Estremismo insaziabile

Sotto Barak, Sharon e ora Olmert, gli israeliani hanno cercato in ogni modo di separarsi dai palestinesi

Da un editoriale del Jerusalem Post

image_2031Guidato da Ariel Sharon, più di due anni fa Israele sradicò tutti i suoi civili e ritirò completamente i suoi militari dalla striscia di Gaza, lasciandosi alle spalle un’opportunità senza precedenti per la costruzione di uno stato palestinese, e un impegno internazionale per la creazione di una sorta di nuova Singapore nella depauperata striscia, per non dire dei milioni di dollari in strutture agricole, compreso un complesso di serre famoso in tutto il mondo. Tutto sperperato.
Nessun altro movimento di liberazione nazionale al mondo ha mai ricevuto tanto sostegno e tanti aiuti finanziari come quello palestinese, né si è mai visto offrire una tale opportunità di fare passi avanti decisivi verso la piena indipendenza grazie al ritiro unilaterale dell’esecrato “occupante” da una significativa porzione del territorio rivendicato. Nessun altro movimento di liberazione nazionale ha mai rifiutato così sdegnosamente una tale opportunità, con un’insistenza così caparbia nel continuare a terrorizzare i civili dello stato vicino.
Israele se n’è andato da Gaza, e Hamas non ha fatto altro che intensificare i suoi attacchi contro Israele. I profughi palestinesi sono ancora nei degradati campi, all’interno stesso della striscia di Gaza, dove decenni fa li aveva rinchiusi il regime egiziano. L’idea di un progresso o effettive istituzioni di governo democratico, nella striscia di Gaza, suona come oggi un’amara barzelletta.
Le implacabili aggressioni, lanciate a partire da aree civili in quella stessa striscia di Gaza da cui Israele se n’è andato, e che traumatizzano la regione meridionale d’Israele provocando feriti, danni e morti, non possono in alcun modo essere onestamente interpretate come “gesta commesse nel corso di una guerra di liberazione nazionale contro il colonialismo, l’apartheid o un’occupazione militare”. È ora che gli esperti diplomatici dell’Onu e i tanti altri statisti internazionali la smettano di trovare giustificazioni per i suprematisti totalitari islamisti, fingendo di non conoscere le loro mire esplicite e inappagabili.
Chi scrive conviene che Israele, se vuole preservare al contempo il proprio carattere ebraico e democratico, deve cedere territori che ritiene storicamente suoi, e deve separarsi dai palestinesi. Attendiamo con ansia il giorno in cui i palestinesi vivranno indipendenti e in pace, a fianco di Israele. Ma il “disimpegno” di Sharon non ha avvicinato quel giorno. E il fallimento è tutto dei palestinesi.
Una mentalità che odia Israele più di quanto non insegua la propria stessa libertà non verrà modificata dal ritiro israeliano, né da finanziamenti e simpatie internazionali senza fine. Una dirigenza che istiga all’odio più totale contro Israele nei suoi mass-media, nelle moschee, nel sistema scolastico non verrà cacciata dal pubblico palestinese finché gran parte di quel pubblico resterà impantanato nell’indottrinamento che inculca il vittimismo permanente, che rifiuta di riconoscere anche solo un granello di ragione alle rivendicazioni di sovranità d’Israele, che esalta le virtù della violenza e della morte. Anzi, la legittimazione, diffusamente percepita, per tale virulenza può solo esacerbare l’attuale tendenza.
Ciò che la comunità internazionale dovrebbe fare è manifestare ripugnanza per i lanci di missili e per le altre forme di violenza e di istigazione all’odio, evitare la leadership palestinese che le incoraggia, sostenendo invece con energia le flebili voci di moderazione e programmi educativi che contribuiscano a costruire la prospettiva di un cambiamento di mentalità fra i palestinesi.
La strategia dei jihadisti islamisti, versione aggiornata degli sforzi nemici di distruggere questo paese, è quella di demoralizzarci e spargere il sangue dei nostri cittadini tanto a lungo da farci smantellare il nostro stesso paese, e i pilastri della nostra fiducia in noi stessi, fino a consegnarci quietamente sotto un califfato di Hamas o Hezbollah (o su una nave diretta in Polonia, nella versione iraniana del progetto).
Ma gli israeliani non stanno affatto facendo i bagagli. Sotto Ehud Barak, Ariel Sharon e ora Ehud Olmert, abbiamo cercato in tutti i modi di separarci dai palestinesi. Ma ciò che i funesti attacchi di missili dalla striscia di Gaza, ispirati da Hamas, ormai dovrebbero aver chiarito a tutti è che anche un territorio ripulito della presenza israeliana fino all’ultima traccia non basta a saziare le pretese degli islamisti – i quali drammaticamente costituiscono la dirigenza parlamentare liberamente eletta dalla popolazione palestinese, e i soli fatali dominatori sulla striscia di Gaza.

(Da: Jerusalem Post, 27.02.08)

Nella foto in alto: Prima e dopo il ritiro – Serre israeliane nella striscia di Gaza trasformate in basi terroristiche e tunnel per il traffico di armi ed esplosivi