Lipoteca Barghouti su Abu Mazen

Una leadership palestinese debole avrebbe difficoltà a prendere le decisioni politiche necessarie per un accordo con Israele.

di Danny Rubinstein

image_477Nei giorni scorsi vi è stata nell’opinione pubblica palestinese un’estesa campagna contro Marwan Barghouti. Ad ogni angolo in Cisgiordania e striscia di Gaza si sono riuniti gruppi di Fatah, giovani e veterani, per condannare la candidatura di Barghouti alla presidenza dell’Autorità Palestinese. Le diramazioni di Shabiba, l’organizzazione giovanile di Fatah, le Brigate Martiri di Al Aqsa, sua ala militare, persino l’organizzazione dei detenuti Fatah: tutti hanno preso posizione pubblicamente a favore di Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ed espresso riserve sul loro amico Barghouti. Tutti stanno molto attenti a non offendere l’onore del più famoso detenuto palestinese – “l’architetto dell’intifada Al Aqsa”, come lo definiscono i suoi fan –, e tuttavia gli chiedono di ritirare, per favore, la sua candidatura. “Se hai rispetto per la democrazia e per il principio di maggioranza – gli scrivono – devi cambiare idea e appoggiare Abu Mazen”.
Uno degli enigmi più discussi fra i palestinesi oggi, in effetti, è perché Barghouti abbia avanzato la propria candidatura: cosa gli abbia fatto cambiare idea soltanto pochi giorni dopo che aveva chiaramente annunciato di non voler concorrere e di sostenere Abu Mazen. La spiegazione data dalla moglie Fadwa, secondo cui l’avrebbe fatto per la pressione di migliaia di palestinesi che si sarebbero rivolti a lui, non convince nessuno nel momento in cui masse di persone si volgono verso Abu Mazen. La seconda spiegazione menzionata dalla moglie, e cioè che Barghouti vuole attenersi ai principi della lotta palestinese e portare avanti la linea di Yasser Arafat, suono persino insultante verso la leadership del movimento. Vuole forse dire che Abu Mazen non è abbastanza leale e che non porterà avanti la linea di Arafat? “Se hai informazioni che indicano una cosa di questo genere – gli ha scritto Hani Al-Masri, uno dei più noti editorialisti del quotidiano Al-Ayyam – per favore mostracele”.
Dal punto di vista della leadership palestinese (cioè delle alte sfere di Fatah), il processo elettorale dopo la morte di Arafat andava avanti piuttosto liscio finché non è arrivato Barghouti a far saltare le regole del gioco. Hamas e Jihad Islamica hanno dichiarato che boicotteranno le elezioni e che non presenteranno candidati. La sinistra, che si era riunita attorno alla candidatura di Haidar Abdel Shafi, l’anziano e rispettato medico di Gaza, si è ridivisa dopo che Abdel Shafi ha annunciato che non avrebbe concorso. All’inizio della scorsa settimana sembrava che la sinistra si riorganizzasse attorno al dottor Mustafa Barghouti, un indipendente che gode di un certo sostegno fra giovani e intellettuali. Marwan e Mustafa appartengono sì alla stessa hamula (famiglia estesa), che conta diverse migliaia di membri nel distretto di Ramallah. Ma provengono da due villaggi distanti e non sono imparentati fra loro. In ogni caso, il loro cognome comune era stato sfruttato per fare un titolo sulla stampa palestinese che recitava: “Abu Mazen stretto fra i due Barghouti”. Titolo che rispecchiava una realtà: Marwan Barghouti pescherebbe voti fra i membri di Fatah, mentre Mustafa si rivolgerà ad altri bacini elettorali, pur potendo a sua volta sottrarre dei voti ad Abu Mazen.
Benché Hamas abbia dichiarato che intende boicottare le elezioni, non c’è garanzia che le sue schiere di sostenitori obbediscano all’ordine di non andare a votare. Una forte campagna di propaganda da parte dei vari candidati potrebbe spingere molti alle urne, compresi parecchi sostenitori di Hamas e di altre fazioni estremiste. È quello che accadde nelle elezioni del 1996, anche allora boicottate dalle fazioni avversarie dell’Olp. Resta la domanda: per chi voterebbero i simpatizzanti di Hamas? Non possono votare per uno dei due Barghouti nè per Hassan Khreisheh, un membro indipendente del Consiglio Legislativo (parlamento) palestinese, vecchio critico di Arafat soprattutto sulla questione della corruzione nei meccanismi di governo palestinesi.
In termini strettamente politici, non vi sono grandi differenze fra i candidati. Le loro posizioni sono quasi identiche. Ma se Marwan Barghouti non ritira la candidatura, vi potrebbero essere seri contraccolpi sul sistema politico palestinese. Sebbene ci si attenda la vittoria di Abu Mazen, questi potrebbe ottenere una quantità relativamente bassa di voti, cosa che lo porrebbe in una posizione di debolezza rispetto ai suoi rivali dentro e fuori il movimento Fatah. E una leadership palestinese debole è una leadership che incontrerebbe gravi difficoltà a prendere le decisioni politiche e a fare le dolorose concessioni che sono necessarie per qualunque composizione del conflitto con Israele.

(Da: Ha’aretz, 6.12.04)

Nella foto in alto: Zakaria Zubeidi, 29 anni, capo locale delle Brigate Martiri di Al Aqsa a Jenin, esibisce sulla sua auto i simboli della fedeltà ad Arafat e a Mahmoud Abbas (Abu Mazen)