Uno sguardo al ruolo della religione nella scena politica israeliana

Il dibattito sull’equilibrio stato/religione è stato al centro della campagna elettorale e peserà nelle trattative per la formazione del futuro governo

Di Ilan Ben Zion

Ilan Ben Zion, autore di questo articolo

A più di settant’anni dall’indipendenza, in Israele è sempre molto acceso il dibattito sul ruolo dell’ebraismo nella vita pubblica del paese. Spesso le linee di contrasto nella scena politica israeliana corrono lungo la questione dell’equilibrio, nella società e nello stato, fra i valori della tradizione religiosa e quelli della democrazia liberale. Il disaccordo su questi temi è stato uno dei temi al centro delle ultime campagne elettorali, e certamente entrerà di peso nelle trattative per la composizione del prossimo governo.

Sebbene la maggioranza ebraica del paese sia in gran parte laica (con un’ampia gamma di posizioni diverse riguardo alla tradizione religiosa), i partiti che rappresentano la minoranza ultra-ortodossa esercitano da sempre una notevole influenza politica. Facendo leva sulla necessità dei partiti maggiori di cooptarli nelle coalizioni di governo, i partiti religiosi si sono assicurati una sorta di monopolio su molte aree della vita quotidiana, dalla chiusura dei negozi e dei trasporti pubblici di sabato, alla sepoltura ebraica, alle questioni dello status civile come matrimoni e divorzi. Israele, inoltre, ha concesso alla comunità ultra-ortodossa ampie esenzioni dalla leva militare obbligatoria, un fatto che col tempo ha suscitato risentimento nella maggioranza laica.

Dopo le elezioni dello scorso 9 aprile, la possibile coalizione di governo del primo ministro Benjamin Netanyahu ha trovato un ostacolo insormontabile nell’opposizione del partito laico Israel Beytenu, il cui leader Avigdor Liberman insisteva nell’esigere un cambiamento sulla questione del servizio militare obbligatorio per i giovani ultra-ortodossi. Proprio sottolineando il tema della laicità dello stato, il partito di Liberman ha significativamente accresciuto la sua rappresentanza alla Knesset nelle elezioni di martedì scorso, posizionandosi come imprescindibile ago della bilancia nella trattativa per il prossimo governo di coalizione. Sin dalla sera delle elezioni, Liberman ha caldeggiato un’ampia collaborazione laica con le due maggiori formazioni del paese, la lista Blu&Bianco di Benny Gantz e il Likud di Benjamin Netanyahu. “Gli israeliani hanno votato tenendo ben presente la questione del rapporto fra religione e stato, sulla scorta della crescita del peso politico e delle richieste dei partiti ultra-ortodossi” ha commentato Yohanan Plesner, presidente dell’Israel Democracy Institute, un rinomato think tank di Gerusalemme.

“Un’ampia gamma di posizioni diverse riguardo alla tradizione religiosa”

Dei 9 milioni di cittadini israeliani, il 75% è costituito da ebrei. Secondo l’Ufficio Centrale di Statistica, la maggior parte della popolazione è definibile religiosa tradizionalista o moderna, contro un 14% definibile ultra-ortodossa. Un altro 20% della popolazione israeliana è costituito da arabi (musulmani, cristiani e drusi).

Ecco un sintetico quadro del ruolo della religione nella politica israeliana, necessario per seguire le trattative per la formazione del prossimo governo.

Ultra-ortodossi e nazionalisti religiosi. I due partiti ultra-ortodossi – il partito prevalentemente ashkenazita Ebraismo Unito della Torà e lo Shas sefardita, che rappresenta per lo più ebrei ortodossi di origine mediorientale – nonché la formazione religiosa nazionalista Yemina (peraltro guidata in questa campagna elettorale da una esponente non-osservate come Ayelet Shaked) sostengono un ruolo maggiore dell’ebraismo ortodosso nella vita dello stato, comprese l’educazione religiosa e la rigorosa chiusura dei servizi pubblici di sabato. Sono le formazioni che si sono opposte ai tentativi di superare l’annosa esenzione dal servizio militare degli uomini religiosi che dedicano la vita allo studio nei seminari talmudici. Complessivamente i partiti ultra-ortodossi e nazional-religiosi hanno ottenuto poco meno del 20% dei voti nelle elezioni di martedì scorso. Negli ultimi decenni, questi partiti si sono generalmente alleati con il partito (laico) di destra Likud per dare vita alle coalizioni di governo. Questa volta, tuttavia, il blocco “destra più ultra-ortodossi più nazional-religiosi” non ha raggiunto la maggioranza nella Knesset, ottenendo solo 56 seggi su 120.

Da sinistra: Benny Gantz e Yair Lapid (Blu&Bianco), Avigdor Liberman (Israel Beiteinu), Benjamin Netanyahu (Likud)

Laici. Molti dei principali partiti liberali – Blu&Bianco, Israel Beytenu, Campo Democratico – hanno condotto la campagna elettorale su una piattaforma esplicitamente laica, sostenendo misure come la leva militare universale (cioè anche per i giovani ultra-ortodossi) e il matrimonio civile. Attualmente in Israele il matrimonio viene contratto davanti ai rappresentanti delle rispettive comunità religiose. Quindi, tutti matrimoni ebraici devono essere celebrati dal Rabbinato ortodosso secondo le norme e le usanze dell’ortodossia religiosa. Il partito fortemente laico Israel Beytenu, di Avigdor Liberman, è votato principalmente da immigrati per lo più non religiosi di lingua russa, originari dell’ex Unione Sovietica. Blu&Bianco, guidato dall’ex capo di stato maggiore Benny Gantz, ha condotto la campagna elettorale prospettando esplicitamente un “governo laico di unità nazionale”: un appello che è sembrato sintonizzarsi con quello di Liberman, che sostiene una partnership fra Gantz e Netanyahu che escluda i partiti ultra-ortodossi.

Arabi. La minoranza araba israeliana (circa il 20% della popolazione) è composta per la maggior parte da musulmani sunniti, mentre il resto è composto da drusi e cristiani. La maggior parte degli arabi israeliani si definisce tradizionalista o religioso, sempre stando ai dati dell’Ufficio Centrale di Statistica. La Lista Congiunta – un’aggregazione di formazioni minori anti-sioniste tra cui una laica nazionalista, una islamista e un partito comunista (arabo-ebraico) – ha ottenuto 13 seggi. La maggior parte degli arabi tende a votare in base all’identità nazionale anziché secondo linee religiose. Esiste anche una parte di elettori arabi che votano per partiti sionisti.

(Da: Times of Israel, israele.net, 19.9.19)

Sondaggio: La netta maggioranza del pubblico israeliano vorrebbe un governo di unità nazionale senza partiti ultra-ortodossi

Sia il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu che il leader di Blu&Bianco Benny Gantz hanno dichiarato di voler creare un governo di unità nazionale. Netanyahu ha anche detto, però, che vuole includere in questo governo i suoi alleati ultra-ortodossi e nazionalisti religiosi, cosa a cui Gantz e il suo partito si oppongono.

Secondo un sondaggio condotto in agosto dallo Smith Polling Institute, il sostegno a un governo di unità nazionale senza i partiti ultra-ortodossi risulta in effetti assai vasto fra gli israeliani, con circa due terzi dei cittadini ebrei intervistati che sostiene tale coalizione, e fra questi una buona metà degli stessi elettori del Likud. Secondo il sondaggio, il 64% degli ebrei israeliani è favorevole ad escludere i partiti ultra-ortodossi dal prossimo governo, contro un 36% che è invece contrario all’esclusione.

La domanda posta era piuttosto esplicita: “Nella maggior parte delle coalizioni degli scorsi decenni, incluso l’attuale governo, i partiti haredi (ultra-ortodossi) facevano parte della coalizione e godevano di grande influenza nel campo del rapporto stato/religione. Sei favorevole o contrario al fatto che la prossima coalizione non includa i partiti haredi?”

Il 64% di favorevoli risulta distribuito su un po’ tutto lo spettro politico. Come era abbastanza prevedibile, si sono detti d’accordo il 90% degli elettori di Blu&Bianco, il 71% degli elettori Laburisti-Gesher, il 94% degli elettori di Israel Beytenu e il 93% degli elettori di Campo Democratico. Più interessante il fatto che si sono espressi a favore dell’esclusione degli ultra-ortodossi dal governo anche il 51% circa degli elettori del Likud e il 75% degli indecisi. Non sorprende, invece, che il 92% degli elettori ultra-ortodossi si sia opposto all’idea, così come il 67% degli elettori di Yamina (destra nazional-religiosa).

(Da: Jerusalem Post, 19.9.19)