Calma apparente?

“La situazione resta esplosiva e potrebbe scoppiare fra le mani di Abu Mazen.

image_566Tra vari segnali di una ripresa della violenza (un adolescente palestinese colto in tempo presso Nablus mentre cercava di passare un posto di blocco con addosso una cintura esplosiva, allarme attentati in tutta l’area di Gerusalemme), il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) cerca di accelerare. Ma la situazione è tutt’altro che idilliaca, dicono gli ufficiali della sicurezza israeliana. Nel migliore dei casi, la descrivono come una “fragile calma immaginaria”. Basterebbe che riuscisse un grave attentato in una città israeliana, dicono, o che arrivare un’altra scarica di missili Qassam su Sderot per bloccare tutto il processo e ribaltare la situazione.
Giovedì le forze di sicurezza hanno ricevuto non meno di cinquanta segnalazioni di attentati terroristici in preparazione, confermando che l’allarme resta alto. “La situazione resta esplosiva e potrebbe scoppiare fra le mani di Abu Mazen se i terroristi potranno utilizzare l’attuale periodo per rafforzare le loro strutture e costruire ordigni e missili da usare contro Israele – avverte un ufficiale – Sebbene il numero di attentati riusciti sia nettamente diminuito, le attività terroristiche continuano”.
Per cercare di spingere avanti il processo, Israele intende procedere alla scarcerazione di 900 palestinesi detenuti per reati contro la sicurezza, e trasferire gradualmente sotto il controllo di sicurezza palestinese cinque città di Cisgiordania. Entrambe le misure verranno verosimilmente applicate dopo il vertice a quattro Sharon-Abu Maze-Mubarak-Abdullah II, fissato per martedì prossimo a Sharm el-Sheikh.
I provvedimenti di scarcerazione non riguardano i detenuti che si sono macchiati di reati di sangue (circa il 70% del totale). Fonti dei servizi di sicurezza Shin Bet avvertono che, anche rispettando questo criterio, la massiccia scarcerazione non è esente da rischi. “Bastano pochi esperti in esplosivi, non direttamente coinvolti in attentati e che non si sono personalmente macchiati di reati di sangue – spiegano – per rimettere in piedi le officine che fabbricano ordigni e rilanciare le strutture e le attività terroristiche anti-israeliane. Per noi è una minaccia molto seria: tutto il nostro lavoro potrebbe essere vanificato”.
Una volta che i palestinesi si siano dimostrati capaci di fare rispettare legge e ordine nella prima città (Gerico), Israele procederà al trasferimento del controllo sulla città successiva. “Il motivo per cui si procederà solo in modo graduale – spiega un ufficiale – è perché non hanno le capacità professionali né personale sufficiente per gestire la situazione in tutte e cinque le città in una volta”.
I discorsi relativi alla cessazione delle “uccisioni mirate” (di esecutori e mandanti degli attentati) suonano bene in teoria, ma se Israele riceverà informazione di una “bomba a orologeria vivente” che sta per compiere una strage, sarà costretto a intervenire per fermarla a ogni costo. “In futuro – dice l’ufficiale – la situazione ideale sarebbe quella in cui potessimo immediatamente passare l’informazione di un imminente attentato ai colleghi delle forze di sicurezza palestinesi affinché intervengano per impedirlo, nel loro come nel nostro interesse. Allo stato attuale, però, siamo ben lontani da questa situazione ed è questo il motivo per cui continueremo a intervenire direttamente per sventare i tentativi dei terroristi di colpire cittadini israeliani”.
Anche i discorsi relativi alla cessazione della caccia ai palestinesi ricercati per terrorismo sono stati esagerati. “Nessuno parla di amnistie – spiega la fonte – In realtà sono all’esame diverse opzioni e non è stata ancora presa nessuna decisione. Se decideranno di gettare le armi e rinunciare agli attacchi contro israeliani, allora li lasceremo stare. Se invece verremo a sapere che si stanno preparando a lanciare altri attacchi e che i palestinesi non fanno nulla per fermarli, allora daremo loro la caccia senza badare a chi sono o non sono”.

(Margot Dudkevitch su Jerusalem Post, 4.2.05)

Nella foto in alto: Uno dei sei soldati israeliani feriti giovedì in due diversi attacchi palestinesi in Cisgiordania e striscia di Gaza.