Rischia di prendere fuoco il confine marittimo fra Israele e Libano

La recente escalation di tensione sulle zone di sfruttamento off-shore è probabilmente una manovra deliberata da parte di Hezbollah

Di Amiram Barkat

Amiram Barkat, autore di questo articolo

Un conflitto militare tra Israele e uno dei suoi vicini per il controllo di aree marine sta diventando uno scenario probabile dal momento che tende a surriscaldarsi la controversia tra Israele e Libano circa il confine marittimo fra i due paesi. La recente escalation di tensione rappresenta probabilmente una manovra deliberata da parte di Hezbollah, che vuole trasformare la disputa sul limite delle zone di sfruttamento marino una sorta di riedizione della questione delle Fattorie Shebaa, il termine con cui in Libano indicano l’area di Har Dov che Hezbollah rivendica come appartenente al Libano.

«Nel maggio 2000 Israele completa il ritiro dal Libano attestandosi sul confine internazionale, ritiro ufficialmente riconosciuto dal Consiglio di Sicurezza. Da allora, pur di giustificare la presenza al confine dei jihadisti libanesi filo-iraniani Hezbollah e le loro minacce contro Israele, Beirut e Damasco sostengono che l’occupazione israeliana non è finita perché, secondo loro, una decina di fattorie abbandonate che Israele ha conquistato alla Siria durante la guerra dei sei giorni del 1967 sarebbero invece libanesi. Non è uno scherzo: in tutta serietà, autorità e milizie arabe sostengono che lo stato di guerra fra Israele e Libano deve continuare, che bisogna continuare ad ammazzarsi perché un fazzoletto di terra disabitato e di dubbia sovranità langue sotto il giogo dell’occupazione israeliana.» (Da: “Nostalgia dell’occupazione”, israele.net, luglio 2006)

Sarà questa la scintilla per la prima guerra del gas naturale, in questo martoriato angolo del Medio Oriente?

Il confine marittimo è formalmente diverso da un confine terrestre, perché non confina con il territorio israeliano: confina con un’area in cui Israele rivendica diritti di sfruttamento economico. In effetti, navi militari israeliane pattugliano già il confine marittimo, probabilmente affiancate da sottomarini.

Israele ha tracciato il confine marittimo di propria autorità dopo che le Forze di Difesa israeliane si sono ritirate dalla fascia meridionale del Libano nel maggio 2000. Nel quadro di quel ritiro, venne tracciato e sancito a livello internazionale il confine di terra tra Israele e Libano (la Linea Blu), ma tale linea non venne estesa in mare. L’ufficio legale del Ministero degli esteri israeliano ha tracciato la linea marittima in conformità con i principi del diritto internazionale. Si è poi scoperto che il Libano aveva disegnato una linea con un angolo diverso, creando un triangolo marino conteso di 850 kmq con il vertice a Rosh Hanikra e la base sul confine marittimo sud-orientale delle acque di pertinenza economica di Cipro.

Questa differenza è diventata un problema dopo che Israele e Cipro hanno firmato, nel 2010, un accordo per la delimitazione delle acque di rispettiva competenza. Gli sforzi di mediazione delle Nazioni Unite sono stati interrotti tre anni fa a causa dell’impossibilità di arrivare a un compromesso fra le parti. Inutili si sono rivelati anche analoghi tentativi di mediazione da parte degli Stati Uniti.

Nel frattempo i due paesi cessavano le rispettive attività nell’area contesa. Israele ha sospeso la gara d’appalto per la licenza di esplorazione per petrolio e gas in quello che considera il suo settore più settentrionale (Alon D). Il Libano ha sospeso la distribuzione delle licenze a seguito di una lunga crisi di governo a Beirut. Di recente, però, la nascita di un nuovo governo libanese ha completamente cambiato la situazione. Hezbollah, attraverso i partiti politici libanesi ad esso associati, ha ottenuto che la distribuzione dei diritti per la zona marina meridionale, quella vicina al confine con Israele, cadesse sotto il suo controllo. Secondo le stime geologiche, è molto probabile che si scopra un giacimento di gas naturale delle dimensioni di quello di Tamar in un’area la cui parte meridionale si trova nella zona contesa: un giacimento di gas che garantirebbe agli islamisti sciiti filo-iraniani di Hezbollah una grande forza economica per molti anni. Se non fosse che Israele non intende permettere che questo accada. Nessuna azienda occidentale sarebbe disposta a compiere esplorazioni di gas nella zona mentre navi da guerra israeliane pattugliano nelle vicinanze. Ma una società russa potrebbe farlo, e una società iraniana lo farebbe certamente. E’ così che il gas naturale altamente infiammabile rischia di incendiare l’intera regione.

(Da: Globes, 21.3.17)

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