Un’operazione contro la Jihad Islamica

Il gruppo terrorista di Gaza sponsorizzato dall’Iran, votato alla distruzione dello stato ebraico e dei suoi abitanti

Razzi lanciati venerdì sera da Gaza verso le comunità israeliane

Questa volta Israele non ha aspettato che fossero i terroristi a decidere quando lanciare l’annunciato attacco contro i civili israeliani, né ha accettato che la popolazione del sud del paese venisse tenuta in ostaggio e in lockdown per più di quattro giorni dalla continua minaccia dell’imminente attacco della Jihad Islamica Palestinese. Questa volta ha scelto Israele il momento in cui sferrare la controffensiva, chiamata operazione “Breaking Dawn” (Sorgere dell’alba), e ha colto il gruppo terrorista con la guardia bassa sferrando nel primo pomeriggio di venerdì un duro colpo che ha subito eliminato Taiseer al-Jabari, uno dei più pericolosi capi terroristi della Jihad Islamica, e ha spezzato le catene di collegamento fra capi ed esecutori dei previsti attacchi. Ecco perché ci sono volute ore prima che la Jihad Islamica iniziasse a reagire e perché finora la sua reazione è stata relativamente inefficace. Dopo oltre 24 ore dall’inizio dell’operazione “Breaking Dawn”, la Jihad Islamica Palestinese ha lanciato circa 350 razzi, di cui più di 90 sono ricaduti all’interno della striscia di Gaza, mentre il sistema difensivo “Cupola di ferro” ha intercettato quasi il 96% di quelli che stavano per abbattersi su zone abitate da civili israeliani.

Dei due principali gruppi terroristi palestinesi attivi nella striscia di Gaza la Jihad Islamica è quello minore, ampiamente superata per quantità e seguito dal gruppo al potere Hamas. Ma la Jihad Islamica gode del pieno sostegno finanziario e militare dell’Iran ed è diventata la forza trainante nel lanciare attacchi missilistici e di altro tipo contro Israele. Hamas, che nel 2007 ha strappato con la violenza all’Autorità Palestinese il controllo su Gaza, è spesso limitata nella sua capacità di agire perché ha anche la responsabilità di gestire gli affari quotidiani della striscia. La Jihad Islamica non ha queste preoccupazioni e  col tempo è emersa come la fazione più militante, a volte minando l’autorità della stessa Hamas. Spesso i militanti della Jihad Islamica sfidano Hamas lanciando razzi, senza rivendicarne esplicitamente la responsabilità, per aumentare il proprio status di combattenti intransigenti e mettere in difficoltà Hamas che rivendica lo stesso status, ma in certi periodi cerca anche di preservare il cessate il fuoco.

Il capo della Jihad Islamica Palestinese Ziad al-Nakhalah (a sinistra) ricevuto in questi giorni a Teheran dal presidente iraniano Ebrahim Raisi

Fondata nel 1981 con l’obiettivo dichiarato di istituire uno stato islamico palestinese in Cisgiordania, Gaza e in tutto quello che oggi è Israele, la Jihad Islamica è designata come organizzazione terrorista dal Dipartimento di stato americano, dall’Unione Europea e da una serie di altri paesi tra cui Regno Unito, Giappone, Canada, Australia e Nuova Zelanda. Come Hamas, la Jihad Islamica Palestinese si proclama votata alla distruzione dello stato ebraico.

Il regime al potere in Iran fornisce alla Jihad Islamica addestramento, competenze e denaro. Il gruppo è in grado di produrre molte armi anche localmente. Negli ultimi anni ha sviluppato un arsenale pari a quello di Hamas, con razzi a lungo raggio in grado di colpire l’area metropolitana di Tel Aviv, nel centro di Israele.

Sebbene la sua base sia a Gaza, la Jihad Islamica ha anche capi sparsi fra Beirut e Damasco, attraverso i quali mantiene stretti legami con i rappresentanti iraniani. E’ proprio da Teheran, dove si trova in visita ufficiale, che il capo del gruppo Ziad al-Nakhalah ha dichiarato venerdì alla tv libanese Al-Mayadeen: “Il nemico sionista deve aspettarsi che combatteremo senza tregua: non abbiamo linee rosse, anche Tel Aviv sarà uno degli obiettivi dei missili della resistenza, così come tutte le città sioniste”. Evidentemente anche a lui si riferiva il ministro israeliano della difesa Benny Gantz quando ha affermato, durante una visita a una batteria di difesa “Cupola di ferro” nel sud di Israele: “I dirigenti della Jihad Islamica che se ne stanno all’estero, nei ristoranti e negli hotel di Teheran, in Siria e in Libano, sono scollegati dalla loro gente e danneggiano gravemente i mezzi di sussistenza degli abitanti di Gaza: ma anche loro pagheranno il conto”.

(Da: YnetNews, Times of Israel, israele.net, 6.8.22)