Uno sguardo al dopo-1918

Milioni di persone patirono e morirono in Medio Oriente durante la prima guerra mondiale, ma il centenario dell’armistizio evoca soprattutto i conflitti che seguirono e quelli ancora in corso

Di Seth J. Frantzman

Seth J. Frantzman, autore di questo articolo

L’ambasciata francese in Israele ha diffuso un video in occasione del 100esimo anniversario dell’armistizio che pose fine alla prima guerra mondiale. “A Tel Aviv – dice il video – diplomatici di Germania e di Francia lavorano a stretto contatto”, e si vedono brevi filmati di diplomatici francesi e tedeschi che parlano della fine della Grande Guerra. Un tributo appropriato, che mette in mostra i caldi rapporti fra la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron, assai evidenti in occasione delle celebrazioni per il centenario. Rimarcando come Francia e Germania siano state capaci di riconciliarsi, Iyad el-Baghdadi, presidente della Fondazione Kawaakibi, ha scritto d’essersi commosso alle lacrime. “Ma lo capiscono, i giovani europei, che traguardo è stato realizzato? – si è chiesto – E’ qualcosa di sacro, giacché la pace è sacra, e la vita umana è sacra”. Anche Borzou Daragahi, giornalista iraniano-americano, ha trovato l’immagine commovente. In Medio Oriente, tuttavia, il centenario è stato per lo più trascurato, nonostante i milioni di persone della regione che ebbero a patire durante la Grande Guerra e le battaglie che trasformarono radicalmente il volto di tutta la regione.

In Medio Oriente, l’impatto della Grande Guerra fu immenso. A milioni morirono nelle battaglie, per la carestia e per altri effetti della guerra nella regione. Oltre 8.000 ebrei che vivevano nella Palestina ottomana morirono di fame durante gli anni della guerra, e fino a un terzo della popolazione ebraica di Gerusalemme (che era già una città a maggioranza ebraica) andò perduto durante la guerra. Combattute su un amplissimo fronte da Aqaba, e da quelli che oggi sono il Kuwait e l’Arabia Saudita, su fino a Istanbul, le battaglie si svolsero lungo linee di combattimento porose e mutevoli, attraverso deserti che si estendevano per migliaia di chilometri.

Il Medio Oriente nel 1914 (clicca per ingrandire)

In effetti, vennero combattute contemporaneamente diverse guerre e campagne. Una vide contrapporsi l’Impero ottomano e i russi nel Caucaso, dove i soldati turchi morivano congelati. Ci furono massacri di minoranze armene e di altre minoranze cristiane ad opera degli ottomani. Un terzo conflitto riguardò la campagna britannica e alleata che iniziò in Egitto e avanzò attraverso quella che allora era la Palestina ottomana verso Gerusalemme e Damasco. Nel frattempo, una rivolta araba partita dall’Hejaz finì col giocare un ruolo determinante nella creazione di diversi stati arabi come li conosciamo oggi: Giordania, Iraq, Siria, Arabia Saudita. Una durissima campagna inglese e francese che mirava a colpire alla testa l’Impero ottomano aprendosi la strada ai Dardanelli vide alleati e ottomani perdere oltre 100mila uomini. Molti di loro sono ancora là, sepolti nei 31 cimiteri militari del Commonwealth che punteggiano la penisola di Gallipoli.

Al momento dello scoppio della prima guerra mondiale, la regione del Medio Oriente era in gran parte controllata da grandi imperi: turco-ottomano, francese e inglese. La maggior parte dei locali arruolati per combattere non ebbero altra scelta, ma non erano ardenti patrioti per nessuna delle parti. Tuttavia gli effetti della guerra sulle popolazioni locali furono radicali, a partire dallo smantellando l’Impero ottomano e dal contributo che la guerra diede alla nascita di gran parte dei moderni stati della regione. La guerra contribuì anche a disegnare la cornice del conflitto arabo-israeliano con gli accordi Sykes-Picot e la Dichiarazione Balfour.

Il Medio Oriente nel 1939 (clicca per ingrandire)

Ancor prima che venisse firmato l’armistizio in Europa, l’Impero ottomano e le potenze alleate firmarono il 30 ottobre 1918 un armistizio che avrebbe dovuto porre fine alle ostilità. Ma le guerre in Medio Oriente non cessarono con l’armistizio. Il Medio Oriente soffre ancora sotto l’ombra di quella guerra, come dimostra il recente progetto dello Stato Islamico (ISIS) di cancellare i confini di “Sykes-Picot” e creare un “califfato” islamico: un tentativo particolarmente estremo di far rivivere i califfati che esistevano un tempo. Il califfato ottomano venne abolito nel 1924, nel quadro delle riforme volute dal leader turco Mustafa Kemal Ataturk. Forse è giusto che il centenario della fine della Grande Guerra coincida anche con gli 80 anni dalla sua morte. Nel nord dell’Iraq, i membri della minoranza yazida stanno ancora cercando di tornare nelle loro case a Sinjar da cui sono dovuti fuggire nel 2014 quando l’ISIS aveva catturato quell’area e si era dato allo sterminio di quell’antica minoranza religiosa. Sono già state rinvenute 202 fosse comuni lasciate dall’ISIS. La gente di qui, mentre piange quelle uccisioni di massa, è difficile che rivolga lo sguardo indietro a una guerra prevalentemente europea per rievocare la pace “scoppiata” nel 1918.

Per il Medio Oriente quell’armistizio fu in gran parte privo di significato. A Medina, nel cuore della penisola arabica, il comandante turco della guarnigione, Fahreddin Pasha, non si arrese fino al gennaio 1919. Fu poi consegnato ad Abdullah, un capo della rivolta araba, e infine liberato e lasciato tornare ad Istanbul. I combattenti della rivolta araba sotto Faisal, fratello di Abdullah, avevano raggiunto Damasco il 30 settembre 1918, e avevano proseguito verso nord contribuendo alla presa di Aleppo nel mese di ottobre. Mentre gli alleati e i tedeschi in Europa si apprestavano a firmare l’armistizio del 1918, i resti dell’esercito ottomano e gli arabi che avevano aiutato inglesi e francesi a strappare agli ottomani il controllo su quelle che oggi sono la Siria, la Giordania, l’Arabia Saudita, Israele, i territori palestinesi e il Libano, combattevano per contendersi il bottino. Alla fine Faisal proclamò un regno arabo in Siria nel 1920, per esserne cacciato dai francesi con la battaglia di Maysalun nel luglio del 1920. Faisal si spostò in Iraq, dove gli inglesi ne appoggiavano la nomina a re. Suo fratello Abdullah divenne emiro di Transgiordania: il suo pronipote vi regna oggi come re di Giordania.

I Lancieri a cavallo indiani in marcia attraverso Haifa dopo la vittoriosa battaglia del 23 settembre 1918 per la conquista della città, considerata l’ultima battaglia della storia vinta con una carica di cavalleria. Ancora oggi, ogni 23 settembre il 61esimo Reggimento di cavalleria dell’esercito indiano commemora il Haifa Day (clicca per ingrandire)

I combattimenti in Siria influirono anche sul nascente Mandato britannico in Palestina. Nell’aprile del 1920 scoppiarono violenti disordini anti-ebraici in coincidenza con la festa musulmana di Nebi Musa. Le violenze erano fomentate dall’opposizione al sionismo. Speso di dimentica che anche la battaglia di Tel Hai dello stesso anno, in cui trovò la morte l’eroe sionista Joseph Trumpeldor, si inquadra nelle tensioni alla fine della prima guerra mondiale. Per ebrei e arabi della Terra d’Israele/Palestina conquistata dai britannici, la fine della guerra mondiale non fu altro che l’inizio di un nuovo capitolo di attriti e di scontri.

Lo stesso vale per il destino dell’Hejaz, dove era iniziata la rivolta araba. Re Hussein, l’hascemita sceriffo della Mecca padre di re Abdullah di Giordania e di re Faisal dell’Iraq, dal 1918 al 1925 combatté una guerra contro Ibn Saud, il fondatore dell’Arabia Saudita. I sauditi ebbero la meglio, gli hascemiti persero le città sante islamiche e gli attuali confini dell’Arabia Saudita sono il risultato di quello scontro “post-bellico”.

Nel frattempo, nel nord dell’Iraq scoppiava nel 1920 un’altra ribellione contro l’amministrazione britannica a Tal Afar, vicino al confine con la moderna Turchia. Gli inglesi schiacciarono la rivolta, che vedeva coinvolte tribù arabe sunnite e sciite. Ma i ribelli curdi, anche loro tutt’altro che contenti d’essere inglobati nell’odierno Iraq e desiderosi di maggiore indipendenza, iniziano nel 1919 una loro rivolta alla guida dello sceicco Mahmud Barzanji. Oggi le conseguenze di quei conflitti continuano a tormentare l’Iraq. La regione settentrionale di Mosul venne rivendicata dalla Turchia fino alla metà degli anni ‘20. La regione curda non ha mai ottenuto l’indipendenza.

Cimitero militare britannico a Gaza: ospita i resti di 3.686 caduti alleati provenienti da Gran Bretagna, Australia e Nuova Zelanda. Fra loro anche molti soldati ebrei, come si vede dalle lapidi (clicca per ingrandire)

Anche la Turchia ha conosciuto altri anni di guerra dopo l’armistizio del ’18, a cominciare con quella del 1919 fra l’esercito della nascente Repubblica di Turchia, che sarebbe stata proclamata nel 1923, e le forze greche che cercavano di occupare parti dell’Impero ottomano. Migliaia di persone rimasero uccise e centinaia di migliaia di persone dovettero fuggire, con i greci che divennero profughi dalla Turchia e i turchi che divennero profughi dalla Grecia. Mentre l’Europa stava ritrovando la pace, in Turchia l’armistizio non faceva che avviare ulteriori conflitti, che non furono risolti fino al Trattato di Losanna del 1923, e neanche dopo fino a quando il sangiaccato di Alessandretta, occupato dai francesi, non divenne parte della Turchia nel 1938 come provincia di Hatay.

In tutto il Medio Oriente il giorno dell’armistizio del 1918 viene celebrato con alcune semplici cerimonie, più che altro organizzate dalle potenze alleate di allora, che rendono omaggio ai tanti cimiteri di guerra che si trovano sparsi dalla Somalia all’Algeria. A Beirut le tombe custodiscono vittime greche e turche. In Siria, il cimitero di Aleppo contiene anche i nomi di 127 soldati indiani che combatterono a fianco degli alleati durante la guerra. In Israele vi sono una mezza dozzina di cimiteri, e due a Gaza, che commemorano coloro che persero la vita da queste parti durante la prima guerra mondiale. A Teheran si trovano le vittime della dimenticata “Dunsterforce” del 1918, costituita dagli inglesi per aiutare la Repubblica Federale Transcaucasica a difendersi da un’offensiva turca.

Quella repubblica di breve durata non esiste più da cento anni, ma il ricordo dei morti, tra le migliaia in tutta la regione, unisce il Medio Oriente almeno per un momento nella commemorazione del secolo trascorso dalla fine della Grande Guerra. Un momento tuttavia ampiamente trascurato nella regione a causa degli spargimenti di sangue e delle sofferenze che fecero seguito all’armistizio, la cui ombra si staglia ancora oggi sui conflitti in atto in questa regione.

(Da: Jerusalem Post, 11.11.18)