Usa e MO: dialogo sì, ma a precise condizioni

Il fallimento di Durban Due può avviare il ripristino dei fondamenti morali dei diritti umani

di Gerald Steinberg

image_2429La decisione dell’amministrazione Obama di non partecipare alla Conferenza di Riesame di Durban, in programma per il 21 aprile a Ginevra, costituisce un passo molto significativo verso la cessazione dell’ossessiva demonizzazione ufficiale di Israele e nella direzione del ripristino dei fondamenti morali dei diritti umani. Se la conclusione cui è giunta Washington porterà ad una mossa analoga da parte dell’Europa, la conferenza potrebbe addirittura essere cancellata o, nel caso si tenesse comunque, apparirebbe come una farsa limitata a partecipanti come l’Iran, la Libia e i loro alleati musulmani più qualche paese marginale.
Inizialmente l’annuncio che gli Stati Uniti avrebbero inviato a Ginevra Felice Gaer e Betty King a negoziare la bozza di dichiarazione finale aveva suscitato il timore che Washington intendesse attenersi ad un impegno incondizionato: i “paletti” sarebbero presto sbiaditi fino a scomparire del tutto. Invece, l’incontro degli inviati americani con la dura realtà del clima antisemita e pregiudizialmente anti-israeliano del processo di Durban li ha portati a capire che le valutazioni di Canada e Israele erano corrette, e che la non partecipazione era l’unica opzione moralmente sostenibile.
Alla recente Conferenza interdisciplinare di Londra sull’antisemitismo, esponenti italiani e britannici hanno dichiarato che i loro governi stavano prendendo in considerazione il ritiro, ma che avrebbero aspettato di vedere i risultati ottenuti dalla delegazione americana ai colloqui preparatori di Ginevra. Più di un anno fa, il presidente francese Nicolas Sarkozy aveva annunciato che Parigi non avrebbe partecipato a nessuna conferenza di stampo antisemita e, se manterrà l’impegno, ciò non farà che aumentare lo slancio verso per un pieno disimpegno di tutta l’Europa. La Repubblica Ceca, presidente di turno dell’Unione Europea, potrebbe essere il leader adatto a guidare questo processo e potrebbe anche riabilitare l’immagine dell’Europa agli occhi di molti israeliani.
Per il presidente Barack Obama e altri rappresentanti americani che si occupano di diritti umani e di organizzazioni internazionali è particolarmente importante porre fine alla natura razzista della “macchina anti-razzismo” dell’Onu. Per arrivare a questo cambiamento deve cessare la maniaca attenzione costantemente puntata su Israele dal Consiglio per i Diritti Umani, e bisogna che ben più risorse vengano destinate ai problemi del razzismo e della discriminazione in altre parti del mondo.
Per Israele, il fallimento della Conferenza di Riesame segnerebbe la sconfitta della strategia adottata alla conferenza originale di Durban, che si tenne nel settembre 2001. Allora gran parte dei guasti vennero fatti nel Forum delle ONG, a cui parteciparono più di 4.000 rappresentanti di organizzazioni non governative tra cui Human Rights Watch a Amnesty International. La dichiarazione finale etichettava Israele come uno stato “razzista” e da “apartheid”, invocava boicottaggi, sanzioni e attacchi per vie legali, note come “lawfare” (belligeranza giudiziaria), senza fare la minima menzione delle stragi degli attentati terroristici palestinesi. I leader della Conferenza di Riesame di Durban e i loro alleati radicati nelle ONG intendono amplificare ulteriormente quella strategia, con l’obiettivo di chiudere Israele in un isolamento totale. Senza la partecipazione di Stati Uniti ed Europa questo disegno è destinato molto probabilmente a fallire.
In una cornice politica più ampia, la capacità dimostrata in questo caso dell’amministrazione Obama di comprendere rapidamente i limiti dell’impegno comporta importanti implicazioni sull’atteggiamento rispetto al programma iraniano per le armi nucleari. Il governo iraniano è stato messo sull’avviso: i rappresentanti americani non parteciperanno a negoziati infiniti senza alcun risultato. Si tratta di sviluppi che, combinati col ristabilimento della leadership strategica e morale dell’America, appaiono assai positivi per la cooperazione fra Gerusalemme e Washigtnon.

(Da: Jersualem Post, 1.03.09)
Nella foto in alto: Un’immagine da Durban 2001. Sullo striscione: “Per la liberazione di Gerusalemme bisogna usare il mitra basato sulla fede e sull’islam”