Calma artificiale (a caro prezzo)

Molte famiglie, che avrebbero potuto svegliarsi distrutte, continueranno invece la loro vita normale.

image_373Ci sono voluti quasi due anni e mezzo perché le violenze palestinesi (scoppiate nel settembre 2000) raggiungessero il loro apice, appena prima dell’operazione israeliana Scudo Difensivo dell’aprile 2002. Dopo di allora, l’ondata di violenze palestinesi è stata in declino. E’ solo grazie alle operazioni contro-offensive delle forze di sicurezza israeliane se negli ultimi sei mesi la vita in Israele è sembrata molto vicina a un ritorno alla normalità (i disincantati aggiungeranno: con tanto di normali scioperi generali e normali turbolenze politiche). L’economia , prima stagnante, oggi cresce di circa il 4% all’anno. I turisti hanno ricominciato a farsi vedere. I locali pubblici sono di nuovo pieni di gente. La calma è stata così lunga (in termini israeliani) che il doppio attentato suicida a Be’er Sheva, tre settimane fa, e la terrorista suicida di mercoledì a Gerusalemme, appena tre giorni prima di Yom Kippur, sono apparse più come eccezioni che come la norma.
Invece, si tratta proprio della norma. Con una media fra i 30 e i 50 allarmi attentato al giorno, le stragi terroristiche dovrebbero essere abituali oggi, come lo erano una paio di anni fa. La relativa calma e il relativo benessere sono surreali.
Questa realtà virtuale, a cui gli israeliani si sono abituati, in effetti è artificiale. E’ il prodotto di una campagna senza soste da parte degli agenti dei servizi di sicurezza, dei soldati che stanno ai posti di blocco, dei piloti di elicottero e delle unità speciali che braccano, arrestano, costringono alla clandestinità e uccidono quei terroristi palestinesi, e i loro mandanti, il cui obiettivo non è cambiare la politica d’Israele, ma spazzare via Israele.
Secondo l’ultimo sondaggio, il 60% dei palestinesi appoggia gli attentati suicidi all’interno di Israele. I gruppi terroristici non danno tregua, e non lo fanno nemmeno le forze di difesa israeliane.
Gli interventi attivi non sono a prova di smacco. Nella barriera difensiva esistono ancora ampi varchi. Gerusalemme è praticamente esposta, e i servizi segreti dicono che non mancano abitanti di Gerusalemme est coinvolti nell’aiuto ai terroristi.
I gruppi terroristici palestinesi sono stati decimati e vengono braccati senza pause. Sono in seria difficoltà. Oggi reclutano sempre più donne per gli attentati suicidi nella convinzione che esse abbiano maggiori possibilità di passare attraverso i controlli di sicurezza. Cinque donne attentatrici sono state arrestate in tempo solo nell’ultima settimana. Una sesta è riuscita a passare. E questo nonostante l’aumentata allerta e il rafforzamento delle forze nell’area di Ramallah, e nonostante la chiusura fra Cisgiordania e Israele decretata durante le festività ebraiche. Le fonti della sicurezza riferiscono che nella sola giornata di mercoledì s’erano avuti 37 allarmi attentato, ma ammettono che l’attentato suicida al French Hill di Gerusalemme non era uno di questi. Ciò dimostra che, nonostante il grande lavoro di intelligence e gli straordinari risultati, il successo nello scontro con il terrorismo palestinese può talvolta dipendere dall’ultimo “sottufficiale strategico”. Vale a dire, i giovani in servizio di pattuglia e ai posti di blocco: il loro semplice intervento determina enormi conseguenze strategiche.
Quando le iniziative contro il terrorismo falliscono, entra in gioco la difesa attiva. I due agenti della polizia di frontiera che hanno affrontato la terrorista suicida mercoledì scorso a Gerusalemme erano l’ultima linea di difesa. Fermando l’attentatrice si sono comportati da eroi, purtroppo pagando un prezzo terribile. Ma grazie a loro, molte famiglie che questa mattina avrebbero potuto svegliarsi con le loro vite distrutte, continueranno invece la loro vita “normale”. E questa è la vera sconfitta del terrorismo palestinese.

(Da: Arieh O’sullivan su Jerusalem Post, 23.09.04)

Nella foto in alto: (da sin.) Nir Sami, Tal Bardugo, Yisrael Lutati: i tre militari israeliani morti giovedì in uno scontro a fuoco con terroristi palestinesi presso Morag (striscia di Gaza)