Violazioni degli accordi: quelle celebrate, quelle condannate

Dov’erano tutti questi grandi amici di Israele lo scorso 29 Novembre?

Di Boaz Raskin

image_3605Inglesi, francesi, tedeschi e molti altri paesi europei ostentano grande offesa all’annuncio delle misure adottate da Israele in risposta all’approvazione da parte dell’Assemblea Generale dell’Onu della risoluzione che riconosce di fatto la Palestina come “stato”. La spiegazione abituale è che, a quanto pare, la risposta israeliana renderà impossibile il raggiungimento di una soluzione “a due stati”. Questi grandi amici di Israele si sono molto risentiti per il fatto che Israele abbia reagito alla manovra palestinese violando alcune clausole degli accordi firmati dalle due parti.
Domanda: ma dove erano costoro lo scorso 29 novembre? La Francia (come l’Italia) ha votato a favore del riconoscimento dello stato di Palestina senza accordo né negoziato con Israele, cioè a favore della violazione del principio di base degli Accordi di Oslo. Tedeschi e inglesi si sono astenuti. In altre parole, quando i palestinesi adottano misure che direttamente ed esplicitamente contraddicono gli obblighi che si erano assunti verso Israele, gli europei o guardano dall’altra parte, o li sostengono allegramente. Poi questi stessi grandi amici di Israele si volgono di nuovo verso Israele e ricominciano a dire che l’unico modo per andare avanti è firmare altri pezzi di carta in base ai quali Israele cederà altri preziosi asset strategici mentre i palestinesi si impegneranno di nuovo, solo a parole, a rispettare un certo qual codice di comportamento.
Con quale argomento sostengono che Israele dovrebbe fidarsi di questi pezzi di carta? Beh, giusto per la durata di tempo in cui l’inchiostro delle firme sarà ancora fresco gli europei si produrranno in esagerati proclami, promettendo che Israele sarà protetto dalle conseguenze di eventuali violazioni palestinesi degli accordi. Con impegni così ferrei a nome dell’Europa, che rischierà mai Israele?
Ci sono poi gli americani, i quali in verità sono rimasti coraggiosamente al fianco di Israele al momento del voto, cosa di cui Israele deve certamente essere grato. Tuttavia, vi sono alcuni interrogativi che bisogna pur porre. Gli Stati Uniti hanno insistentemente chiesto all’Autorità Palestinese di non arrivare a quella votazione in Assemblea Generale. Il presidente Obama pare che sia stato ore al telefono con Abu Mazen per cercare di convincerlo a non fare passi unilaterali (con l’argomento, appunto, che rischiavano di affossare il processo di Oslo). Purtroppo i palestinesi, sotto la guida di Abu Mazen, hanno ignorato tutti i calorosi consigli e sono andati comunque al voto. Con quali conseguenze? Nessuna. Niente del tutto. I palestinesi hanno violato gli accordi firmati e hanno rotto il quadro diplomatico e negoziale che gli Stati Uniti si erano impegnati a perseguire e promuovere, e cosa succede? Niente. E non è che gli Stati Uniti manchino di leve che potrebbero usare per fare pressione sui palestinesi e indurli al rispetto degli accordi. Non si dimentichi che gli Stati Uniti sono in assoluto il maggiore contribuente straniero al bilancio dell’Autorità Palestinese (che di fatto è mantenuta dai cittadini contribuenti dei paesi occidentali). Così ancora una volta gli Stati Uniti vanno sentitamente ringraziati per il sostegno dato a Israele nel voto all’Assemblea Generale dell’Onu, ma resta la domanda: che valore potranno mai avere in futuro degli accordi firmati coi palestinesi se essi sono perfettamente liberi di violarli quando vogliono, e tutto il mondo celebra tale violazione mentre gli Stati Uniti non fanno nulla?
Sì, sì, conosciamo tutti la solita spiegazione: era necessario rafforzare Abu Mazen e la sua Autorità Palestinese, ridotta assai male dopo che Hamas ha celebrato la sua “vittoria” nella guerra a Gaza. E sappiamo bene che, a quanto pare, questo “rafforzamento” deve avvenire per forza a spese di Israele davanti all’Assemblea Generale. Per cui sembra che sia molto più importante rafforzare un piccolo autocrate di 77 anni, non più rieletto da anni a capo di sa-il-cielo cosa, e fare strame di ciò che il più ovvio buon senso considera uno “stato” sovrano che siede all’Onu, anziché adottare misure concrete e reali che garantiscano il rispetto da parte palestinese della lettera e dello spirito degli impegni che si sono assunti firmando accordi internazionalmente garantiti. Dunque, in futuro, più Abu Mazen e l’Autorità Palestinese saranno deboli, più sarà necessario “rafforzarli” a spese di Israele e degli accordi firmati.
Ignorati gli accordi firmati, rafforzata l’Autorità Palestinese a spese di Israele, minate le posizioni di Israele nei futuri negoziati, il tutto senza che in cambio si senta nemmeno la necessità di prospettare una fine del conflitto: una ricetta perfetta da ripetere all’infinito. Che avrà mai da ridire Israele contro questo metodo?
[…] Quando, in futuro, europei e americani si chiederanno come mai Israele è così poco entusiasta di firmare accordi che implicano la cessione di asset strategici in cambio di tante garanzie e tanta ammirazione da parte occidentale, sarà opportuno ricordare loro che quelle garanzie valgono molto poco, e che l’ammirazione non sarà più altro che un labile ricordo quando anche gli impegni presi dai palestinesi su quei pezzi di carta saranno solo un lontano ricordo.

(Da: Times of Israel, 3.12.12)

Nella foto in alto: il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) alle Nazioni Unite