L’immondo mercimonio di Nasrallah

Il capo Hezbollah ha raggiunto il vertice del disgusto, toccando il fondo della dignità umana

Da un articolo di Smadar Peri

image_1971Una persona normale non può reggere la lista da “mercato di macelleria umana” presentata sabato scorso da Hassan Nasrallah. Rivelando la “mercanzia” di cui dice di disporre, il leader jihadista libanese si è trasformato, con le sue stesse parole, nel “macellaio di Dahiya”, il quartiere roccaforte di Hezbollah a Beirut.
Se Nasrallah aveva ancora qualche residuo dubbio circa il posto che occupa sulla lista del candidati di Israele all’eliminazione mirata, da sabato può star certo d’essersi guadagnato un posto in prima fila.
Ciò che sta dietro alle sue spregevoli dichiarazioni è la pressione cui evidentemente Nasrallah è soggetto in questo momento. Comunque la guardi, la sua situazione appare foriera di guai e rovina.
Sulla piazza libanese si è trasformato in un personaggio disprezzato, per via del disastro che ha procurato con la guerra che Hezbollah scatenò nell’estate 2006 prendendo in ostaggio due soldati in territorio israeliano. Migliaia di sfollati, di contadini senza lavoro, di feriti e mutilati non dimenticano come egli stesso abbia ammesso senza scomporsi d’aver tragicamente sbagliato ordinando quel doppio sequestro di persona.
Sulla scena politica libanese, Nasrallah ha fallito il suo tentativo di far cadere il governo Siniora. Da tre mesi riesce a impedire la nomina del nuovo presidente, ma così facendo si è ulteriormente tirato addosso l’ostilità della comunità internazionale, di governanti arabi, delle agenzie di intelligence e della famiglia reale saudita.
È sotto pressione anche per la diffusione della notizia, non ancora smentita da Teheran, circa un ridimensionamento della sua autorità militare a vantaggio del suo vice, Naim Qassem. Agli occhi dell’Iran, Hezbollah in questo momento non ha una, ma tre teste: il dipartimento operativo guidato da Imad Mughniyah, l’ala militare guidata da Naim Qassem, e i dipartimenti assistenza e pubbliche relazioni guidati da Nasrallah. Questo è tutto ciò che Teheran lo ritiene capace di fare, in questo periodo, dal bunker dove sta rintanato.
Per un anno e mezzo Nasrallah è rimasto nascosto, passando da un nascondiglio all’altro, nel costante timore d’essere ucciso. Un solo momento di distrazione può costargli la vita. Se una delle sue guardie del corpo lo dovesse tradire, scomparirebbe in un attimo.
E gli agenti del Mossaf non sono gli unici che cercano di saldare i conti con lui. Persino il leader di al-Qaeda, Osama Bin Laden, che ha impiantato cellule segrete in Libano e che alimenta il gruppo Fatah al-Islam, disprezza Nasrallah. Se venisse eliminato, nessuno spargerebbe una sola lacrima nei palazzi delle capitali arabe. Si sentirebbero anzi sospiri di sollievo.
Un accordo con Israele per uno scambio di prigionieri che gli garantisse la scarcerazione di Samir Kuntar, un “eroe” libanese all’ergastolo per aver massacrato un’intera famiglia israeliana, potrebbe essere il salvagente di cui ha tanto bisogno Nasrallah. Da un paio di mesi è impegnato nel disperato tentativo di patteggiare il “grande affare”. Ma intanto, da quel mercante sanguinario che è, continua a respingere qualunque richiesta della Croce Rossa di visitare i soldati israeliani tenuti in ostaggio da più di un anno e mezzo, e non c’è modo di avere da loro neanche il più piccolo segno di vita, né di far pervenire loro una lettera o dei medicinali.
In queste macabre circostanze, Nasrallah ha ricevuto dal mediatore tedesco un calendario e dei termini di scambio che non può permettersi di spacciare a Teheran come una gloriosa vittoria del suo movimento.
Così, sabato scorso, nel momento di massima debolezza, ha raggiunto il vertice del disgusto toccando il fondo della dignità umana.

(Da: YnetNews, 20.01.08)

Nell’immagine in alto: Una vignetta dal Jerusalem Post