L’inutile déjà-vu delle elezioni palestinesi

Si permette di nuovo a Hamas di partecipare ad elezioni senza cessare il terrorismo. Ma Fatah è certa di vincere “alla palestinese”

Elliott Abrams

Elliott Abrams

Scrive Elliott Abrams, su Israel HaYom: Le elezioni amministrative in Cisgiordania e striscia di Gaza sono in programma per il prossimo 8 ottobre. Ribaltando la sua precedente posizione, Hamas ha deciso i partecipare e potrebbe facilmente vincere: non Hamas in quanto tale, ma mandando avanti dei candidati “indipendenti” noti per essere vicini a Hamas. Il risultato di queste elezioni è largamente previsto. L’impopolarità dell’Autorità Palestinese e del governo della fazione Fatah, dovuta alla corruzione, all’incompetenza e alla crescente repressione, spiega in buona parte come mai gli elettori di Cisgiordania potrebbero scegliere Hamas. In altri casi gli elettori potrebbero preferire l’islamismo di Hamas all’etichetta laica di Fatah, o potrebbero preferire la dichiarata volontà di Hamas di uccidere israeliani rispetto alla posizione più ambigua e defilata di Fatah e Autorità Palestinese. C’è poi un altro fattore: in molte zone Hamas presenta un unico candidato, mentre il voto non-Hamas è diviso tra diversi contendenti rivali. Come ha scritto Time of Israel a proposito di Hebron, “queste sono le prime elezioni dopo più di un decennio che vedono al voto nello stesso tempo sia Gaza che Cisgiordania. Come nelle altre città di Cisgiordania, il guaio a Hebron è che, a causa delle tante liste di candidati laici, c’è una concreta possibilità che il campo più moderato rappresentato da Fatah e gruppi simili divida il voto laico spianando la strada della vittoria ai candidati di Hamas”.

Insomma, un altro deja vu. Nelle elezioni parlamentari palestinesi del 2006 c’erano grossomodo queste stesse condizioni, e il risultato fu una vittoria di misura di Hamas nel voto popolare (44%, contro il 41%di Fatah) che si tradusse in una schiacciante maggioranza di Hamas in parlamento (74 seggi contro 45). Ma c’è una differenza, rispetto al 2006, che è assai degna di nota. Esiste un mito secondo cui, all’epoca, gli Stati Uniti costrinsero i palestinesi a indire le elezioni nonostante le obiezioni mosse della dirigenza dell’Autorità Palestinese. Non fu così. In realtà, nel gennaio 2005 i dirigenti palestinesi avevano tenuto con successo delle elezioni presidenziali il cui scopo era sancire la legittimità di Mahmoud Abbas (Abu Mazen) come successore di Yasser Arafat (deceduto un paio di mesi prima). A quel punto vollero indire elezioni parlamentari, anche in questo caso per sancire la legittimità di Fatah come fazione predominante, ed erano sicuri di vincerle. Non è vero che gli Stati Uniti li costrinsero a tenere le elezioni del 2006. Oggi, almeno questo argomento è superato. Nessuno sostiene che queste elezioni del 2016 siano state chieste dagli Stati Uniti e imposte dall’amministrazione Obama a una riluttante dirigenza palestinese.

Hamas alle elezioni: “Abbiamo sospeso gli attentati suicidi” – “…ogni voto conta”

Per il resto, le somiglianze con il 2006 sono impressionanti, a partire dalla più importante: permettere a un gruppo terrorista, Hamas, di partecipare alle elezioni senza dare il minimo cenno di voler cessare il terrorismo o rinunciare al controllo che ha imposto con la forza sulla striscia di Gaza. Il che è sbagliato per molte ragioni, ma qui ci limiteremo a ricordare le prime due. Innanzitutto, Hamas potrebbe conquistare il potere in un certo numero di città di Cisgiordania, mentre Fatah non potrà partecipare altrettanto liberamente alle elezioni nella striscia di Gaza. In questo senso, la partita è truccata in partenza. Hamas può dire: testa, vinciamo noi in Cisgiordania; croce, perdete voi nella striscia di Gaza. In secondo luogo, chi vuole partecipare a delle elezioni dovrebbe essere costretto a scegliere una volta per tutte: o le schede o le pallottole. Questo è ciò che è avvenuto con gli accordi in Irlanda del Nord, dove l’Esercito Repubblicano Irlandese ha dovuto porre fine a guerriglia e terrorismo per potersi candidare. E’ un errore con implicazioni globali consentire a gruppi terroristici di avere entrambe le cose: concorrere alle elezioni come pacifici partiti e intanto continuare con le attività violente. Questo è stato l’errore fatto nel 2006, e oggi lo si sta ripetendo.

Vi è un argomento a favore dello svolgimento di queste elezioni, naturalmente, ed è un argomento forte: in Cisgiordania e Gaza non si tengono elezioni parlamentari e presidenziali sin dal 2006 e queste elezioni municipali dovrebbero garantire almeno un assaggio di democrazia. Esse ci diranno molto sull’opinione pubblica palestinese e forse, in alcuni casi, daranno vita ad amministrazioni locali un po’ migliori, vale a dire un po’ più attente e competenti. Ma forse il loro risultato più evidente sarà quello di dimostrare che nulla è cambiato dal 2006, anzi da molto prima: Fatah e Hamas sono implacabilmente in conflitto, i palestinesi sono divisi, il governo “nazionale” e il movimento nazionale palestinese sono irrimediabilmente spaccati, l’intransigenza e il terrorismo “alla Hamas” rimangono molto popolari e un accordo di pace negoziato tra Israele e palestinesi non è alle viste.

Beh, una cosa è cambiata, dal 2006. Abu Mazen è di dieci anni più vecchio e il suo tempo in carica è più vicino alla fine. Finché non sarà affrontata la questione della successione e non sarà risolta la lotta di potere interna palestinese, l’idea di avere seri negoziati israelo-palestinesi è completamente irrealistica, indipendentemente da ciò che accade alle Nazioni Unite, dalle iniziative che suggeriscono russi e francesi e da cosa pensano l’amministrazione Obama o quella che le succederà.

(Da: Israel HaYom, 30.8.16)

Avi Issacharoff

Avi Issacharoff

Scrive Avi Issacharoff,  su Times of Israel: “Ma oggi la situazione non è quella del 2005”, afferma con convinzione uno stretto collaboratore di Abu Mazen interpellato di recente. Il motivo lo spiega un altro importante funzionario di Fatah, anch’egli sostenitore entusiasta della decisione di tenere elezioni locali. “I numeri sono dalla nostra parte – dice – Bisogna considerarli da vicino. Il numero totale di seggi in palio l’8 ottobre nei consigli regionali e comunali, fra Cisgiordania e Gaza, è di 3.818. Di questi, 313 sono nella striscia di Gaza e 3.505 in Cisgiordania. Ancor prima dell’inizio della campagna elettorale, Fatah si è assicurata 1.335 seggi. In altre parole, Fatah detiene già il 35% circa dei seggi prima dell’inizio della campagna elettorale. Come mai? Perché da noi esiste un meccanismo chiamato tazkiya in base al quale, anche prima delle elezioni, in un villaggio o in un consiglio regionale può esserci un accordo per la presentazione di una sola lista. In 181 consigli regionali sui 391 di Cisgiordania, la tazkiya prevede una sola lista. In altri 38 consigli regionali non si voterà per nulla perché così hanno deciso i residenti. In altri termini, ci sono solo 172 consigli regionali in Cisgiordania dove si giocherà effettivamente la partita elettorale. Nei 181 consigli regionali in cui funziona la tazkiya – continua il funzionario di Fatah – vi sono in totale 1.702 seggi. Di questi, 1.335 appartengono a Fatah, 72 a Hamas, 60 al Fronte Popolare, 30 al Fronte Democratico e altri 160 sono considerati indipendenti. Ci sono anche dei seggi che andranno a partiti minori come Fida, Hizb a-Sha’ab e altri. Delle 181 liste tazkiya elette a tutti gli effetti alla guida dei consigli regionali, 100 sono chiamate ‘liste di Fatah’. Altre 26 liste, comprendenti grandi clan famigliari, sono affiliate a Fatah. Le rimanenti 55 liste fanno capo a Fatah assieme a piccoli gruppi scissionisti, compresa Hamas. In alcune liste abbiamo deciso di inserire un unico rappresentante che si identifica con Hamas. Ad esempio, un certo consiglio regionale conta sette membri. La tazkiya ha determinato che sei di loro siano di Fatah e uno di Hamas. Capito come funziona? Supponiamo per un momento che tutti i candidati di Hamas vincano nei restanti 172 consigli regionali di Cisgiordania e nei 25 di Gaza (in tutto vi sono 416 consigli regionali). Il loro numero di candidati arriva a 750. Diciamo dunque che vincano tutti. Non è possibile che accada, ma supponiamo che vada così. In tal caso Hamas avrebbe in tutto il 20% dei seggi. Tutto qui. Il 20% nel caso impossibile che vincano tutto quello che possono vincere. Ed è per questo che si fanno tante storie?”. (Da: Times of Israel, 4.9.16)