Documento dei detenuti palestinesi

Il testo dei 18 punti, con utili considerazioni e confronti

image_1247Il primo ministro palestinese Ismail Haniyeh ha espresso domenica la propria netta opposizione al cosiddetto “documento dei detenuti” (per la riconciliazione fra fazioni palestinesi), perlomeno nella sua forma attuale, e ha dichiarato che l’idea del presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) di tenere un referendum sul documento “è illegale”.
“La legge locale non permette di indire un referendum sulla legge palestinese”, ha detto Haniyeh ai giornalisti, aggiungendo che comunque cercherà di continuare il dialogo con Abu Mazen.
Poco prima, Abu Mazen aveva annunciato che, se Hamas non approverà entro due giorni il “documento dei detenuti” (che contempla la creazione di uno stato palestinese a fianco di Israele sulle linee del 1967), esso verrà sottoposto a referendum popolare fra i palestinesi.
Domenica esponenti di Hamas e di Fatah si sono incontrati per discutere il documento, ma senza apparenti progressi. Azam al-Ahmad, un rappresentante di Fatah presente ai colloqui, ha detto che il presidente palestinese intende attenersi alla scadenza: “Abu Mazen indirà il referendum martedì – ha detto al-Ahmad – se non riceverà nulla di positivo da Hamas circa il documento dei detenuti”.
Lunedì, mentre Hamas e Fatah schieravano nuove milizie armate per le vie di Gaza e Cisgiordania, Abu Mazen metteva in chiaro che non intende accettare modifiche al “documento dei detenuti”. Poco dopo cinque fazioni palestinesi, fra cui Hamas e Jihad islamica, gli chiedevano di proseguire con il dialogo sul documento, pur ribadendo il loro rifiuto dell’ultimatum e del progetto di referendum.
“Abbiamo l’impressione che l’atteggiamento sia quello di imporci questo documento – ha dichiarato lunedì il portavoce di Hamas Sami Abu Zuhri – L’atteggiamento è quello di trattarlo come un documento sacro, e questo noi non lo accettiamo. Siamo disposti a continuare il negoziato, ma respingiamo qualunque ultimatum e non intendiamo accettare il referendum”.
“Se qualcuno vuole emendare questo documento – ha detto lunedì Abu Mazen ai giornalisti, dopo aver incontrato il responsabile esteri della UE Javier Solana a Ramallah – allora non arriveremo a nessun risultato”.

Il cosiddetto “documento dei detenuti”, elaborato ai primi di maggio da un gruppo di leader di alcune fazioni palestinesi reclusi in un carcere israeliano per reati di terrorismo (fra i quali Marwan Barghouti di Fatah), costituisce un testo di compromesso sul quale dovrebbero convergere le varie fazioni palestinesi nello sforzo di superare le lacerazioni interne degli ultimi tempi.
Il documento ribadisce che lo scopo della lotta è “liberare la terra palestinese” e, in questo contesto, contempla la possibilità di creare uno stato indipendente su tutti i territori occupati nel 1967, con capitale Gerusalemme (§ 1). Il documento ribadisce inoltre il cosiddetto “diritto al ritorno” (di tutti i profughi palestinesi e loro discendenti all’interno di Israele anche dopo la nascita di uno stato palestinese; § 1 e 9) e ribadisce il ricorso alla lotta armata “con ogni mezzo” (§ 3 e 10) come strumento per conseguire gli obiettivi palestinesi accanto all’azione politica e diplomatica. Il documento afferma infine che Hamas e Jihad Islamica devono entrare a far parte dell’Olp, unico rappresentante del popolo palestinese (§ 2), ripudiando dissensi e frazionismi interni e l’uso delle armi nelle dispute interne palestinesi (§ 14).
A proposito del pacchetto di richieste minime poste dalla comunità internazionale al governo dell’Autorità Palestinese guidato da Hamas (riconoscimento di Israele, ripudio della violenza, rispetto degli accordi già firmati), si può osservare che il “documento dei detenuti” non parla esplicitamente di riconoscimento del diritto ad esistere di Israele come stato degli ebrei (in tutto il testo Israele viene direttamente menzionato solo come autore di piani e aggressioni anti-palestinesi), allude solo indirettamente al riconoscimento degli accordi già firmati fra Israele e palestinesi (§ 5) e non ripudia la violenza, sollecitando anzi la creazione di un Fronte della Resistenza Palestinese che guidi la lotta armata in Cisgiordania e striscia di Gaza (§ 10).
Riportiamo di seguito una versione in italiano dei 18 punti del “documento dei detenuti”.
A seguire, per un utile confronto, riportiamo il testo del cosiddetto “piano a fasi” adottato dall’Olp nel 1974.

DOCUMENTO PER LA RICONCILIAZIONE NAZIONALE PALESTINESE

1. Il popolo palestinese, in patria e nella diaspora, si batte per liberare la sua terra e realizzare il suo diritto alla libertà, al ritorno, all’indipendenza, all’autodeterminazione, ivi compreso il diritto di creare uno stato indipendente con capitale Gerusalemme su tutti i territori occupati nel 1967, di garantire il diritto al ritorno dei profughi e di liberare tutti i prigionieri e detenuti, sulla base del diritto storico del nostro popolo sulla terra dei padri e degli antenati, e sulla base dalla Carta delle Nazioni Unite, del diritto internazionale e dalla legittimità internazionale.
2. Adoperarsi rapidamente per la realizzazione di quanto concordato al Cairo nel marzo 2005 circa lo sviluppo e l’attivazione dell’OLP e l’entrata dei movimenti Hamas e Jihad Islamica nell’OLP, che è l’unico legittimo rappresentante del popolo palestinese ovunque esso si trovi, in un modo che risponda ai cambiamenti sulla scena palestinese, secondo principi democratici, e per consolidare il fatto che l’Olp è l’unico e legittimo rappresentante del popolo palestinese, in modo da rafforzare la capacità dell’Olp di assumersi le proprie responsabilità nel guidare il nostro popolo, in patria e nella diaspora, nel mobilitarlo e nel difendere i suoi diritti nazionali, politici e umanitari in tutti i forum e ambienti sulla scena internazionale e regionale, sulla base del fatto che l’interesse nazionale richiede la formazione di un nuovo Consiglio Nazionale Palestinese prima della fine del 2006, in modo tale da garantire la rappresentanza di tutte le forze, i gruppi, i partiti e i raggruppamenti, nazionali e islamici, del nostro popolo, in ogni luogo e settore, e che i numeri siano sulla base di una rappresentanza proporzionale alla presenza, alla lotta e all’efficacia politica, sociale e popolare, mantenendo l’Olp come un ampio fronte, una cornice e una coalizione comprensiva nazionale, e un’alleanza per tutti i palestinesi, in patria e nella diaspora, come loro massimo referente politico.
3. Diritto del popolo palestinese alla resistenza, al mantenimento di questa opzione con ogni mezzo, concentrandola nei territori occupati nel 1967, insieme al lavoro politico, al negoziato e all’azione diplomatica, e proseguendo la resistenza popolare e di massa contro l’occupazione in tutte le sue diverse forme e tattiche, assicurandosi che vi sia ampia partecipazione da parte di tutti i settori e strati sociali.
4. Elaborare un piano palestinese per un’azione politica globale e unificare l’oratoria politica palestinese, basandosi sul programma di accordo nazionale palestinese, sulla legittimità araba e sulle risoluzioni internazionali legittime che assicurano giustizia al popolo palestinese, rappresentato dall’OLP, dall’Autorità Nazionale Palestinese come Presidente e come Governo, dalle organizzazioni nazionali e islamiche, dalle organizzazioni della società civile, dalle personalità pubbliche, e dagli enti pubblici, allo scopo di mobilitare il sostegno arabo, islamico e internazionale sul piano politico, finanziario, economico e umanitario a favore del nostro popolo e della nostra Autorità Nazionale Palestinese, e a sostegno del diritto del nostro popolo all’autodeterminazione, alla libertà, al ritorno e all’indipendenza e a fronteggiare il piano israeliano volto ad imporre la soluzione israeliana al nostro popolo, e a fronteggiare l’oppressivo assedio del popolo palestinese.
5. Proteggere e rafforzare l’Autorità Nazionale Palestinese giacché essa è il nucleo del futuro Stato – questa ANP istituita con la lotta, i sacrifici, il sangue e la sofferenza del popolo palestinese – e sottolineare il fatto che il supremo interesse nazionale richiede il rispetto della costituzione provvisoria della ANP e delle leggi vigenti, il rispetto delle responsabilità e delle prerogative del Presidente eletto secondo la volontà del popolo palestinese tramite elezioni libere, corrette e democratiche, il rispetto delle responsabilità e delle prerogative del Governo che ha ottenuto la fiducia del Consiglio Legislativo Palestinese, e l’importanza e la necessità di una creativa collaborazione tra la Presidenza e il Governo e di un lavoro comune, con incontri periodici tra loro, per comporre ogni disputa che possa sorgere con un fraterno dialogo basato sulla costituzione provvisoria, in nome del supremo interesse nazionale, e la necessità di procedere a una riforma globale delle istituzioni dell’ANP, specialmente dell’apparato giudiziario, con il rispetto per l’autorità giudiziaria a tutti i livelli, attuando le sue decisioni e rafforzando e applicando il diritto.
6. Formare un governo di unità nazionale tale che garantisca la partecipazione di tutti i gruppi parlamentari, in particolare Fatah e Hamas e le forze politiche che desiderino aderire in base a questo documento e al programma comune, per promuovere la situazione palestinese a livello locale, arabo, regionale e internazionale, e affrontare le sfide avendo un forte governo nazionale che goda dell’appoggio politico e popolare di tutte le forze palestinesi, che presti la massima cura possibile ai settori che hanno sopportato il peso della fermezza, della resistenza e dell’intifada, e che sono state vittime della criminale aggressione israeliana, in particolare le famiglie dei martiri, dei detenuti, dei feriti, dei proprietari di case demolite e proprietà distrutte dall’occupazione, oltre ad occuparsi della disoccupazione e dei diplomati.
7. La gestione dei negoziati è prerogativa dell’Olp e del Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese sulla base del mantenimento degli obiettivi nazionali palestinesi e del realizzare tali obiettivi, a condizione che qualunque accordo finale debba essere sottoposto alla ratifica del nuovo Consiglio Nazionale Palestinese oppure, ove possibile, all’approvazione di un referendum generale.
8. Liberare i prigionieri e i detenuti è un sacro dovere nazionale che deve essere assunto da tutte le forze e organizzazioni palestinesi, nazionali e islamiche, dall’Olp, dall’ANP come Presidente e come Governo, dal Consiglio Legislativo Palestinese e da tutte le formazioni della resistenza.
9. Necessità di raddoppiare gli sforzi a sostegno e in appoggio ai profughi e per difendere i loro diritti, e adoperarsi per indire una conferenza popolare rappresentativa dei profughi che dia vita a comitati che ne perseguano i fini e riaffermino il diritto al ritorno e si attengano a questo diritto, invitando la comunità internazionale ad attuare la risoluzione 194 [dell’Assemblea Generale dell’Onu], che afferma il diritto dei profughi al ritorno e al risarcimento.
10. Adoperarsi per la formazione di un fronte unificato della resistenza, sotto il nome di Fronte della Resistenza Palestinese, che guidi e si impegni nella resistenza contro l’occupazione, e unifichi e coordini l’azione e la resistenza, e costituisca un referente politico unico per il fronte.
11. Attenersi all’orientamento democratico e tenere elezioni regolari generali, libere, corrette e democratiche, secondo la legge, per l’elezione del Presidente, del Consiglio Legislativo Palestinese, dei Consigli locali e comunali, e rispettare il principio del trasferimento pacifico e armonioso dell’autorità, e l’impegno a proteggere l’esperienza democratica palestinese e a rispettare la scelta democratica e i suoi risultati, a rispettare la sovranità della legge, le libertà pubbliche e fondamentali, la libertà di stampa e l’uguaglianza fra i cittadini nei diritti e nei doveri, senza alcuna discriminazione, e a proteggere le conquiste delle donne rafforzandole e sviluppandole.
12. Rifiuto e condanna dell’oppressivo assedio contro il popolo palestinese guidato dagli Stati Uniti e da Israele, e fare appello agli arabi, a livello popolare e ufficiale, perché sostengano il popolo palestinese, l’Olp e l’ANP, e chiedere ai governi arabi di applicare le decisioni politiche, finanziarie, economiche e d’informazione adottate dai vertici arabi in appoggio al popolo palestinese, alla sua fermezza, alla sua resistenza e alla sua causa nazionale, riaffermando che l’Autorità Nazionale Palestinese è impegnata all’unanimità araba e all’azione araba comune.
13. Appello al popolo palestinese per l’unità e la solidarietà e a unificare i ranghi, ad appoggiare e sostenere l’Olp, l’ANP come Presidente e come Governo, a rafforzare la fermezza e la resistenza contro l’aggressione e l’assedio, e a rifiutare ingerenze negli affari interni palestinesi.
14. Condannare tutte le forme di divisione che possano condurre a conflitti interni, condannare l’uso di armi per risolvere dispute interni, indipendentemente dai motivi, proibirne l’uso tra membri del popolo palestinese, ribadire la sacralità del sangue palestinese e attenersi al dialogo come unico mezzo per risolvere le divergenze, e alla libertà di espressione con tutti i media, compresa l’opposizione all’ANP e alle sue decisioni, sulla base della legge, del diritto alla protesta pacifica e all’organizzazione di marce, manifestazioni e sit-in, a condizione che siano pacifici e senza armi, e che non aggrediscano le proprietà dei cittadini e i beni pubblici.
15. L’interesse nazionale richiede la necessità di cercare i metodi migliori per portare avanti la partecipazione del nostro popolo e delle sue forze politiche nella striscia di Gaza, nella sua nuova situazione di lotta per la libertà, per il ritorno, per l’indipendenza e per la liberazione di Cisgiordania e Gerusalemme, in modo tale da fare della tenace striscia di Gaza una vera forza a supporto della fermezza e della resistenza del nostro popolo in Cisgiordania e Gerusalemme, giacché l’interesse nazionale richiede il riesame dei metodi di lotta, per cercare i metodi migliori per resistere all’occupazione.
16. La necessità di riformare lo sviluppo delle istituzioni di sicurezza palestinesi con tutte le loro ramificazioni, su base moderna e in modo tale da renderle capaci di assolvere ai loro compiti nella difesa della patria e dei cittadini, nell’affrontare l’aggressione e l’occupazione e nel mantenere la sicurezza e l’ordine pubblico e l’applicazione delle leggi, e per mettere fine allo stato di caos e alla mancanza di sicurezza, e porre fine alle forme di presenza e di parate armate in pubblico, per la confisca delle armi indisciplinate che danneggiano la resistenza e ne distorcono l’immagine e minacciano l’unità della società palestinese, e la necessità di coordinare e organizzare i rapporti con le forze della resistenza, e organizzare e proteggere le loro armi.
17. Chiedere al Consiglio Legislativo Palestinese di continuare a promulgare leggi che organizzino l’operato delle istituzioni e degli apparati di sicurezza in tutte le loro ramificazioni, adoperarsi per promulgare una legge che vieti l’esercizio dell’azione politica e partitica da parte di membri dei servizi di sicurezza e che li obblighi ad attenersi al riferimento politico eletto, come definito dalla legge.
18. Adoperarsi per allargare il ruolo e la presenza politica dei comitati di solidarietà internazionali e dei gruppi pacifisti che sostengono politicamente e localmente il nostro popolo nella sua giusta lotta contro l’occupazione, gli insediamenti, il muro dell’apartheid, e adoperarsi per l’applicazione della delibera della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja concernente la rimozione del muro, degli insediamenti e la loro illegittima presenza.

Firmato l’11 maggio 2006 da:
– Marwan Barghouti, segretario in Cisgiordania del Movimento di Liberazione Nazionale Palestinese (Fatah)
– Abed al Khaleq Alnatsha, del Movimento di Resistenza Islamica (Hamas) Suprema Direzione
– Bassam Al Saadi, del Movimento Jihad Islamica (astenuto sul punto riguardante i negoziati)
– Abed Alrahim Maluh, membro del Comitato Esecutivo e vice Segretario Generale del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp)
– Mustafah Badarne, del Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina (Fdlp).

[- Marwan Barghouti, leader della milizia illegale Tanzim legata a Fatah, considerato uno degli artefici della cosiddetta seconda intifada, la più sanguinosa ondata terroristica mai subita da Israele, è stato condannato a cinque ergastoli per il suo diretto coinvolgimento in attentati che hanno causato l’uccisione a freddo di cittadini israeliani.
– Lo sceicco Abed al Khaleq Alnatsha, alto esponente di Hamas, ha gestito per anni una falsa rete di beneficenza che convogliava fondi all’ala terroristica di Hamas, responsabile della maggior parte delle stragi terroristiche in Israele degli ultimi anni.
– Lo sceicco Bassam Al Saadi è stato a capo delle cellule della Jihad Islamica palestinese a Jenin, autrici di alcuni dei più efferati attentati durante i primi anni della cosiddetta seconda intifada.
– Abed Alrahim Maluh, già numero due del Fronte Popolare, è implicato fra l’altro nell’organizzazione dell’assassinio del ministro israeliano Rehavam Zeevi.
– Mustafah Badarne, del Fronte Democratico, ha reclutato decine di terroristi per attacchi contro civili e militari israeliani.]

IL PIANO A FASI PER LA DISTRUZIONE DI ISRAELE

Dopo la guerra di Yom Kippur (ottobre 1973), alla luce dell’ennesima riprova che gli arabi, nonostante i successi iniziali dovuti all’attacco a sorpresa, non erano in grado di “risolvere” la questione Israele con la forza attaccandolo sulle linee post-67, l’Olp maturò un nuovo approccio strategico passato alla storia come “il piano a fasi”.
Il piano prevedeva che, attraverso la “lotta armata”, si giungesse alla creazione di una “autorità nazionale indipendente combattente” su qualunque porzione di territorio palestinese liberato (art. 2), per poi proseguire la lotta contro Israele usando come base il territorio indipendente (artt. 4 e 8) e cercando di coinvolgere i paesi arabi confinanti in una nuova conflagrazione generale che portasse alla definitiva distruzione di Israele (art. 8).
Mentre torna d’attualità la questione del riconoscimento del diritto di Israele ad esistere, può essere utile rileggere l’indicazione strategica del 1974, considerando quanto essa possa essere ancora compatibile con documenti e dichiarazioni che, oggi, sembrano indicare il riconoscimento di Israele da parte di vari soggetti in campo arabo e palestinese.
Particolarmente interessante, ad esempio, è rileggere il rifiuto di Yasser Arafat di firmare l’offerta di pace avanzata da Ehud Barak a Camp David nel luglio 2000 e il compromesso proposto da Bill Clinton nel dicembre di quell’anno, alla luce dell’art. 3 del “piano a fasi” (no a qualunque proposta di indipendenza che comporti riconoscimento e pace con Israele).
Ed è significativo come l’organismo di autogoverno nato dagli accordi di Oslo venga sempre indicato, oggi, dai palestinesi come Autorità Nazionale Palestinese, usando la denominazione del “piano a fasi” del ’74 benché il testo di tutti gli accordi degli anni ’90 lo indichi semplicemente come Autorità Palestinese.
Lo stesso sforzo di “riconciliazione” oggi all’ordine del giorno riecheggia il “rafforzamento dell’unità nazionale” indicato dall’art. 7 del “piano a fasi” come strumento per mettere l’Olp in condizione di perseguire i suoi “obiettivi nazionali”, mentre l’art. 10 demandava alla direzione del movimento il compito di stabilire “le tattiche” più utili per realizzare tali obiettivi.
Si noti infine come gli artt. 5 e 6 del “piano a fasi” prefigurassero una sovversione in Giordania per trasformarla in uno “stretto” alleato dell’Autorità Nazionale Palestinese nella lotta contro Israele, indicando come l’obiettivo della strategia fosse quello di ripristinare un unico regime arabo su tutta la Palestina storica, dal mare fino al deserto, comprendendo tutto ciò che oggi è Israele, Cisgiordania, striscia di Gaza e la stessa Giordania.

Testo del “piano a fasi” dell’Olp, adottato alla dodicesima sessione del Consiglio Nazionale Palestinese (Cairo, 9 giugno 1974).

Il Consiglio Nazionale Palestinese, sulla base della Carta Nazionale Palestinese e del Programma Politico tracciato dall’undicesima sessione tenuta il 6-12 gennaio 1973, e sulla base della propria convinzione che è impossibile stabilire una pace giusta e duratura nella regione se non vengono ristabiliti tutti i diritti nazionali del popolo palestinese, e in primo luogo il suo diritto al ritorno e all’autodeterminazione sull’intero suolo della sua madrepatria, e alla luce di un’analisi delle nuove circostanze politiche che si sono create nel periodo fra l’ultima sessione del Consiglio e quella presente, decide quanto segue.
1. Ribadisce la precedente posizione dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina [Olp] sulla Risoluzione 242 [del Consiglio di Sicurezza dell’Onu], che rimuove il diritto nazionale del nostro popolo e tratta la causa del nostro popolo come un problema di profughi. Il Consiglio pertanto si rifiuta di avere a che fare con questa Risoluzione a qualunque livello, arabo o internazionale, compresa la Conferenza di Ginevra [convocata da Usa e Urss il 21.12.73, sotto gli auspici dell’Onu, per dare applicazione alle Risoluzioni 242/67 e 338/73 del Consiglio di sicurezza].
2. L’Olp impiegherà ogni mezzo, e prima di tutto la lotta armata, per liberare il territorio palestinese e creare una autorità nazionale indipendente combattente per il popolo su ogni porzione di territorio palestinese che venga liberato. Ciò richiederà ulteriori cambiamenti da realizzare nell’equilibrio di forze a favore del nostro popolo e della sua lotta.
3.L’Olp lotterà contro qualunque proposta di entità palestinese il cui prezzo sia il riconoscimento, la pace, frontiere sicure, la rinuncia ai diritti nazionali e la negazione del diritto del nostro popolo al ritorno e del suo diritto all’autodeterminazione sul suolo della sua madrepatria.
4. Ogni passo verso la liberazione è un passo verso la realizzazione della strategia dell’Olp volta a istituire lo stato democratico palestinese indicato nelle risoluzioni dei precedenti Consigli Nazionali.
5. Lotta insieme alle forze nazionali giordane per la creazione di un fronte nazionale giordano-palestinese il cui scopo sarà quello di istituire in Giordania un’autorità nazionale democratica in stretto contatto con l’entità palestinese istituita attraverso la lotta.
6. L’Olp lotterà per creare unità nella lotta fra i due popoli e fra tutte le forze del movimento di liberazione arabo che concordano con questo programma.
7. Alla luce di questo programma, l’Olp lotterà per rafforzare l’unità nazionale ed elevarla a livello tale da metterla in condizione di adempiere ai compiti e agli obiettivi nazionali.
8. Una volta istituita, l’autorità nazionale palestinese si batterà per arrivare all’unione dei paesi di prima linea, allo scopo di completare la liberazione di tutto il territorio palestinese, come un passo avanti lungo la strada verso la complessiva unità araba.
9. L’Olp si batterà per rafforzare la sua solidarietà con i paesi socialisti [i.e. del campo sovietico] e con le forze di liberazione e di progresso in tutto il mondo, con lo scopo di frustrare tutti i piani del sionismo, della reazione e dell’imperialismo.
10. Alla luce di questo programma, la dirigenza della rivoluzione deciderà le tattiche che saranno utili e che renderanno possibile la realizzazione di questi obiettivi.
Il Comitato Esecutivo dell’Olp farà ogni sforzo per attuare questo programma. Qualora sorgesse una situazione rilevante per il destino e il futuro del popolo palestinese, verrà convocata l’Assemblea Nazionale in sessione straordinaria.

(www.israele.net, 5.06.06)

Nell’immagine in alto: Un quaderno di scuola palestinese (finanziata dall’agenzia Onu UNRWA): Israele è cancellato