Aviv, spiega al Jerusalem Post che “il duro articolo del giornale saudita riflette le profonde tensioni politiche e ideologiche tra Arabia Saudita e Hamas”. Secondo Milshtein, le strette relazioni di Hamas con il Qatar, “considerato dai sauditi un acerrimo nemico”, sono uno dei motivi dietro alle tensioni tra Arabia Saudita e Hamas. Ma i sauditi sono “molto arrabbiati” con Hamas anche a causa dei suoi forti legami con l’Iran. Hamas, dal canto suo, è furibonda con il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman per via della sua presunta normalizzazione verso Israele.
(Da: Jerusalem Post, 16.2.29)